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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Le diaboliche

Narrativa

Barbey d’Aurevilly Jules-Amédée
SE

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 25/03/2008

Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly, dandy e cattolico, amava raccontare di se un’infanzia avventurosa e quasi innominabile, sebbene visse una tranquilla gioventù, nella città di Valognes, la città leggittimista dove l’aristocrazia era ancora quella vera, malgrado gli avvenimenti della Rivoluzione, e che nella narrazione diventa la misteriosa città di V.
Questi aspetti della vita dell’autore si riversano nei piacevoli racconti della raccolta: disinvolti militari dalle rocambolesche vite, eccentrici dandy ed austeri nobili sono i protagonisti infatti delle vicende narrate. Da buon cattolico Aurevilly sosteneva che il peccato va affrontato e non nascosto, per poterlo fronteggiare con più vigore; ed ecco il titolo “Le Diaboliche”, infatti, sono persone permeate dal più puro perbenismo e dai più forti sentimenti religiosi e di casta, che per l’amore fisico diventano persone dai tratti diabolici, usano le più singolari astuzie per non negarsi piaceri che le loro rispettabili posizioni vieterebbero. Per esempio nel racconto “Il rovescio delle carte di una partita di whist”, una insospettabile ed inappuntabile dama dell’aristocrazia si innamora di un misterioso straniero dall’ancor più misterioso passato ed esperto di veleni, dimostrando una gelida – diabolica – astuzia per portare avanti la ‘liasion’; in “A un pranzo di atei” l’autore dispiega il suo intransigente cattolicesimo, quasi sbeffeggiando gli atei, che si incontravano per gozzovigliare nei giorni in cui il precetto della Chiesa prevedeva il digiuno, e comunque facendoli giungere alla conclusione che coll’approssimarsi della morte si sarebbero riavvicinati all’altare.
I racconti probabilmente all’epoca della stesura potevano apparire come scandalosi, ora, il fluire dei tempi ci ha avvezzati a cose ben più ‘forti’, ma il libro conserva intatto il suo fascino di testimonianza di un’epoca e delle abitudini di persone che anche nel momento in cui erano attuali erano già appartenenti al passato in cui li aveva relegati la Rivoluzione e, sebbene essi ne furono i più fieri oppositori e tentarono in tutti i modi di negare gli effetti che questa aveva avuto sulla società, non si rendevano pienamente conto del fatto che ormai il destino aveva fatto il suo corso, ed eventi di simile portata non si potevano cancellare solo con il riappropriarsi di castello e titolo degli avi.

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