Primo giorno.
Il taglio è in forma, sguaiato
da parto improvviso e necessario,
lo svitato.
E' sano come il bambino della vicina,
ma non è un bambino;
ancora lucido di lama,
eccitato dall'incisione.
Certo non poteva essere
spurgato naturalmente,
eruttato il malefico lapillo,
esploso dopo giusto,
pio, devoto ravvedimento.
No! Doveva essere acciaccato,
leso, fatto a metà: dall'una all'altra
sponda, come si squarciano certe
arance, libro dal carnoso segnalibro,
canyon nel quale entrerebbe
perfetta la tua mano.
Là sta tutto quello che siamo stati:
a che ora arrivi? Mi manchi.
Ed il trofeo tornanti, montagna,
palco, paura, pomeriggio, meglio
sera che fu corredino al più
sventurato dei nascituri.
Primo giorno.
Sono brava.
Mi porto bene addosso
la punizione, il raggiro,
il doveroso contegno.
Mentre ti infili in auto,
e le tue gambe hanno già
un'altra porta, mentre dimentico
che ho più del tuo nome che del mio,
mi curvo e covo l'inutile ovuletto/ acino.
Stagno di sangue: ciglia aggrottata.
Una rossa.
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