Parabole sui tetti, cena, pochi
quelli che in giro si attardano
feriti a vuoto
coi baveri alla bocca,
i rododendri volti
verso divinità improbabili
con i bottoni pronti ai fiori
il marzo che vorremmo
primavera live.
Ho baciato un’amica
e non so se mi riconosce
la pelle,
ora che le distanze gocciano
riverberi di nostalgia
dentro uno sciame estraneo
ci ritagliamo selve di profumi
da tenere negli argini
con il terrore di apnee
e sospiri a mezz’aria.
Con avvicinamenti
retti solo dagli occhi
e il desiderio di gravitare alti
guardare come un film la folla
all’ora del vento disperdersi
in qualche fessura, col poco possibile
e utopie, soprattutto magnifiche.
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