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Come eravamo

di Marina Pacifici
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Pubblicato il 13/06/2011 07:49:58

La Memoria
talamo insonne di spine e setosi petali,
abbaglia il cuore in ricordi
ed immagini immortali,
evocati dal calore d’una perduta voce.

E s’addipana
il filo della Storia
e ci ritroviamo all’arcolaio a filare i ricordi
nella stanza grigia e anonima di giorni mesti e sordi.

Vestiamo l’abito di fatica
di operai della Rimembranza,
disincantati tessitori
di smarriti amori e perduti ideali ardori.

E vola il pensiero
Più in alto della burrasca
Oltre ogni distanza.


Lenti nella polvere
barbagli di sole.,
dardi di Luce
son passati inesorabilmente
nella girandola del Tempo gli anni.

E dai filmati in bianco e nero
forte, sicura, ferma
s’alza ancora la tua voce
di leader autentico e fiero.

L’ultimo segretario generale
nell’abbraccio appassionato della folla,
l’alta marea di commozione che travolgente sale.

“Compagni,
lavorate casa per casa,
strada per strada,
azienda per azienda”.

La folgore improvvisa
il malore,
l’aggravamento, il decesso.

T’attendeva quieto il riposo
il camposanto di Prima Porta,
all’ombra d’una maestoso cipresso.

Accorse il Presidente
l’anima incredula, in fiamme
di un ex combattente per la Libertà.

Il bacio suo paterno
sulla fronte tua
ormai gelida nel soffio della morte,
la tenebrosa signora dispiegava le ali già
nel cielo d’estate delle rondini incredule le grida.

L’ultimo volo
sull’aereo presidenziale
l’Italia attonita
assisteva
nell’alba incredula dalla frenesia irreale.

Pioveva a Roma quel giorno,
una bacio di stille scontillanti
ad ammantarti come un sovrano
nel malinconico ritorno.


A salutarti i mesti filari
di pini marittimi,
a darti l’estremo, commosso saluto i primi.

Vola la memoria
alla folla assiepata, fremente
nella gremita Piazza San Giovanni,
l’ondeggiare commosso della gente,
la carezza scarlatta delle bandiere.

Il corteo funebre
le note alte dell’Internazionale,
il bacio del Presidente Partigiano
al feretro
“il più amato” volato inesorabilmente lontano.

Minuto,
mite,
tenace timoniere
oltre la burrasca
il tuo sorriso forte e fiero
di resistente e partigiano
conquistava l’orizzonte
nella giava d’infinite sere.

E la folla ti salutò,
oltre un milione,
in una selva di pugni levati
dispiegate come audaci vele al vento le rosse bandiere
l’assolo dell’emozione.

E del Comitato centrale
lo stato maggiore.

Nilde Iotti ammantata di lutto
tornava la Memoria
alle esequie del Migliore
nell’impetuoso flutto
della storia.

La tua scomparsa
l’afasia
la diaspora
il grande freddo,
orfana del Padre Storico
la sinistra smarrita e disorientata
a cercare il coraggio e la coerenza delle tue idee
e l’audacia ferma
nel sospiro del cielo indaco
di novella idealità.

Nella bruma caliginosa degli anni,
nella malinconia viva dei ricordi
il palpito scarlatto
delle bandiere a Piazza Giovanni,
la selva di pugni in alto levata,
le note dell’Internazionale fra le lacrime dalla folla sussurrata.

Quel lontano 13 giugno
nel nome tuo,
“il più amato”
sempre vivida resterà
nel rosso sorriso della bandiera,
nella selva di pugni
dei Partigiani,

che alfine
nel bacio di primavera
impavidi e audaci
entravano nelle città
in avanguardia di Libertà
a far volare lontano il vento ed i sogni
nel respiro d’idealità della sera.

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