Torniti cardini di ginocchia flesse a vento
e di caviglie rampanti
i tuoi passi cardinali nella notte chiusa a chiave.
L'estate che attraversi ti attrae e suo contrario
per avvolgerti in sudario
sotto le coperte-coltri di un insalutato ospite
le stagioni che hai, sia a freddo che a caldo
approfittando di un mezzo di trasporto
il cui carburante è la fantasia titolare.
Spostarsi da un posto all'altro
non è appannaggio soltanto di viaggiatori edulcorati
onironauti della veglia, battitori campali dell'ultima spiaggia
si apprestano a salpare senza averti
ad occhi chiusi, ad occhi aperti, per destinazioni sincopate
evitando solitudini modeste, senza abissi e senza vette.
Ricordare è un atto di fede
un pretesto per immortalità determinate, convulse
come certi contratti capestro che ti rubano la vita
di nascosto e tornare indietro è un po' morire
a prima che capissi cose vere e senza prezzo
che conti sulle dita, tutto il resto che si arrenda alla rinfusa
o mia amata o mia Musa, il tempo si sostanzia
in via d'uscita, in linea di massima, in ultima analisi
nelle rughe di montagna e sulla fronte, inguaribile romantico
sempre a lavoro, stacanovista dell'orario continuato, umano sovrumano.
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