Pubblicato il 04/06/2012 15:11:57
di Ninnj Di Stefano Busà
Il poeta è sempre stato considerato il sognatore, colui che vola con le parole al di là e al di sopra dei concetti sterili, banali, stereotipati degli altri. Colui che reagisce all'inganno del mondo in maniera eclatante: si fa sentire, reclama la sua parte di cielo, inventa o sogna un piccolo "eden" nascosto dove il beneficio mentale è indispensabile al suo dispiegamento: pensare, o scrivere sono la voce del vento, parola che non conforta, ma almeno, non irride alla speranza, non rinnega la fisionomia del sogno, la vela spiegazzata dalla marezzata può reggere: il naufrago viene recuperato in mare aperto e portato a riva, piange per il mondo che ha perduto, per quella pacchiana, e a volte, irriverente, verità denigrata, oltraggiata e offesa.
Il poeta non condivide l'atarassia del pensiero, la sciatta monotonia della normalità, insignificante e asettica, il poeta è il lottatore, l'atleta in una palestra di rachitici, egli fa esercizi in un pensatoio di ciechi e sordi, si allena ogni giorno, per esorcizzare la carità pelosa di chi non sente, di chi non vede o rimane indifferente all'artificio maligno che avanza inesorabile e ama farsi strada in una capitalizzazione universale di utile, di marciume, di asfissia dei suoi abitanti.
Il poeta intuisce che il suo canto non salverà l'universo, anzi ne è consapevole, ma gli regalerà lo strumento per combattere il male, forse per sovvertirlo o scongiurarlo.
Il mondo attraverso la Bellezza potrà ancora essere salvato disse il poeta.
La Bellezza del cuore deve sopperire la Bellezza effimera e insignificante del corpo, intervenire sulla casta moralità dei benpensanti, dei moralisti dell'ultima ora, che vedono nella poesia il passatempo, la noia, la irrilevante/insignificanza del pensiero.
Il poeta è un <barbaro sognatore> non come affiliato alla Lega, ma al suono della parola, al significato potente delle sue immagini ideali e fantastiche, vere ali, per volare....ci vuole un grande sogno, in questi tempi per smuovere ali atrofizzate dalla troppa immobilità intellettuale...e dal dispiegamento utilitaristico e materialistico della specie umana, votata alla sua estinzione.
Il poeta predilige il silenzio, fa sua la notte, la mancanza di suoni o rumori, l'isola felice dove far volare i suoi aquiloni, perché la spinta interiore, la forza ineluttabile delle sue molte vite, lo spinge ad essere fuori del tempo, fuori dagli schemi che ne atrofizzano la volontà del poiein.
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