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A Calliani non far sapere quant’è buono il ca(l)ci

di Gaetano Guerrieri
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Pubblicato il 16/10/2009 22:54:48

Mi piace, più che altro mi diverte, quel giuoco, o gioco (da non confondere col giogo, attrezzo agricolo di legno che si pone sul collo dei buoi quando vengono attaccati al carro oppure con la schiavitù, l’oppressione, la tirannia o con la sommità del monte che si distende e s’incurva similmente all’attrezzo agricolo) chiamato genericamente “calcio”, nel quale ventidue uomini in mutande, calzettoni e maglietta in tinta corrono dietro una sfera di cuoio, chiamata anche semplicemente palla o pallone, cercando di mandarla “dentro” a dei pali chiusi alle spalle da una rete, chiamata porta.
Il calcio, o foot-ball, è un gioco sportivo, chiamato/a anche semplicemente partita, disputato da due squadre di undici giocatori ciascuna per novanta minuti, suddivisa in un primo e un secondo tempo, ognuno di quarantacinque minuti, oltre al recupero e ai tempi supplementari (ove ve ne sia la necessità) durante i quali dei giocatori, chiamati calciatori, si contendono un pallone di cuoio colpendolo soprattutto coi piedi o con le altre parti del corpo, fatta eccezione che con le mani e le braccia, per infilarlo nella porta avversaria. In realtà le persone “impegnate” in una partita di calcio sono almeno venticinque (senza contare le riserve, gli allenatori e i tifosi) giacché in campo, o nelle immediate vicinanze, ci sono l’arbitro e due segnalinee,il quarto uomo, numerosi giornalisti e cameraman, almeno un telecronista e altri vari figuri presenti a vario titolo.
Il calcio, singolare maschile (al plurale calci), indica un colpo dato con un piede ed è coniugato coi verbi dare, tirare, assestare, menare e prendere, ovvero colpire con uno, o più, piedi, dare calci a uno o a una cosa.
Il calcio, come molti degli altri termini della lingua italiana, indica anche altre cose come, a esempio, la parte posteriore del fucile o l’impugnatura di una pistola e il metallo alcalino bianco argenteo, tenero e diffuso in natura come sale in molte rocce e nello scheletro degli animali.
Dalla parola calciare che indica l’atto di colpire la palla (da distinguere dal calcare che è una roccia sedimentaria, ricca di carbonato di calcio, usata per fabbricare la calce e come materiale per costruzioni edili, da una camminata su un terreno, o su una qualsiasi altra superficie e anche, metaforicamente, dal ripercorrere strade, temi o contenuti affrontati in precedenza da altri) sono derivati i sostantivi calciatore, giocatore di calcio di sesso maschile e calciatrice (che non è la fidanzata, la concubina o la moglie del calciatore ma una donna che, al pari dell’uomo, gioca stranamente con il pallone).
Sarà buona regola anche non confondere questo termine calcistico con scalciare, termine più generico che indica il colpire coi piedi, prendere a calci una cosa qualsiasi ma mai un pallone, a meno che con questo termine non si voglia aggettivare negativamente l’atto di un calciatore di dubbie qualità tecniche o scarso, detto pure schiappa.
Calcificare invece non indica in nessun caso giocare a calcio ma in medicina significa, con riferimento al processo fisiologico o patologico, ricoprire di sali di calcio un tessuto dell’organismo (a eccezione di quello osseo dove dovrà usarsi il termine calcificarsi).
Si ricorda anche che calce non è la compagna, l’amica o la femmina del calcio ma o il prodotto che si ottiene dalla cottura, in forni speciali, del calcare (calce viva) unita con l’acqua (calce spenta) e che serve essenzialmente come materiale per costruzioni edilizie oppure una locuzione, per lo più burocratica, per indicare il fondo della pagina, o di uno scritto, come la firma che è messa sempre in fondo alla domanda o alla lettera.
Se con il diminutivo “calcino” si può indicare un piccolo calcio la calcina non è un calcio minuto sferrato da un calciatore donna, detta calciatrice, ma un impasto di calce spenta e sabbia impiegata per murare.
Per una ragione differente il calcione e il calciaccio (da non confondere con calcinaccio, pezzo di intonaco che si stacca dal muro) non sono aggettivi del gioco del calcio, ma dell’atto del calcio in generale ma possono anche essere utilizzate per descrivere calci sferrati durante una partita di gioco ma soltanto quando i calciatori sbagliano facendo una bruttissima figura o smettono di giocare e si picchiano veramente utilizzando i piedi.
