Fratello mio, ancora non dà lustro questo tempo passato,
non si cancella la crudele efferatezza dell’addio
e affiora nelle notti come un buco che mi inghiotta
là dove il dolore non ti dava requie. E che nemmeno io la trovi
nonostante il solerte aiuto della chimica
e senta il bisogno di ridirlo, a significare l’insensatezza
della pena inflitta ai viventi per la colpa d’esser nati,
stupisce quasi quanto l’intatta gioia di vivere che a volte
mi coglie, quando la natura sciorina la sua semplice bellezza
o gli affetti aprono lo sguardo e il sorriso.
Perché sì, la vita continua. Per inerzia più che per volontà,
direi, eppure trova ancora la sua ragion d’essere.
E allora così sia, Paolo caro: questo è quanto, qui sulla terra.
In memoria di mio fratello Paolo, nato il 29 aprile 1956; morto il 27 agosto 2015.
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