La porzione di mente che va sottoposta al potere
al governo dell'altra, qual è delle parti?
Oppure di comune accordo ce ne andiamo di tre quarti
fosse anche capovolti, uscire per sempre di scena tripolari?
La prerogativa di un pensiero confuso
è di non avere né capo né coda, neanche una destinazione d'uso
un vantaggio sull'ignoto, da spendere al mercatino dell'usato
nel corso di una vita spericolata (una di quelle vite di una volta).
Per sempre disperato me ne vago, dileguato il miraggio
di un futuro migliore, come fatto di pozioni velenose,
come in cerca dell'antidoto, mi perdo in periferie misteriose,
fuori dall'orlo, dai confini in cui i pensieri mi lasciano a riposo.
Posso sentire che vivi, a distanza di migliaia di chilometri
ma questo non vuol dire che possa percorrerli a ritroso
fino all'inizio della storia.
Crescono in fretta i figli e si perde la memoria di certe variabili
che andarono a vuoto, che non balzarono agli onori della cronaca,
che non furono messe a verbale.
Così da un po' coltivo solo speranze collaudate,
stati di coscienza verticali.
Da quando ho capito che fare pace con me stesso
è un'esigenza primordiale.
Mi perdono per essere fatto così male.
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