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Il colore ritrovato

di Rita Mura
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Pubblicato il 05/10/2024 14:58:02

Quei colori non avrebbero mai rispecchiato l’essenza del momento, immortale nell’attimo colto dallo sguardo, esitante ma incantato in quella sconfinata distesa di fiori che porgevano la loro corolla verso le colline incantate. La brezza delicata e soffusa sfiorava quei petali delicati e creava un movimento armonico che pareva seguire una sua musicalità, accogliente in quel leggero soffio, un trasporto ondulatorio e così semplice, infinito e variopinto. La ritmicità di quei fiori, donava una profusione delicata nel suo silenzioso diffondersi, interrotto solo dal ronzio di api intente nel loro sapiente lavoro. Susane era lì, seduta nella sua seggiola, col sole che adagiava i suoi raggi in luce riflessa e così ricercata alle sue spalle, donando quell’illuminazione e quel calore ideali nel creare riflessi temperati che venivano tramutati dall’agile arte di pennelli sapienti su tela, in essenza colta dagli occhi e rispecchiata in visione della mente.

Susanne aveva atteso da molto tempo quel momento. La fioritura dei tulipani era un evento così bello e conosciuto in Olanda che già dal mese di agosto aveva deciso di prenotare questo viaggio che avrebbe conciliato passioni e svago ma soprattutto l’avrebbe destata da pensieri. Era arrivato il momento di pensare a sé stessa, di donarsi bellezza e ricercare quell’aria nuova che non poteva portare altro che novità ed ispirazione. Aveva scelto Lisse per il suo soggiorno ma in una parte più riservata della città, a ridosso di una zona di campagna, isolata che coglieva con la tranquillità quella vena artistica che poteva portare nuovi spunti per i suoi dipinti.

Amava passeggiare e percorrere i sentieri con una datata bicicletta che le avevano offerto al suo arrivo a Lisse. I viali erano così variopinti, era così strana la sensazione di colore che permeava quel mese di aprile. Le colture erano così vaste che sembravano scolpire piccole colline che difficilmente era possibile immaginare senza fiori.

Un pomeriggio al rientro nel suo alloggio, il suo sguardo fu attirato da un uomo intento nella sua piccola imbarcazione che piegato, nel sistemare le funi, sembrava quasi asciugare con la camicia ripiegata, le lacrime che calavano dal suo volto. Non voleva distogliere né disturbare l’anziano ma non riusciva ad avanzare senza chiedergli qualcosa o dargli anche un semplice ascolto. Si accostò con un pochino di diffidenza e gli chiese: “Scusi se la disturbo, posso esserle di compagnia anche nel silenzio?” L’uomo sorpreso dal non essere più solo si sollevò e la osservò un attimo, senza rispondere. Susanne che caratterialmente era testarda si fermò osservando l’altra riva e stette in silenzio. L’uomo avvertiva quella presenza, oramai era abituato al niente. Fece per salire nell’imbarcazione per andarsene, quando sentì una mano appoggiarsi sulla spalla. “Se non le dispiace, approfitto dell’imbarcazione per vedere questi luoghi, sono di poco disturbo” Susane aveva trovato il modo per farsi accettare. L’uomo non rispose e lei salì e si sedette nella seduta opposta all’uomo.

Filipe era solito attraversare quei canali e vedere turisti che inondavano tutto il territorio. Apprezzò il modo di fare di Susane, i turisti erano di solito chiassosi ma lei era così diversa, così silenziosa, così riflessiva. Decise di parlare e piano piano le raccontò che si occupava della manutenzione dei mulini a vento e che, se avesse voluto avrebbe potuto portarla a visitare uno dei più antichi. Susane non credeva ai suoi occhi, era proprio una fortuna questo incontro.

Il mulino era diverso da tutti gli altri, aveva un aspetto più scuro degli altri e sembrava che le pale nel loro girare, creassero dei circoli d’aria più veloci del solito con sonorità fastidiose. La vista del mulino cambiò l’espressione di Filipe. Susane capì che c’era altro in quel luogo.

 A ridosso dell’entrata del mulino era posta una targa con scritto: “Il varco alla torre è il varco della rinascita e conoscenza”. Era una scritta insolita, troppo strana. Si girò verso Filipe ma si rese conto che lui aveva terminato il cammino. “Scusa ma io non vengo, non posso venire. Chi avanza è colpito da una maledizione e ho perso già un figlio”. Susane non capiva. Filipe continuò: “Il mulino nel suo moto rotatorio dona forza e crea forza, tramuta e distoglie, porta oltre il luogo e il tempo. Nessuno dopo la scomparsa di mio figlio ha avuto il coraggio di entrare.”

Susane incuriosita decise invece di varcare la porta, doveva andare oltre, sentiva che doveva scoprire cosa nascondesse quel mulino. Improvvisamente fu invasa da una strana sensazione, tutto sembrava deformato intorno a lei e rotante. Il vortice divenne talmente forte che fu catapultata a terra sbattendo la testa. Al risveglio si trovò adagiata su un pavimento color ambra con incisa una grande stella, guardando verso l’alto sembrava che dei vortici creassero gironi a piani in quella colossale costruzione. Sulla sua destra era presente un cunicolo in pietra da cui intravvedeva una flebile luce. Si incamminò e apparve dinanzi ai suoi occhi un immenso lago con delle grosse pietre adagiate che parevano galleggiare. Sorgeva in una grande roccia un grande tulipano blu, riservato nella sua bellezza che sembrava quasi finto e privo del tempo. Calavano dal suo fogliame delle grosse lacrime di rugiada che andavano a poggiarsi sulla grande distesa di acqua. Era strano questo tulipano in mezzo al niente, quel colore così acceso in quelle rocce incolore. Era abituata ai colori e quel divario di tonalità era proprio fuorviante. Capì che il tutto poteva essere anche reale ma poteva anche nascondere qualcosa. Si avvicinò con cautela titubante di tanta bellezza e decise di non cogliere il tulipano, lo osservò e avvicinandosi annusò l’essenza della sua profumazione. Stanca si adagiò vicino e avvolse intorno al tulipano un suo fazzoletto quasi a volerlo riparare. Si addormentò avvolta da un manto di luce lunare.

Susane era solita avere un sonno leggero ed avvertì nel preannunciare del nuovo giorno una nuova presenza. Il tulipano era sparito e al suo fianco era presente un giovane con un grande manto blu e un fazzoletto avvolto al collo. La osservava curioso e innamorato. Lei era stata colei che con la sua gentilezza lo aveva destato dall’incantesimo e lo aveva strappato a un destino di lacrime. Era il figlio del guardiano dei mulini. Lei rimase incantata da tanta bellezza e posta la mano su quella di lui, trovò la strada verso la rinascita ma soprattutto trovò il suo colore che donò colore, nell’oscurità dell’incompleto girone di una nuova visione di vita non più esterna ma dentro una felicità ritrovata.

Fu così che tutti vissero felici e contenti nell’armonia dei colori di vita donati.

 

Nomi e luoghi sono fulcro di fantasia.

 


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