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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Tolstoj è morto

Narrativa

Vladimir Pozner
Biblioteca Adelphi

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 03/02/2012 12:00:00

In questi nostri tempi caratterizzati dalla diffusione su larga scala di qualunque evento, anche minimo, anche privato, morti, nascite, drammi familiari si susseguono su radio, tv e discorsi della gente comune. Un tempo non era così, si veniva a sapere, al più, che qualche testa coronata aveva dato alla luce un erede al trono o un qualche personaggio in vista aveva detto addio alle spoglie mortali. Ma un fatto ben preciso ha sancito il passaggio dal privato al pubblico, ha esposto agli sguardi e ai pensieri di milioni di persone un dramma familiare, ed è appunto la morte dello scrittore russo Lev Nicolaevič Tolstoj, avvenuta nella sperduta stazione ferroviaria di Astapovo. Tolstoj aveva abbandonato la moglie ed intrapreso un viaggio, la sua forte tempra non lasciava presagire l’imminente fine, ma un improvviso malore costringe il grande scrittore russo ad abbandonare il treno sul quale viaggiava per essere ricoverato nella casa del capostazione, in mancanza di un ospedale nelle vicinanze della strada ferrata. Dall’arrivo dello scrittore nella residenza del capostazione si mette in moto un enorme flusso di persone e telegrammi; sul posto vengono inviate decine di reporter incaricati di tenere informati il più possibile i lettori dei più importanti quotidiani russi. Le gerarchie ecclesiastiche vorrebbero che Tolstoj pronunciasse delle parole di pentimento per poterlo riaccogliere in seno alla Chiesa e poter celebrare i suoi funerali, con grande ritorno di immagine. Anche i servizi segreti e la polizia si precipitano ad Astapovo, si teme che il popolo, fomentato dalla presenza della celebrità agonizzante, faccia qualche manifestazione non autorizzata o addirittura una rivolta. Ad Astapovo naturalmente giungono anche i familiari e i collaboratori più stretti di Tolstoj, compresa la moglie, che, però, non sarà ammessa al capezzale dell’augusto malato finché questi non avrà esalato l’ultimo respiro. Grande protagonista di tutto questo movimento attorno alla figura dello scrittore morente è il telegrafo, ognuno telegrafa da e verso Astapovo, per informare, per ricevere e impartire ordini, controllare, essere informato, o semplicemente per sentirsi vicino e partecipe ad una grande imminente disgrazia. E proprio attraverso i messaggi telegrafati Pozner costruisce l’ossatura della cronaca, oggi si potrebbe dire “telecronaca” tanto è attenta ad ogni minuto e ad ogni avvenimento in esso contenuto. Il linguaggio è asciutto e preciso, nel ricostruire, nel collegare fatti, testimonianze, traducendo dai segnali morse al consueto alfabeto gli stati d’animo dei numerosi protagonisti della vicenda. Astapovo dunque, centro di una fitta ragnatela di messaggi telegrafati, e Tolstoj, nel suo letto il ragno attorno al quale si sviluppa la gigantesca tela che, col passare delle ore, invischia sempre più persone. E basterebbe questo a rendere la lettura avvincente ed appassionante, da scorrere tutta d’un fiato, così come si scorrono le edizioni dei giornali che si susseguono quando una star dei nostri tempi sta male o decide di convolare a nozze, merito dell’abilità dell’autore e sicuramente della precisione dell’ottima traduzione di Giuseppe Girimonti Greco. Ma non è tutto qua. Devo ammettere che mi sono disposto alla lettura del ponderoso volume con lo spirito che anima la famosa rana di fronte all’areopago, ovvero una candida ignoranza sulla vita di Tolstoj, certo sapevo che egli era esistito (cosa di non poco conto oggigiorno) avevo anche letto i suoi più noti libri, addirittura due volte la Karenina, ma ahimè non conoscevo nulla della vita dello scrittore, i suoi rapporti con la moglie e coi suoi tempi. E qui mi si è disvelata la grandezza dello scritto di Pozner, egli ritaglia brani di epistolari e diari, di Tolstoj e della moglie, soprattutto, e di poche altre persone vicine ai due, e, oserei dire, li incastra ai telegrammi delle spasmodiche ore, alle poche frasi rubate ai medici e ai familiari durante l’agonia, dando al lettore la sensazione sì di essere ad Astapovo ma anche di sapere esattamente perché la moglie non può ricongiungersi al marito, perché la polizia è attenta, perché arriva un vescovo, e così via. Nel punto della morte di Tolstoj, Pozner ne annoda i fili dell’esistenza, riuscendo ad illuminare anche la mente del lettore più digiuno di tolstoismo, non con una vera e propria biografia, ma con una scrittura che appare più come un romanzo, costellato di flashback, che, con uno stile paragonabile al giornalismo attuale (schivando, graziealcielo, le bassezze che lo contraddistinguono), ricostruisce una intera esistenza, e ne mostra la fine in una sorta di racconto corale di tutti coloro che hanno vissuto quei momenti. Una lettura molto interessante, dal piglio singolare e modernissimo, sebbene Pozner la diede alle stampe nel 1935, che scandaglia una celebre esistenza e come reagisce l’oscura massa delle persone di fronte ad un avvenimento capitale. Forse quella documentata in questo libro è la prima morte sotto i riflettori della storia umana. Nell’epilogo della vicenda, quando la salma riprende il treno, piano piano la gente se ne va, la stazione si svuota e Astapovo torna la tranquilla cittadina che è sempre stata, destinata a sbiadire nella memoria del “pubblico”, così come accade ancor oggi per luoghi ed avvenimenti attorno ai quali si crea un grande scalpore, ma non appena l’attenzione si sposta altrove vengono ben presto dimenticati. Però, quel che, in questo caso, non si dimentica è la figura di Tolstoj, mostrata soprattutto dal suo lato umano, capace di donare una ulteriore dimensione ai suoi scritti.



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