Il calcio è, dunque, un giuoco ma anche un termine per indicare un atto nel quale viene usato un piede o cose e materia presente in natura e negli animali.
Nel giuoco del calcio vi sono vari tipi di calcio, azioni e operazioni effettuato usando uno o entrambi i piedi.
Il “calcio di inizio”, per esempio, è l’operazione con la quale si apre ciascuno dei due tempi della partita di calcio e consiste nel primo “passaggio” della palla ad un giocatore della stessa squadra.
Il calcio di rinvio quello effettuato per riprendere il gioco dopo un’interruzione, ad esempio dopo un fallo (da non confondere con l’attributo maschile chiamato più comunemente cazzo e col quale può anche essere aggettivato un fallo effettuato da un giocatore senza uno scopo preciso, per esempio quando l’azione dell’avversario avviene al centro del campo o non è pericolosa, un fallo del cazzo, appunto) e può essere effettuato da ogni parte del campo (ad esempio il calcio di rinvio da fondo campo è quello effettuato dal portiere o da un altro giocatore quando la palla supera la linea di fondo del campo da giuoco).
Il “calcio d’angolo”, detto anche corner, non è un calcio sferrato all’incrocio tra due muri ma quello calciato dall’angolo del campo di calcio dalla squadra che attacca quando un giocatore della squadra che si difende calcia il pallone oltre la linea di delimitazione del campo.
Il “calcio di punizione” non è un calcio sferrato nel sedere di un calciatore che ha commesso una scorrettezza o è stato maleducato ma il calcio con il quale viene ripresa un’azione interrotta dall’arbitro dopo un fallo.
Il “calcio di rigore” non è un calcio sferrato per il freddo intenso ma la massima punizione contro una squadra per un fallo commesso da uno dei suoi giocatori su un avversario lanciato a rete nella zona antistante la porta (chiamata appunto area di rigore) o quando, sempre all’interno della stessa area, un giocatore, diverso dal portiere, tocca la palla con le mani e, in quest’ultimo caso, se il pallone non era indirizzato nella porta e avrebbe certamente fatto goal, è il classico fallo “del cazzo” e, più d’ogni altro, il termine risulta attinente giacché effettuato con le mani.
Tale punizione comporta che venga eseguito un calcio battuto direttamente verso la porta, dalla distanza di undici metri, al quale solo il portiere può opporsi.
Il calcio di rigore è un tiro piazzato, di solito sulla destra o sulla sinistra del portiere e che se non entra fa incazzare i compagni, l’allenatore e i tifosi della squadra di chi l’ha tirato e se entra quelli dell’altra.
Per quanto riguarda i falli questi possono essere di diverso genere e chiamati differentemente a seconda della posizione e della pericolosità.
Il fallo laterale non indica se il calciatore porta il membro a destra o a sinistra del corpo ma quando la palla, finita fuori da una delle due linee di delimitazione laterali rimessa in gioco dalla parte dalla quale è uscita.
Il fallo tattico non quando un calciatore si tocca o si gratta in presenza dell’arbitro o degli altri calciatori ma quando, per guadagnare tempo e consentire ai compagni di ritornare in difesa, commette una scorrettezza.
Fra tutti i falli quello più pericoloso è certamente quello centrale poiché da quella posizione il calciatore ha più possibilità di centrare la porta e “infilare” il pallone nella porta avversaria facendo goal.
Particolarmente pericolosi e puniti con maggiore severità sono i falli da dietro per i quali può scattare il cartellino rosso anche al primo fallo mentre per quelli da davanti e laterali, se privi di particolare accanimento o di cattiveria, sono considerati contrasti e puniti la prima volta solo con l’ammonizione.
La regola è che se un giocatore commette fallo la prima volta viene ammonito, mostrandogli il cartellino giallo, la seconda espulso con il rosso.
Il giudice di ogni partita e quello che fa rispettare il regolamento assegnando i falli e le ammonizioni è il ventitreesimo uomo presente in campo chiamato arbitro.
In passato era sempre vestito di nero ma oggi indossa indumenti di vario colori, diversi da quelli dei calciatori, ed è coadiuvato, oltre che di soliti due guardalinee, da terzo uomo che sta fuori dal campo e gli suggerisce quanti minuti vanno recuperati a termine partita.
