Ti scrivo, mentre un silenzio lontano,
che mi respira dentro, annuncia l’inverno.
Il freddo opaca le ore,
e il vento non calma i pensieri,
quando a sporgermi a un davanzale triste,
anche un piccione mi canta la tristezza.
Caro Babbo Natale,
quanto amaro mi resta
quando a frugarmi nelle vene
non trovo che momenti
annegati dai rimpianti.
E del mio regalo scarto l’inquietudine,
nel sentirmi un flash in bianco e nero
un camino acceso in una casa vuota,
un monologo incompreso,
un ricordo di sere oramai
sepolte nella neve.
Caro Babbo Natale,
piango per non morire
quando a scriverti
resto come musica senza parole,
una ballerina su un carillon
che ha smesso di danzare.
Ti scrivo, mentre
nello scucirmi le emozioni
aspetto di sentire cosa rimane
di ciò che il Natale,
oramai da tempo,
ha smesso d’essere.
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