Pubblicato il 13/08/2025 16:11:54
La mia religione è un soffio, la mia chiesa il mondo.
Non voglio preti ma sacerdoti dello spirito attorno. La mia religione è il profumo d'una crostata, di un tiglio, un ginepro. Tu che ridi forte.
La mia religione è la cima d'una montagna dopo averla raggiunta, è la fossa delle Marianne.
La mia chiesa è un letto, la mia religione un ti amo all'orecchio. La mia religione è un ridere, uno scherzo. Il sudore.
Il mio dio è un tizio un po' burbero che perdona ogni aberrazione, che salda il conto con l'amore. Che offre da bere e non ti fa guidare. Il mio pregare è un passo dietro l'altro davanti al cimitero, all'ombra dei cipressi; è il canto della cicala, del grillo. Il mio essere attore. È carne e sangue e vene che pulsano. È un orgasmo, è lo spazio di un respiro. Un viaggio in coito con l'essere. Il mio andare per boschi a sentirne più forte la voce, un po' voyeur.
La mia religione non è oro né corallo. È invece la paura e il coraggio di essere uomo, di ridere e mangiare pasta scotta; è l'automatismo peristaltico.
È un cane che sta morendo sotto al ramo di un gelso, la mia religione è un soffio, la mia chiesa il mondo. E io non so più se sono il cane o l'albero, se sono te o dio. Se l'abisso.
Sempre un dignitoso niente. La mia religione è un niente.
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