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Il Canto di Giobbe

di Ignazio Salvatore Basile
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Pubblicato il 26/01/2011 08:14:54


Giobbe, Giobbe, Giobbe, è certo che tu
Non avresti trovato più di Giobbe
uomo sì ricco! Avea: mille e più
Tra buoi e asini, seimila gobbe
Di cammello. -“Più ricco d’un Perù! ”-
Oggi si dice d’uno che di robbe
Ne ha così tante. Sette figli maschi
E tre femmine con cui festeggiava
[ tra canti, carni e fiaschi]

Era giusto di parole e pensieri;
era osservante nei riti e nei fatti,
attento sempre ai costumi sinceri
Uomo probo come non ce n’è tanti
Per far bene non attendeva ieri
Fermo nella parola e ligio ai Patti
Soprattutto con quei del Dio di Siòn
Che lagnanze di lüi non faceva
[per alcuna ragion]


“Che bella forza” disse il tentatore
“Per un uomo d’essere sì corretto
ricolmo com’egli è di oro e d’amore!
E’ troppo facile essere perfetto
Lascialo a me questo tuo servitore
Che io lo privi della prole e del tetto
Così vedremo la sua vera essenza”
“Và”,- disse l’Eterno, -“ma della vita
[ sua non hai licenza]”

Ecco dai quattro punti della terra
Giungono i servi con le male nove
Chi le pecore dice morte in guerra
Chi del furto di cammelli dà prove
Chi racconta e chi giura che non erra:
“Il tetto cadde e alcun più non si muove
Dei figliuoli!” Ma Giobbe per la vita
Sua loda e ringrazia Dio che è Bontà
[infinita]

Avvenne un’altra volta ancora in viaggio
Che Satana fu chiesto dal Signore:
“ Hai visto quel mio Giobbe, che coraggio
niente possiede più ch’abbia valore
eppur nell’alma sua rifulge il raggio
che benedice Dio con tutto il cuore
Mi riconosce l’essere perfetto
Invero in lui io godo e mi diletto”.

“Non c’è merito” contestò ‘l cornuto
“per gli uomini niente c’è di più caro
a tutti quanti è noto e risaputo,
del bene fisico, sì che assai raro
è che ‘l privato se ne resti muto,
piuttosto che parlar con tono amaro
contro Dio Fattore dell’Universo!
E posso dimostrare che anche lui
[non è diverso]”

“Va dunque, che io sicuro t’accontento!
Va pure anima tentatrice e impaga
Che ne fa una e poi ne pensa cento!
Va se è così che tu la pensi e indaga
Sino a che punto l’uomo nel tormento
L’anima sua rattrista e così vaga
Negli antri oscuri del tuo vile regno!
Va, ma ricorda, che la vita sua
[qui tengo in pegno] “

Giace sull’orlo del camin dimesso
Afflitto da una piaga purulenta
Colui che tutto d’una volta ha perso
Ciò che di più caro avea. Ora tenta
Con un coccio di passare attraverso
Le piaghe della carne macilenta.
E mentre giace così sofferente
Lo irride la moglie: “Il tuo Dio non puote
[niente?”]

Nel frattempo di tutte le disgrazie
Da tre amici la novità fu udita
E partirono preda delle ambascie
Elifaz e Zofar il Naamatita
Pronti a lenir con solidali fascie,
Congiuntamente a Bildad Il Sulchita,
Il povero Giobbe. Ma alzati gli occhi
Dal gran dolore stettero con lui
[sette giorni e sette notti]

Il racconto più avvincente va avanti
Toccando apici di vera poesia
Non c’è, ch’io sappia, un racconto di santi
Negli scritti precedenti il Messia
Che di lirica e di intreccio si vanti
Con postulati di filosofia.
Troverai che nella scena del dramma
C’è anche Ebiu oltre ai quattro predetti
[ e vedrai che il discorso si infiamma]

Per tal motivo rinvio il lettore
A godere quel diletto e quei versi
Che per quanto m’ispiri il mio Signore
Fattore dell’arte e degli universi,
giammai potrei pervenire al nitore
Di tal pöetici carmi sì tersi!
E pertanto se di questi ti cale
Senza indugïo ti invito ad andare
[alla fonte dell’Originale]

Anche a costo di essere noïoso
Voglio peraltro ancora ribadire
Che il presente pöemino giocoso
Giammai quello intende sostitüire.
Però se il suo sforzo generoso
Riuscisse in qualche passo a divertire
Sia perenne lode non già alla Musa
Ma al Padreterno che tutto vede
[ e tutto scusa]

Posso però da ora anticipare
Che il nostro eroe Giobbe in conclusione
Si vede in grande copia compensare
Con beni, soldi e armenti a profusione!
Ma ancora di più è da evidenziare
Che sulla terra la nostra missione
E’ quella di affidarci nelle mani
Di Colui che su noi da sempre veglia
[ieri, oggi e domani].

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