Pubblicato il 01/01/2023 20:18:57
A noi che non rimane altro che restare seduti e guardare da qui questa vita che segue i suoi giorni a noi che abbiamo guardato con il cuore aperto nel petto il lento scorrere del fiume e il riflesso degli alberi sull'acqua.
A noi che attraversando ponte Testaccio ci sorprendevamo della bellezza del cielo nell'intimo calore della primavera che illuminava d'oro i suoi giorni e incorniciava l'epifania delle voci.
A noi presi da un'inspiegabile nostalgia quando la via del ritorno traversava il quartiere e le strade e i palazzi diventavano piccole epifanie di poesie non scritte o scenari diversi di una diversa follia guardata sedotti dalla propria compassione.
A noi che non mancava il pianto del cuore o il fragile respiro dell'anima, ché anche in un piccolo parco, un gelato era una porta un arco di un altro altrove, un amplesso della mente con un'origine ignota eppure avvertita come madre di un sé che a fatica ancora prova a darsi un nome e non trova aggettivi per aprirsi una via.
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