Nati come semi del miracolo
sotto lo stesso contado,
abbiamo spinto le nostre radici
nella stessa calda terra fertile.
Tu cercavi il calore del sole,
io l’ombra del sollievo,
ma la gemma della linfa
era la stessa,
e ci parlava nel silenzio delle stagioni.
Ogni litigio era un pugno di vento
che spiegava i nostri rami,
disperdendo le nostre foglie colorate,
strappando i nostri frutti
maturi alla comprensione
del perdono,
ma non spezzava il tronco
che ci legava uniti, più forti,
contro le intemperie che ci sfidavano.
Ho imparato il tuo passo
nel buio dei giorni senza raccolto,
tu hai ascoltato il mio respiro
quando tacevo nel canto della vita.
Le nostre parole, pietre nel fiume,
hanno levigato il tempo
fino a diventare carezze
nella gioventù che ci abbozzava
fratelli per la vita che disegnava
pian piano le nostre rughe
tra i capelli bianchi degli anni.
Siamo stati tempesta e rifugio,
due fari che si cercano nella nebbia.
Ti porto addosso scolpito
come un odore d’infanzia,
invisibile ma eterno
come la pioggia sulla pelle.
Quando cadi, io tremo,
quando rido, tu mi abbracci
col calore dei tuoi occhi,
perché il legame di sangue
non conosce distanza che separa.
Crescere insieme è solo
un allontanarsi per ritrovarsi
con nuove vite al proprio fianco
senza spezzare mai
l’origine del cuore che pulsa affetto.
Siamo due rive che si guardano
nello stesso specchio d’acqua,
e quando il mondo farà silenzio,
resterà la nostra voce, sottovoce,
una radice che muore l’uno per l’altro.
Laura Lapietra ©
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