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Dall’oralità alla scrittura a video (litweb)

Argomento: Letteratura

di Bruno Corino
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Pubblicato il 06/02/2022 07:56:13

Il grande studioso di storia della cultura, Walter J. Ong (1912-2003), ha saputo magistralmente analizzare cosa ha implicato il passaggio dall’oralità alla scrittura in molti generi d’arte: nella lirica, nella narrativa, nel teatro, negli scritti filosofici, nella storiografia, ecc. ecc. In particolare, ha saputo analizzare gli effetti che prima la scrittura, e poi la stampa hanno avuto sulla narrazione. Chiunque volesse approfondire questi temi rimando al suo testo fondamentale: Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola (1982), dove troverà delle intuizioni ancora valide e tutte da esplorare. Analoghe implicazioni sono sottese nella scrittura litweb.

Naturalmente, ci sarà sempre qualcuno in giro disposto a credere che non ci sia nessuna mutazione in atto, che quella struttura conserverà le medesime caratteristiche, sia quando appare stampata che quando appare sul web. Ognuno è libero di credere ciò che vuole. Anche nel periodo di transizione dal manoscritto alla stampa erano in molti disposti a credere che la trasformazione avrebbe toccato soltanto il lato “quantitativo” delle opere stampate, senza intaccare quello qualitativo (o strutturale, come qui affermo).

Purtroppo, poi non sono vissuti così a lungo per potersi ricredere! D’altro canto, preciso che tra quantità/qualità esiste sempre un reciproco rapporto dialettico, non sono due aspetti separabili del problema, come comunemente si vuole credere: la quantità modifica la qualità, e viceversa. Ma lasciamo perdere, e torniamo alla questione principale.

La scrittura a video ha rivoluzionato il modo di scrivere. Anzitutto, è saltata la “chiusura operativa” del testo. Il testo a video è un testo aperto, sottoposto a continue e infinite sollecitazioni. Walter Ong scriveva che “la stampa incoraggia un senso di chiusura”. Questo processo era già stato avviato dalla scrittura, ma si affermò con maggior forza dalla stampa. Senso di chiusura vuol dire che un pensiero o un’opera narrativa è circoscritta al testo, ossia che il “testo” a stampa è separato completamente da tutto il “contesto” che l’ha prodotto. Senza questa netta separazione, il testo non poteva essere concepito come un’unità autonoma, dotato di un intrinseco valore interpretativo. Per “comprendere” un testo, almeno a livello letterale, il lettore ha bisogno di conoscere soltanto il “codice” linguistico e culturale usato dall’autore.

Una volta che il “testo” è dato alle stampe, l’autore non ha più la possibilità di intervenire: il testo si separa dal suo stesso autore, e questo provoca quel senso di estraneazione che l’autore prova quando legge un suo testo stampato. Naturalmente, finché l’autore è in vita, può modificare il testo, facendo stampare una seconda, terza, quarta edizione, e così via, ma ogni nuova edizione s’impone come un testo compiuto. Altro particolare: di ogni variazione che il testo subisce nel corso del tempo rimane traccia, e possono essere registrate con cronologica precisione. Ad esempio, se prendiamo in esame la novella di Verga, Rosso malpelo, possiamo confrontare il testo del 1978 con quello del 1897 e osservare alcune significative variazioni apportate dall’autore. Tuttavia, anche se i due testi hanno subito delle modifiche sostanziali, entrambi si ponevano come testi “chiusi”.

Cosa accade, invece, quando analizziamo un testo litweb? Anche qui osserviamo lo stesso senso di chiusura operativa messo in opera dalla stampa? Dunque, una prima differenza da notare è la difficoltà dovuta al medium di postare un “testo” lungo: la lettura su carta non è affatto uguale a quella su video. Il libro a stampa è un oggetto che può isolarsi da tutti gli altri oggetti. Il testo a video vive in un ambiente dal quale non potrà mai isolarsi.

La lettura a video ha fatto saltare tutti i criteri interni di differenziazione. In una mezz’ora trascorsa davanti al computer abbiamo la possibilità di visionare dieci quindici testi senza soffermarci su qualcuno in particolare. La lettura a video è segnata da queste caratteristiche: velocità e molteplicità. È chiaro che leggere su video un testo molto lungo è assai improbabile. Per fare un esempio, se io “postassi” l’Ulisse di Joyce ne mio blog dubito di trovare un solo lettore disposto a leggere l’intero testo da cima a fondo!

La velocità e la molteplicità dell’offerta narrativa inducono l’autore a costruire testi narrativi piuttosto “brevi”, ma altrettanto autonomi e completi. Il tentativo è sempre quello di poter isolare un testo da tutto un contesto. Ma di fatto nel testo a video ciò non è possibile. È soltanto un’illusione.

Il testo a video non sarà mai un testo autonomo, chiuso. Vivendo in un ambiente aperto sarà continuamente soggetto a ulteriori sollecitazioni, perché da quel testo originario si diramano altri testi, sotto forma di commenti, chiarificazioni o interpretazioni. Si torna, in sostanza, a una concezione medievale del testo, quando intorno al testo originario si scrivevano glosse e commentari, che, a loro volta, diventano essi stessi testi che alimentavano altri testi. Il testo a video tende a coinvolgere il lettore, trasformandolo in coautore del testo. Il testo a video fa saltare la differenza tra autore/lettore, poiché lo induce ad essere trasportato nel testo a farsi esso stesso autore di un testo che può a sua volta alimentare altri testi.

