Guido Brunetti
C'era una volta...il "dottore"
C'era una volta.. il "dottore". Che portava con sé valori considerati un patrimonio "irrimediabilmente" perduto. Un mondo che si fa fatica a riconoscere. L'onesta e garbata faccia del dottore di famiglia. L'umile, povera e misconosciuta figura del medico condotto, accompagnata da una "profonda coscienza affettiva e buono a tutto fare" (E. Shorter).
Oggi- come rileva con amarezza e rimpianto Cosmacini, medico e storico della medicina- il "dottore non c'è più". E' una figura "scomparsa". Che è entrata in "dissolvenza, consumata, consunta, talora superstite in qualche sconosciuto esemplare".
In realtà, il medico e la medicina, chiamata "arte lunga" o "arte della cura", hanno una storia antichissima. Comincia con la mitologia curativa degli dei dell' Olimpo, dai guaritori e sciamani dell'antico Egitto e della Babilonia, attraversa il sapere medico greco-romano e medioevale e giunge sino alla "rivoluzione" terapeutica, biotecnologica e genetica dei nostri giorni.
La medicina ci è nota attraverso i poemi omerici (IX sec. a.C). La malattia ha una connotazione magico-religiosa. Essa non fa parte della natura umana, ma è inflitta dagli dei come "castigo divino" a causa di una colpa dell'uomo.
La Bibbia afferma che la presenza del medico è un dono del Signore. E' Dio che dà al medico la capacità di guarire. "Onora il medico- dice l'Antico Testamento- perché il Signore ha creato anche lui".
E' soltanto con Ippocrate (460 a.C.), il padre della medicina, che il sapere medico perde qualsiasi potere divino e rifiuta ogni ricorso alle cure magiche. E' il cervello il responsabile della malattia. Le patologie sono ritenute come rottura dello stato di equilibrio dell'organismo umano. La cura si basa sull'indagine diagnostica, ossia sull'osservazione dei sintomi del malato.
L'età contemporanea è contrassegnata da un progre scientifico-tecnologico sempre più rapido e inarrestabile. E' in atto una "rivoluzione scientifica" destinata a sconvolgere non soltanto i metodi di diagnosi e cura in medicina e psichiatria, ma la nostra visione dell' uomo e del mondo e i nostri millenari principi e valori a cominciare dai sistemi filosofici.
La rivoluzione terapeutica dei farmaci e dei vaccini e la rivoluzione dei sistemi diagnostici hanno generato un cambiamento di rotta del ruolo del medico con "ricadute negative" (Cosmacini) nel suo rapporto con il paziente. Si è verificato un cambiamento traumatico.
La medicina moderna ha acquistato in tecnologia quel che ha perduto in "umanità".
C'è una forte esigenza di "umanità" e "umanizzazione". Ma tale esigenza contiene un vistoso paradosso: quello di dover rendere "umano" ciò che umano e soltanto umano dovrebbe essere per "statuto e definizione, e che invece si ammette essere "scaduto" a "disumano".
Una cura cioè stravolta in "incura".
L'antico rapporto interpersonale è stato dunque sostituyito con troppa disinvoltura da un insieme di tecniche diagnostiche e il ruolo del medico è "ridotto" a quello di "burocrate" (Andreoli). Il quale si limita a richiedere gli esami, spinto spesso dal bisogno di prevenire eventuali attacchi alla sua persona più che dall'ingteresse per la salute del paziente.
Un comportameto insicuro.
E un medico insicuro determina una medicina ansiogena, una medicina del silenzio.
Una barriera che cala tra medico e assistito.
Il risultato è una progressiva "de-professionalizzazione" del medico con la privazione di ogni rapporto interpersonale empatico. continua
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