E’ il meno simpatico di tutti e quello sul quale possono inveire i giocatori, l’allenatore, il presidente e tutti i tifosi quando la squadra gioca male e perde.
Messo in campo per fischiare l’inizio (con uno) e la fine (con tre) della partita, prende appunti sulle scorrettezze dei giocatori e li ammonisce, sulle reti fatte può espellere chiunque dal campo, talvolta anche dalla panchina e decretare la sospensione della partita o il suo rinvio in caso di cattivo tempo o pericolo.
Particolarmente odiato dalle tifoserie di tutte le squadre di calcio spesso è chiamato “cornuto” e con tutte le altre più brutte parole esistenti in tutte le lingue della terra ma sta in campo per essere giusto ed imparziale e far applicare le regole del calcio. Qualche volta ci riesce veramente e spesso commette gli errori più clamorosi, quasi sempre a favore delle squadre più forti ed è anche per questo motivo che sono in molti i tifosi che gli gridano “venduto” e gli tirano monetine e oggetti di ogni genere.
Per giocare al foot-ball, che è il gioco del calcio in inglese (da distinguere dal footing che è un allenamento sportivo, anche praticato dai giocatori del foot-ball, e che consiste nel correre o marciare senza avere nessuna, o troppa, fretta), occorrono oltre ai giocatori e all’arbitro, il pallone che non è solo un aggettivo per indicare una dimensione più grande della palla (ed evitiamo, per questioni di spazio, di tempo e di opportunità, di descrivere la palla) ma una termine che indica proprio la sfera utilizzata dall’uomo per giocare. Il pallone, può essere di diverse forme e dimensioni a seconda se utilizzato per il calcio o per altri sport e, di conseguenza, ci sono i palloni da calcio (che è una grossa palla a spicchi di cuoio con all’interno una camera d’aria che si può gonfiare) quelli per la palla a volo e per il basket (che sono più leggeri o di peso inferiore) quelli per il basebol, gioco americano per eccellenza (che hanno una forma allungata) e altri con una propria caratteristica e peso a seconda dell’utilizzo.
Per il tennis e il ping pong sono usate palle molto più piccole, chiamate palline e per le donne che hanno carattere si dice che “hanno le palle”.
Il sostenitore di una squadra di calcio è chiamato “tifoso” se segue le partite di calcio spesso e “ultrà” se le segue tutte e va anche allo stadio ed in trasferta.
Il “tifoso” dunque, pur derivando dalla parola “tifo” (singolare maschile indicante uno stato morboso di malattia caratterizzata da sintomi comuni) non é uno che ha contratto il tifo ma un’altra malattia, talvolta più pericolosa, e che si riconosce da un esagerato ed esasperato attaccamento ad una squadra o ad un campione sportivo e che lo sostiene con troppa passione, spesso anche con stupidità e violenza. Il tifoso infatti qualche arriva allo stadio armato sino i denti e se ne esce con le ossa rotte.
Il tifo e i tifosi comunque fanno girare, oltre alle scatole (quando li ascolti o li vedi comportarsi da deficienti, peggio se scadono nella loro stupida e particolare violenza) l’economia. Li riconosci immediatamente perché sono gli unici che la domenica, invece di riposarsi o andare al mare, lasciano moglie e fidanzate a casa e, bardati da sciarpe, bandiere e striscioni coi colori della propria squadra, fanno centinaia di chilometri in autobus e file interminabili per recarsi allo stadio spendendo milioni in calendari, quotidiani sportivi e mascotte. Sono sempre loro che discutono per ore su un fallo, un rigore, sull’opportunità o meno di acquistare un giocatore e di tutte quelle altre migliaia di stronzate che diventano interminabili e incredibili trasmissioni televisive durante le quali tutti urlano e ognuno esprime un parere a volte tecnico, più spesso di facciata, su tutto quello che riguarda una squadra di calcio o un avvenimento sportivo. Sono questi la fortuna di certi giornalisti e conduttori di programmi sportivi (o sarebbe meglio definirli “di tifo”?).
Le partite di calcio si disputano nello stadio.
