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Non morire mai

Poesia

Giuliana Lucchini
Edizioni Roma Congressi

Recensione di Maurizio Soldini
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Pubblicato il 03/08/2012 12:00:00

Non morire mai,  descrizione di un inverosimile dato di fatto o piuttosto imperativo categorico o piuttosto ancora aspirazione? Direi un po’ tutto questo, ma soprattutto aspirazione all’eterno imbastito nella parola poetica, trama di rete che avviluppa e intrappola all’istante perdurante avvenimenti, cose, persone, sensazioni, emozioni, piaceri e dolori. Nel flusso inarrestabile del tempo che tutto travolge nel mare della vita, la rete della parola poetica ha questa possibilità tremenda e nello stesso tempo magica e profetica di una immortalità che viene data nonostante tutto. E non al modo della fotografia che produce istantanee di contorni e facciate di linee e colori. Ma al modo della parola (soprattutto e per incanto prima fra tutte quella poetica) che allude, che svela e copre nello stesso tempo, che dice e non dice, che chiude e inesorabilmente apre. Apre al mondo passato presente e futuro e li integra, li fonde, li ipostatizza nell’essere sostanziale di un’assenza, che è puranche presenza, e immobilizza il tempo. Ecco il mistero della poesia: immobilizzare il tempo, nell’allusione visionaria della metafora mai spenta, che traghetta al senso della vita, allo scopo vero e proprio di una vita, che, se è candidata sin dall’inizio a finire, può comunque tentare la via dell’infinito per giungere all’eterno, per non morire mai. È un po’ questo lo zoccolo duro della poesia, in questa raccolta di Giuliana Lucchini messo al fuoco della ferratura, che cerca di immortalare cose, persone, avvenimenti attraverso una abile tornitura del linguaggio che si libra nelle passioni del vissuto e nello stesso tempo del vivente. A metà strada tra la poesia di Campana e quella di Celan, la poesia della Lucchini setaccia il reale per coglierne pepite di sogno e di assoluto. Aderente al sacro, ma non lontana dal profano, visionaria e trascendente la realtà, da cui pure parte, per un ritorno alle origini, per situare al presente il passato e il futuro, la poesia di Non morire mai è un canto dispiegato nella narrazione dell’esistenza, che si fa essenza. Come il canto di Orfeo, che brucia d’amore per la bellezza e il candore infuocato nella nostalgia di non aver potuto salvare Euridice in carne e ossa e di non avere potuto riportarla viva nel mondo, ma in qualche modo canto che traluce confortato per avere per sempre reso redi-vivo il racconto di lei e di averla così immortalata. Nella poesia di Giuliana Lucchini è dato in primis il vivente, la realtà, anche negli aspetti fisici biologici materici, ma v’è di più, vi è un oltre, vi è un approdo al metafisico e comunque predomina una visione fenomenologica del mondo, nel quale si instaura quell’epochè che consente un ritorno alle cose e alla loro originalità, perché diano voce all’essere. Essere che imbriglia il tutto, lo assolutizza e vanifica così il nulla. In tal modo anche l’assenza si fa presenza. Tenendo ben fermo il punto che il dolore l’assenza e il nulla non sono qualcosa di irreale. Anzi, la loro realtà smuove e sommuove dispiaceri e nostalgie, evidenzia fragilità e malattia, fisica e morale, e finitudine, ma non può scoraggiare, anzi, spinge a reagire e a fare in modo di convertir-si ad una realtà di piacere, di felicità, per non morire mai. Attraverso la poesia, attraverso la lirica, come questa di Giuliana Lucchini, che sprigiona da ogni suo poro il senso e ce lo dona per una sua condivisione in universali. Tutto il mondo dei viventi è destinato a morire, ma i vissuti non moriranno mai, almeno fintanto che c’è la poesia. Non morire mai: come monito come aspirazione come traguardo. Per uscire dall’ombra delle tenebre e adire alla luce per-sempre.

 

Muore anche la palma, vedi, che ti dipinse

il cielo dell’ardore, si sbriciola il tronco

(infuriano gli occhi) di polvere s’invade.

Accanto al sempreverde morire

marcisce d’erba gravida la pigna

(così anche gli uomini si mangiano l’un l’altro

per una stessa essenza, o verdi o bruni).

Se via dal dito ti scivola l’anello

con cui vita ti sposò, qualcuno ti mangia,

si muore

Ma tu!

Non morire mai

 

Un giro d’aria ti faccia fremere

ali. Non morire.

con vestiti di piuma

avrai il caldo o il freddo che ti necessita

Non morire

 

E in extremis possiamo aggiungere, d’accordo, non morire… Ma per andare dove?

 

– Dove vai!

                      (- vado…

                         a mettermi negli occhi la bellezza)

 

Proprio là dove abita l’impermanenza (…permanente), là dove la tua passione sarà/ d’altra bellezza.



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