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L’acchito

Narrativa

Pietro Grossi
Sellerio Editore

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 30/05/2008

Il protagonista del romanzo, Dino, vuole assolutamente imparare a giocare a biliardo e chiede all’imbattibile Cirillo di insegnargli. Cirillo pone come condizione per concedere a Dino il suo insegnamento, che quest’ultimo impari a fare perfettamente l’acchito, ovvero colpire la palla dalla posizione di partenza e farla ritornare con precisione millimetrica nella stesso punto; cosa che riuscirà a Dino dopo numerosi tentativi e che sancirà l’inizio della sua amicizia con Cirillo. Il protagonista ha come altra grande passione, oltre alla stecca, la sua professione: il ciottolaio, ovvero colui che lastrica di ciottoli le strade, e nella sua vita non può mancare un grande amore, quello della moglie con la quale progetta lunghi viaggi che rimangono solo raccontati in un quaderno.
Dino vive la sua vita con orizzonti che lo riempiono di serenità, acciottolando le strade egli vede aprirsi dinnanzi a sé una strada che lo può condurre lontano; sul tavolo verde le linee percorse dalle palle gli ricordano strade e rotte verso mete lontane, e con la moglie, dopo anni di orizzonti fittizi ed immaginati, ha finalmente un traguardo concreto: la nascita di una figlia.
Un mattino però arriva la ferale notizia, i ciottoli non sono più economici e verranno sostituiti dall’asfalto, sembra che sull’orizzonte di Dino cali un nero sipario di (puzzolente) bitume. Da questo momento in poi il punto in cui Dino vedeva l’orizzonte comincia a spostarsi, le linee percorse dalle palle sul panno del biliardo non sono più quelle di un tempo. Tutto il mondo del protagonista compie una rivoluzione, abbandona il lavoro diventato opprimente e che gli appare come una strada sbarrata di nero e partecipa ad un torneo di biliardo, facendo debordare dal tavolo verde quelle linee compiute dalle palle per lasciarsi condurre da esse verso una nuova prospettiva di vita e una nuova presa di coscienza che lo porterà verso un nuovo se stesso. In una notte sola sola Dino dovrà misurare la proprio amicizia verso un ex collega, aiutandolo a fuggire, e al termine di questa impresa, tornando a casa dovrà misurarsi con un immenso dolore, la morte della moglie. A questo punto Dino si ritroverà solo, con una figlia nata prematuramente, e troverà la fiducia e la forza di continuare la sua vita nel ricordo della moglie e dei quaderni in cui lei descriveva minuziosamente i viaggi immaginati, come se in qualche piega del tempo questi viaggi fossero stati vissuti veramente.
In un momento tutto si mette in moto e comincia a muoversi come percorrendo il bordo di una spirale che porterà Dino ad un punto di perdita dei vecchi riferimenti tale che anche quello che sembrava un termine assoluto, l’acchito, guardando bene non lo è più, la palla non torna mai nell’esatto punto da cui è partita, qualcosa avviene sul suo percorso che la rende differente, come Dino, percorrendo la sua strada è divenuto diverso.
Il libro è stato scritto da un giovane (è del 1978), alla sua terza prova letteraria, ma dimostra già una grande capacità narrativa e una notevole abilità nel farci percepire, durante la lettura, anche i minimi cambiamenti di atmosfera con il mutare delle situazioni emozionali dei personaggi. Grossi ha la grande capacità di portarci accanto ai personaggi del libro e farci vivere con loro le stesse sensazioni, il linguaggio è molto efficace e ben curato, mai lezioso o troppo saccente, ma molto diretto e godibile. Ha molto colpito la capacità dell’autore di rendere quasi tangibili gli odori con belle descrizioni. Il libro e, soprattutto, il suo autore sono già meritatamente famosi, e, ça-va-sans-dire, si attende il prossimo lavoro per avere una conferma del suo talento.

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