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La parola dell’occhio

Narrativa

Marco Furia (Biografia)
Edizioni L’Arca Felice

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 04/10/2013 12:00:00

 

Un libro, questo, davvero molto bello, da leggere, e da non riporre mai, una specie di museo personale, tra le cui pagine passeggiare ed incantarsi, ogni volta che vi si entra. Dodici famose tele, elencate sotto il nome dell’autore, fra cui notiamo una preponderanza di Turner, che coprono un arco di tempo dal 1747 al 1910, quindi con una certa eterogeneità, che rende il libro capace di percorrere epoche e stili in modo trasversale. Di ogni tela il poeta fa una descrizione, a grandi linee, indicando al lettore quali sono i punti focali su cui soffermare lo sguardo; poi Furia prende per mano lo stupito visitatore e, letteralmente, lo porta all’interno del quadro. L’autore stabilisce, per mezzo della sua raffinata poetica, un punto di vista unico ed essenziale da cui ammirare e capire l’opera. Le descrizioni, se così si possono chiamare, sono in prosa ma gli accenni sono fortemente poetici; mai didascaliche, mostrano al lettore tutta la forza evocatrice delle tele, evidenziandone aspetti insoliti, spesso irraggiungibili con uno sguardo abituale. Il poeta si fa pittore e ridipinge a sua volta i celebri quadri, restituendoli ammantati della forza poetica dei medesimi. Ogni quadro diventa – o ritorna – poesia, viceversa, ogni brano diventa un quadro in una simbiosi unica, sensazionale, che rapisce il lettore dotandolo di occhi nuovi che lo trasportano al fianco del pittore nel magico momento della creazione artistica. Il libro non vuole essere un catalogo d’arte, ma una raccolta poetica che fa poesia proprio nell'intima fusione fra immagine e testo. Mi viene da pensare che l’autore dia degli ingredienti segreti a ciascun lettore rendendolo capace di creare egli stesso la sua poesia, dettata dalle immagini e dalle parole ma fatta dello stesso materiale della bellezza e dell’incantamento.

 

Casa in Provenza, di Paul Cézanne

 

Come esempio prendo, da pagina 9, Cézanne 1885 – 1886; subito apprendiamo che Tra il 1885 e il 1886, Cézanne dipinse ‘Casa in Provenza’; segue una descrizione intima di quel che appare nel quadro, quel che è sotto gli occhi di tutti, ma che messo a fuoco da Furia ci appare come nuovo, lo ‘de-ignoriamo’. Poi l’autore inizia a svelarci quel che è sensazione, che filtra dalle immagini e che un animo predisposto e sensibile riesce a cogliere, L’aspetto non è quello di una casa abbandonata./ Un silenzioso, ininterrotto, rapporto lega tra loro muri e rocce. Un rapporto silenzioso, far emergere il silenzio da un quadro, muto per antonomasia, è operazione da mente sublime, ma una volta sottolineato il silenzio del quadro ci appare con tutta la sua forza. Poi, usando la stessa tavolozza di Cézanne e lo stesso materiale, Furia inizia a dipingere per il lettore lo stesso quadro, rendendolo poesia, e al contempo rivelandone l’essenza intima. La fatica è rappresentata in maniera diretta ma anche intima: quei campi richiedono impegno e sudore, sicché il riposo nella frescura dell’abitazione non è gratuito, è meritato. / Come sa bene quel contadino che non vediamo, la natura, lungi dall’essere inerte materia, è viva entità. Il contadino col sudore della sua fronte, elementi non direttamente presenti nel quadro, ma evocati dalla sensibilità del pittore e del poeta, completano il quadro, danno tridimensionalità e sostanza al dipinto. Ora il dipinto ha assunto un nuovo aspetto, ha profumi, odori, vita, Furia, a ragione, può chiudere il capitolo su Cézanne dicendo Immagine di una semplice casa di campagna, di un terreno coltivato, di un bosco, di un albero isolato e di una parete di roccia, immagine che difficilmente potremo dimenticare.

E altrettanto difficilmente potremo dimenticare questa bella plaquette, fatta di quadri, di prosa e di poesia ma soprattutto fatta di amore, sensibilità ed arte.

 


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