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Note su Jane Austen e le True Good Manners

Argomento: Letteratura

di Cosimo Abatematteo
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Pubblicato il 06/04/2010 16:09:42

Note su Jane Austen e le True Good Manners

Le buone maniere sono il principio della santità.
San Francesco di Sales

If I could persuade myself that my manners were perfectly easy and graceful, I should not be shy
(Sense and Sensibility, capitolo 17)

She had the comfort of appearing very polite, while feeling very cross (Emma, Capitolo 14)


Sommario: Introduzione - 1 Good Manners tra semplicità e artificio; 1.a Good Manners, 1.b Semplicità, 1.c Artificio – 2 Good Manners e la politica; - 3 Good Manners come Christian Duty


INTRODUZIONE

Il punto che si vuole chiarire in questo breve studio è il seguente: le buone maniere per Jane Austen non sono un mero codice comportamentale, di contro sono il segno esteriore di autentiche qualità interiori. O sono questo o non sono buone maniere.
Il fascino di Jane Austen risiede ovviamente anche nel ruolo che hanno parole come: gentilezza, cortesia, buone maniere. Guardiamo i film tratti dalle sue opere anche per godere di un ordine sociale che raramente potremmo vivere nella realtà. Una rappresentazione del passato al limite dell’oleografia ma che fa sognare un mondo in cui predomina l’ordine nelle relazioni sociali e nel quale, la cattiva educazione, è vista come un grave difetto e l’informalità di comportamento e di discorso come mancanza di controllo.
Un mondo in cui il modo in cui ci si veste, ci si muove, si parla, ci si inchina, assume un preciso significato semiologico che dovrebbe segnalare la presenza di determinate qualità interiori. Va anche detto che, giusto a causa di tale rappresentazione, quasi fuori del tempo, della società, molti autori denigrano e hanno pesantemente denigrato Jane Austen. Celebri sono i giudizi negativi e offensivi di Charlotte Bronte, di Emerson, di Twain. Il passo ulteriore, sotto il profilo interpretativo, è stato quello di creare una Jane Austen politicamente conservatrice, anglo-centrica e per certi versi provinciale.
Si spiegano dunque i tentativi autorevoli (Nokes, Battaglia) tesi a disancorare la scrittrice da visioni reazionarie e conferirle all’opposto posizioni del tutto avanzate al limite della trasgressione. Alcuni critici hanno ritenuto semplicemente corretto attribuire ad Austen, alle sue opere, una visione radicale, sovversiva, post-coloniale e sessualmente ambigua. Pare doveroso citare il film di Patricia Rozema Mansfield Park che da questo punto di vista s’espone a una tale quantità di osservazioni sulle quali non è il caso di soffermarsi. Basta dire che il film -fra le altre cose “sovversive”- adombra una relazione ambigua tra Fanny e Mary Crawford. Di passaggio si menziona come l’Austen Canon, con poche eccezioni, considera Mansfield Park il libro capolavoro di Jane Austen, quello in cui il celebre stile allusivo, parodico, ironico, indiretto, doppio, tocca il suo apice.
Le buone maniere nei romanzi di Jane Austen non sono una cosa sola e fissata per sempre. Del resto la caustica Austen si sarebbe ben guardata dallo stilare una sciocca e atemporale lista di atti classificabili come buona maniera. Buone maniere sono l’insieme di comportamenti tesi invariabilmente a rispettare la dignità altrui senza alcuna distinzione di ceto, sesso ed età. Discende che buone maniere e moralità sono inscindibili. I discorsi che L’Autrice mette in bocca ad Edmund Bertram in Mansfield Park esemplificano tale unione, sebbene Edmund ritenga che sono i clergymen che hanno the guardianship of religion and morals and consequently of manners which result from their influence.
Il filo che Edmund vorrebbe tessere a unire buone maniere, moralità e religione è un ideale che difficilmente si manifesta nei libri della scrittrice inglese, e del resto ottenere un mondo in cui tali valori siano, pur nella loro indipendenza, comunicanti sarebbe davvero un mondo perfetto e come si sa i ritratti della perfezione erano intollerabili per Jane Austen.
Occorre pur ammettere che i valori morali di cui è portatrice sana Austen appartengono come è naturale che sia al suo tempo e alla sua classe la small gentry.
Tutto ciò confessato resta la sua arte. Cioè: la capacità attraverso le buone maniere, attraverso i codici di comportamento, di individuare quei principi morali sulla cui base ci si può comportare recando beneficio a sé stessi e dunque al nostro prossimo.


