Notte strana, piena di rumori,
che mi percorrevano a tremori.
Aprii gli occhi, avvolto in fiocchi.
Presagi oscuri di neri futuri.
A stento vedevo,
lacrimando, sudando.
Dov’era il mio mondo?
Al posto dello smeraldo dei miei giorni
vedevo clivi di morte adorni.
Rosso ormai era il tappeto
del mio bel castagneto
e cumuli di corpi in sonno eterno
tra le sue spire teneva l’inferno.
Scossi le mie braccia, un tempo ambrate,
ora adorne di perle denudate.
Il mio fruscìo fu fremente,
per risvegliare la mia gente!
Un flebile lamento salì dai miei piedi:
“Signore, la vita a lui concedi!”
“Ho fame e sete!” sospirava e singhiozzava.
“Signore!” pregai “Questo Tuo figlio è nel dolore:
dammi per lui l’ultimo vigore!”
Per questo figlio della Patria
le mie rimaste fronde abbassai,
della poca mia vita mi privai
e le mie estreme lacrime gli donai.
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