Nel giaciglio d’ombre delle lacrime,
la mia pena vegliava insonne,
e il corpo emaciato
sbucava, tremula candela bianca,
sul punto di spegnersi al fato.
Ma dal caldo fuoco del cuore,
più duro d’una rocca antica,
s’innalzò favilla di brama in speme,
che vinse la tenebra al soffio di luce.
Come antenata quercia piegata
da venti sgarbati senza sentiero,
restai saldo, come radice di speme
nel grembo della terra feconda.
Il male fu drago nelle mie carni,
il sangue, mia spada trionfante,
lo spirito, scudo di guarigione,
temprato nel pianto di liberazione.
Ora cammino sulle mie certezze,
pellegrino di luce tra le crepe,
con la fronte alta alla velata vita
e col petto ardente di brama d’amore,
tessendo una corona di volontà,
forgiata nelle fiamme dell’angustia,
che non mi ha consumato l’anima,
ma, restituendomela, io rinaqui.
Laura Lapietra ©
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