1. Good Manners tra semplicità e artificio
1.a Good Manners
Le good manners per Jane Austen altro non sono che l’aspetto esteriore di qualità prima ancora interiori. I suoi romanzi hanno come continuo legame l’importanza dell’education e dell’appropriatezza di certi comportamenti nella misura in cui gli stessi rappresentino autentiche qualità spirituali. Si tenterà di delineare brevemente come il principio cardine su cui la scrittrice inglese edifichi il suo concetto di good manners sia il seguente: rispetto della dignità altrui. Da tale concetto scendono due principi applicativi: semplicità e artificio nella misura in cui degli stessi si abbia la sapienza di calibrare la dose.
Pare anche superfluo dire che il significato di good manners è labile. Le buone maniere che devono essere osservate, come già detto, in fin dei conti poggiano invariabilmente sullo stesso principio: sono buone maniere quei comportamenti che contribuiscono al benessere e alla dignità dell’altro.
La società in cui è vissuta Jane Austen è anche conosciuta come Polite Society. Manners, che potremmo anche tradurre con la nostra “buona creanza” sono le fondamenta di qualsiasi società civile e a maggior ragione lo devono essere di una comunità sociale che si definisce Polite Society. L’errore o la pigrizia mentale in cui spesso si incorre è quello di scambiare la buona creanza appunto con le mere formalità. La buona educazione o, per semplificare: certo formalismo, rappresenta un codice di comportamento che deve governare la vita di tutti i giorni.

1.b Semplicità
La buona educazione, le “true good manners” sono fondate sui principi solidi della cortesia, della proprietà e, perché questo è il punto: sul rispetto per quello che sentono gli altri. Quando la sorella minore dell’eroina di Mansfield Park sta per provare l’esperienza di vivere in una grande casa aristocratica per la prima volta, è eccitata e spaventata dalla visione di silver forks, napkins and finger glasses; il suo timore è senza fondamento. Quello che incontrerà a Mansfield Park è questo ma altro. Incontrerà un luogo di cheerful orderliness dove everybody’s feeling were consulted. La semplicità dunque deve sempre essere presente perché vi sia traccia di good maners.
Troppa perfezione nell’apparenza e nei modi è segno di un carattere difettoso sembra dire in tutti i suoi romanzi Jane Austen, e più di una sua eroina è temporaneamente attratta da un uomo il cui bell’aspetto e le cui buone maniere non sono però sorretti da qualità interiori quali: moralità o disinteresse. Di Edward Ferrars in Sense and Sensibility scrive: He was not handsome and his manners required intimacy to make them pleasing. Ciò in contrasto con l’affascinante Willoughby che con il suo charme, con le sue open and affectionate manners si rivelerà un villain. Edward si dimostrerà più eroe di Willoughby nel tenere fede all’impegno che ha preso fidanzandosi con Lucy Steele.
Un altro eroe, forse l’esempio più fulgido di gentiluomo inglese nei romanzi di Austen: Mr. Knightley del romanzo Emma, si dimostra gentile con una donna di classe inferiore, cosa che indurrà Emma a riflettere sull’uomo che fino ad allora non ha considerato sotto l’aspetto fisico. Leggiamo nel romanzo: he is not a gallant man but he is very humane one. Emma alla fine del romanzo avrà imparato molto su come distinguere la semplice galanteria dalla vera umanità.
Mr. Knightley è un uomo razionale, paziente, sincero. Per quanto uomo di potere, ricco e di classe sociale elevata non gli interessa la Society, anzi lui preferisce camminare piuttosto che usare la carrozza (simbolo di arrivismo nell’arrampicatrice sociale che è Mrs. Elton) e indossa abiti comodi e stivali che facilmente immaginiamo non del tutto immacolati in perfetto contrasto con gli abiti scintillanti, lindi, puliti che veste il furbo, ambizioso clergyman Elton.
Sicché la semplicità. Ma c’è anche l’artificio nelle buone maniere.