Dal momento molti autori prestati al video provengono dal mondo della carta stampata, quando scrivono testi a video propongono gli stessi modelli e gli stessi modi di scrivere che hanno imparato leggendo libri a stampa. Non si accorgono che la scrittura a video risponde a tutte altre logiche di costruzione del testo che nulla hanno a che fare con quelle del testo a stampa. Credono in sostanza di poter scrivere un testo autonomo come se fosse destinato alla stampa. Scrivono insomma come se il testo fosse destinato ad essere stampato e non “videoato”.

Il fallimento di tale modo di intendere la scrittura si nota soprattutto nella scrittura lirica. Nei secoli, infatti, il testo che più di ogni altro ha teso verso la chiusura operativa è stato proprio quello poetico. Questo è quello che più di ogni altro doveva fondare il suo valore espressivo sulla esibizione del proprio autonomo contesto. La poesia, diciamo, era il testo che a maggior ragione doveva fondare il suo esserci su un maggior senso di estraneazione da tutto un contesto storico e reale. Questo senso di estrazione doveva essere pari alla dimostrazione di un teorema matematico: pura bellezza esibita sulla potenza della propria capacità dimostrativa o, nel caso della poesia, sulla sua pura capacità espressiva. Ma mettere un testo che richiede la massima chiusura operativa in un contesto sollecito ad aperture continue risulta un controsenso. Infatti, non a caso l’unico effetto che tali liriche riescono a suscitare in chi le legge è un involontario effetto comico. Anche la lirica più drammatica non sfugge a questa regola. Ancor più comici poi sono quei commenti che si scrivono ai suoi piedi. Addirittura, possiamo dire che più s’usa un linguaggio teso, ermetico, più l’effetto comico è assicurato.

Ottenere autonomia e completezza con un testo più breve implica una maggior “chiusura” rispetto a un testo a stampa, vale dire una maggiore “decontestualizzazione”. Un testo “lungo” permette una dose maggiore di informazioni al lettore, una cornice, potremmo dire, molto più ampia entro la quale l’autore può collocare e sistemare meglio i personaggi, la storia, lo svolgersi dell’azione, l’intreccio, può dilungarsi con maggior dovizia di particolari a descrivere luoghi, scene, personaggi, ecc.

Penso a un’opera quale I promessi sposi di Alessandro Manzoni: una sorta di pluriromanzo; storie che si intrecciano con altre storie all’interno però della storia principale. Ma la letteratura ottocentesca poteva concedersi il lusso di rallentare lo sviluppo dell’intreccio con pagine e pagine di descrizioni senza intaccare la lettura del testo. Poteva farlo perché i ritmi di lettura era rallentati dalla pagina a stampa. Ma quando cambiano i ritmi di fruizione di un testo, se diventano più rapidi e veloci, cambiano anche i ritmi di composizione.

Ciò che sto scrivendo, Edgar Allan Poe l’avevo intuito più di un secolo e mezzo fa a proposito della poesia nella sua Filosofia della composizione. Scriveva, infatti, Poe che “se un’opera letteraria è troppo lunga per essere letta in una sola seduta, noi dobbiamo rinunciare all’effetto, immensamente importante, che è dato dall’unità d’impressione, perché interferiscono nella lettura le faccende del mondo e, così, ogni cosa in quanto totalità è distrutta”. Poe intuiva che i ritmi della vita moderna stavano accelerando. Che i tempi di lettura si accorciavano. I poemi-fiumi erano ormai fuori corso.

Le osservazioni riguardanti la composizione dell’opera di Poe sono state completamente realizzate e superate nell’epoca della litweb: il testo eccessivamente lungo nel web non funziona. La fatica e l’attenzione richieste al lettore sono troppo onerose per essere sopportate. È improbabile trovare un lettore disposto a sopportare tali fatiche, fosse anche un grande autore, quale Dostoevskij, ad esempio, non credo che esista un lettore così paziente. La questione potrebbe essere risolta se il lettore “si stampasse” tutti i racconti che ha intenzione di leggere, ma capite bene che è una soluzione poco praticata e praticabile.

Quindi, parlando di una maggiore chiusura di un testo a video rispetto a un testo a stampa, mi riferisco ovviamente a una “chiusura testuale”, cioè un testo narrativo non può operare fuori dai suoi confini: è il testo in sé che deve offrire tutti gli elementi per essere compreso. La storia, lo sviluppo, i personaggi, ecc. devono essere tutti compresenti all’interno del testo, ma dal momento che il testo deve presentarsi piuttosto breve, il testo narrativo presenta le caratteristiche di una tranche de vie, di un frammento, o di un pezzo di esperienza estrapolato da tutto un contesto di cui s’ignora completamente l’esistenza. Un esempio di questo genere di scrittura può essere il mio L'ultima notte di cielo stellato. Scrittura breve e concentrata in una sola unità d’azione, testo fortemente evocativo (il titolo stesso rimanda alla vita del pittore), effetto dato dall’unità d’impressione, totale affidamento all’“enciclopedia” ideale del lettore. È chiaro che molti scambiano questo tipo di scrittura come prosa poetica (riportano cioè questo tipo di scrittura a qualcosa di noto), ma in realtà si tratta di litweb, cioè di scrittura a video: di una scrittura rapida, intensa e fortemente suggestiva.


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