Lo stadio é un’arena per gare sportive in erba sintetica circondata da gradinate dove trovano posto gli spettatori (che non sono quelli che aspettano i tori ma, in senso figurato, quelli che aspettano una competizione) o una fase, un periodo o ciascuno dei segmenti di un missile che si staccano da questo ancorché il propellente è terminato, o esaurito.
Gli stadi dei campi di calcio rassomigliano al Colosseo con la differenza che mentre in quest’ultimo erano gli spettatori che pagavano per osservare i gladiatori mentre si scannavano nei primi sono i calciatori che sono strapagati per tirare due calci ad un pallone e guardare i tifosi che hanno pagato e si scannano per un fallo non fischiato.
Ma ritorniamo alla competizione ed ai protagonisti della competizione sportiva: i calciatori (che come gli spettatori non sono quelli che danno calci ai tori e non hanno niente a che fare con i toreri).
I calciatori sono suddivisi in ruoli a seconda della posizione e dai compiti che dovrebbero avere sul campo e sono chiamati portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti.
I portieri sono quelli che difendono la porta, ovvero che stanno sul campo per cercare d’impedire che il pallone s’infili nella rete. Sono dei calciatori privilegiati perché si stancano di meno perché stanno fermi per tutta la partita e, a differenza di tutti gli altri possono e devono usare le mani.
Hanno il numero uno ma, solitamente, sono quelli più scarsi perché non sanno giocare coi piedi, nelle squadrette rionali o in quelle delle classiche sfide tra scapoli e ammogliati sono quelli che non sanno “scartare” o sono i proprietari del pallone.
I difensori si distinguono in terzini, liberi e mediani e sono quelli che più che giocare a pallone sanno marcare, nel senso che riempiono di calci e spintoni gli attaccanti della squadra avversaria. Solitamente sono di grande stazza e si distinguono in mancini e non se giocano a sinistra o dalla parte opposta del campo.
Sono quelli che in genere fanno i falli, strappano le magliette agli attaccanti della squadra avversaria e nei contrasti si caratterizzano dagli altri per il gioco “maschio” o da “trappari”.
I centrocampisti sono quelli che solitamente stazionano a centrocampo e lavorano più di tutti gli altri giacché hanno il duplice incarico di bloccare le iniziative degli avversari e cercare di costruire le proprie. In generale sono quelli più bravi perché hanno piedi buoni e forza fisica ma sempre incazzati perché devono preparare il gioco e, una volta che hanno faticato come scemi, dare la palla agli attaccanti che segnando si prendono tutti i meriti.
Gli attaccanti sono quelli che riescono a racimolare tutti gli oneri e gli onori in caso di vittoria e ricevono le maggiori scusanti se si sperde, a meno che la squadra gli fornisca migliaia di palloni e loro non ne riescono a infilarne dentro nemmeno uno.
Il gioco del calcio oggi più che un gioco è un vero e proprio affare; intorno girano interessi e miliardi ed è fonte di discussioni, litigi, programmi televisivi e interessi che vanno ben oltre che il semplice spettacolo.
I calciatori sono pagati meglio e di più di qualsiasi altro lavoratore e considerati dei veri e propri divi. Inoltre sono gli unici che riescono a trombare con quelle bellissime donne che ai comuni mortali è concesso solo guardare sui calendari dei gommisti e dei meccanici.
Sapere dare calci, dunque, può ritornare molto utile.
Dare un calcio al mondo, alla ricchezza è meno intelligente che darlo alla sfortuna; darlo ad un pallone rende molto di più, specie se lo si fa per mestiere.
Per concludere se avete giudicato che questo testo è stato scritto coi piedi non mi rattristerò eccessivamente. Parlando di calcio potevo trascurare i piedi e, come al solito, ho fatto solo un poco di confusione. Anche quando gioco a calcio la faccio, non sono mai stato molto bravo; solitamente gioco con la testa proprio come in genere scrivo coi piedi. Devo fare più allenamento ed abituarmi ad invertire le due cose imparando a giocare si con la testa ma anche ad utilizzare meglio i piedi durante una partita di calcio e a parlare meno di piedi e ad utilizzare più la testa quando scrivo del gioco del calcio.
Devo consultarmi più spesso con il mio allenatore ed accettare facendo meno resistenza le variazioni del mio correttore di bozze.
Usare la testa è uguale ad usare i piedi, qualche volta è conveniente muoversi secondo gli schemi suggeriti dall’allenatore e dalle circostanze.


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