1.c Artificio
Naturalmente si sono molti casi ed esempi in cui un certo grado di artificio è necessario proprio per la salvezza delle stesse good manners. Marianne Dashwood in Sense and Sensibility dice di odiare i codici di condotta ma questo nel romanzo spesso sfocia in egoismo e grave maleducazione fino a danneggiare gli altri: Upon Elinor therefore the whole task of telling lies when politeness required it always fell.
Solo capendo le regole sociali è possibile poi eventualmente romperle. I dearly love a laugh! Dice Elizabeth Bennet di Pride and Prejudice, eppure aggiunge seriamente: I hope I never ridicule what is good or wise. Elizabeth Bennet è per molti aspetti una donna non convenzionale: è felice quando può correre e se ne infischia di arrivare a casa dei Bingley con un’aria almost wild. Pur possedendo un’irriverente senso dell’umorismo e delle lively and playful manners che ammaliano Darcy, ella unisce alla sua intelligenza, vivacità, al suo wit e indipendenza di giudizio un profondo rispetto per tutto ciò che ha un senso morale e corrisponde ad un comportamento corretto. È una donna in pieno controllo di sé. E’ coraggiosa come una leonessa quando deve affrontare l’aristocratica Catherine de Bourgh e anche in casa della nobildonna è sicura di sé poiché conosce e rispetta tutto l’artificio della buona educazione, delle regole di condotta che debbono osservarsi. I am a gentelman’s daughter dirà nella grandiosa scena di confronto con la De Bourgh.
Obbedire ai codici di condotta, mantenere il necessario grado di artificiosità che ci si aspetta da una gentlewoman o da un gentleman, con tutta la grazia e la cortesia e le vivacità che ciò implica, non può significare che qualcuno abbia a subire torti sociali.


2. Good Manners e la politica
Per Jane Austen per l’osservanza delle buone maniere non è una semplice questione legata a cortesia di una classe: è un modo di fare politica.
Ci sono “true” good manners, ma come fare ad individuarle? Good manners possono significare cose differenti a personaggi diversi o cose differenti allo stesso personaggio nel corso del tempo. Si citeranno due scrittori famosi del tempo. Nelle sue celeberrime Letters to His Son del 1779 Lord Chesterfield si esalta all’idea che “pleasing” è la qualità cui dovrebbe aspirare ogni gentleman. Willoughby, Wickham, Frank Churchill sono figli di Lord Chesterfield: le loro good manners e le loro apparenze ingannano. L’altro scrittore è Edmund Burke. Scrive Burke: Manners are of more importance than laws. Upon them in a great measure, the laws depend. The laws touches us but here and there now and then. Manners are what vex and sooth, corrupt or purify, exalt or debase, barbarize or refine us. They give their whole form and color to our lives. According to their quality they supply them or- they totally destroy them. La frase rilevante in questa interessante osservazione è la prima: Manners are of more importance than laws. Ora, come è noto, questo periodo (la seconda metà del Settecento Inglese) è un periodo nel quale molte laws sono approvate e in gran parte laws a tutela della proprietà individuale concepita come diritto assoluto del proprietario; la Rivoluzione Francese spaventa la classe dirigente inglese. Se Burke afferma la superiorità delle good manners sulle laws ciò significa che onorare e salvaguardare le good manners non è semplice questione di decoro sociale. Buone maniere e morale sono considerate qualità essenziali per preservare l’ordine sociale quasi che la stabilità e l’ordine sociale, la stessa continuità della società inglese, dipendessero dalle good manners. Le Good Manners, è stato osservato, sono la risposta inglese alla Rivoluzione Francese.

3. Good Manners come Christian Duty
Altri studiosi hanno già messo in evidenza la vicinanza di Jane Austen e John Locke. John Locke nel suo libro Some Thoughts Concerning Education (pubblicato nel 1693 e del quale si fecero 25 edizioni fino al 1777) adopera espressioni che mettono luce sulle pagine della scrittrice inglese. Locke ha detto: of all men we meet with, nine parts of ten are what they are, good or evil, useful or not, by their education. Locke quando parla di education pone sempre enfasi su quella che definisce inner civility e, come è uso in molti suoi libri nei quali adopera la tecnica dell’antitesi, pone in confronto da un lato le qualità della good nature, della courtesy e dall’altro gli attributi esterni che condensa nella frase: good manners.
Altra cosa. Locke mette in guardia contro i pericoli della conversazione. Il brillante oratore –e nei romanzi di Jane austen i brillanti oratori sono di solito dei villains- è colui il quale ostenta una courtesy del tutto superficiale e i giovani (le young minds cui pensava Locke) potrebbero a mezzo di un linguaggio “pleasing” scivolare verso una civility esteriore e quindi fittizia. L’antitesi che presenta Locke è quella fra civility e cerimony, laddove la civility è per il pensatore a Christian duty che conduce alla true art of living in the world; per contrasto, un eccesso di cerimony potrebbe anche segnalare un difetto non solo nelle buone maniere anche nel carattere di una persona.
Ma qui si giunge al punto: come fare a distinguere la vera civility dalla mera cerimony? Per questo vale quanto accennato sopra in merito al rispetto per l’altrui sentire. Ciò che mette il nostro interlocutore a proprio agio è good manners ciò che lo mette a disagio è puro formalismo quando non crudeltà.
Ultima nota. In ogni suo scritto anche nelle lettere, Jane Austen, ha mostrato che ricchezza, rango, status sociale, non sono garanzia di buona educazione. Jane Austen ha riso e noi con lei soprattutto a spese di coloro che si credono importanti. Jane austen non è mai stata radicale nelle sue opinioni, ma con piacere ha mostrato repulsione per chi si reputa solo per nascita importante. La parola gentelmanlike torna spesso nei suoi romanzi. Had you behaved in a more gentelmanlike manner è il rimprovero di Elizabeth a Darcy quando questi le fa la prima indegna proposta di matrimonio ed è un rimprovero che ha un peso che va oltre la semplice lettera ed è talmente pesante da indurre Darcy a ripensare a tutto il suo precedente comportamento.

NOTE: per i romanzi di Jane Austen si rinvia alle molte versioni in Italiano esistenti in commercio; per le citazioni in Inglese esse sono prese da: The Novels of Jane Austen, ed. R.W. Chapman, 3rd ed., 5 vols. Oxford, Oxford University Press 1982.

I principiale libri cui si è fatto riferimento nello studio sono:
Briam C. Southam, Jane Austen: The Critical Heritage, New York, Barnes and Noble, 1968; John Wiltshire, Recreating Jane Austen, Cambridge, Cambridge University Press 2001; Norbert Elias, La Civiltà delle Buone Maniere. Le Trasformazioni dei Costume nel Mondo Aristocratico Occidentale, Bologna, Il Mulino, 2009; Tony Tanner, Jane Austen, London, reissued edition, Palgrave Macmillian, 2007; Richard Jenkyns, A Fine Brush on Ivory –An Appreciation of Jane Austen, Oxford, Oxford University Press, 2004; David Nokes, Jane Austen, A Life, London, Fourth Estate, 1997; Edmund Burke, Letters on a Regicide Peace, Liberty Fund, 1999; John Locke, Some Thoughts Concerning Education, Nuvision Publications, 2007; Lord Chesterfield, Letters to His Son, Kessinger Publishing, 2008.
È doveroso sottolineare come questo studio come qualunque tentativo di scrivere su Jane Austen in Italia, non prescinde dagli studi colti, profondi e innovativi (tra i tanti studi si cita: B. Battaglia, La Zitella Illetterata –Parodia e Ironia nei Romanzi di Jane Austen, Napoli, Liguori, 2009) della professoressa B. Battaglia alla quale si deve attribuire il merito di aver introdotto in Italia la figura di una Jane Austen subversive, e quindi di tentare di togliere alla scrittrice la maschera vittoriana.
Cosimo Abatematteo

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