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seconda parte Elogio del cinque

Argomento: Musica

di Anna Laura Longo
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Pubblicato il 07/12/2023 13:54:17

Addentellati strettamente pedagogici con reminiscenze e attualizzazioni di pratiche educative
In ambito didattico è stato assorbito e ampiamente riconosciuto lo stile educativo elaborato da Laura Bassi nella prima metà del Novecento e racchiuso in Ritmica integrale - Gioco e movimento nella prima educazione musicale (RICORDI). In particolare sono note le schede contenenti i cosiddetti "disegni ritmografici" dotati di rappresentazioni grafiche di suoni e pause, che si avvalgono di svariate ipotesi di tipo grafico-visivo con possibili interpretazioni motorie del fatto musicale. Esse conducono in direzione di un leggero "sommovimento" nella ricezione e nella riformulazione della scrittura ritmica abituale, sottoposta a integrazioni di vario tipo. La ritmografia, scaturita anche da una conoscenza del pensiero dalcroziano, risulta interessante per il fatto di basarsi su atti motori adeguati, spesso in correlazione con suoni accentuati e non. In pratica essa dà modo di arrivare a sentire mediante il movimento, prestando quindi attenzione alle relazioni tra ritmo e spazio. In particolare, il tipo di scrittura ritmica a cui stiamo facendo riferimento (e da cui come è noto sono poi sorte numerose e ulteriori ricerche pedagogiche nel corso degli ultimi decenni), non fa ricorso soltanto a figure musicali tradizionali ma, invece, si avvale di molteplici integrazioni che riconducono in direzione di segni, figure geometriche o disegni veri e propri,  più o meno elaborati, per consentire di intuire la presenza di accenti di vario tipo e per assorbire in forma esperienziale il concetto di battuta. L'occhio può essere coinvolto unitamente all'apparato motorio e uditivo. Abbiamo a disposizione, ad esempio, diverse tavole che sfruttano la figura del triangolo e del quadrato (per creare pattern appositi, consequenziali o sovrapponibili) e dove esiste una corrispondenza diretta tra i lati che costituiscono le figure geometriche e i principali tempi della misura, collegabili, in genere, con il valore di semiminima. Queste tabelle, utilizzabili  eventualmente sia da adulti, sia da ragazzzi e bambini, spesso hanno la funzione di avvicinare geometricamente al concetto di pausa mediante l'eliminazione alterna proprio di alcuni lati della figura proposta come punto di riferimento. Alcuni casi di questo tipo si ritrovano in più punti, all'interno del secondo volume di Ritmica integrale.
Ebbene sulla base di quanto già enucleato nella prima parte del presente scritto, volendo trovare ancora  e nuovamente appoggio in un circuito di suggestioni legate al metro quinario, potrebbe essere interessante provvedere a un'attualizzazione delle procedure suggerite da Laura Bassi (la quale non contempla altre figure geometriche al di là del quadrato) e arrivare a costruire esercizi, partiture ed esperienze di approfondimento ritmico analogo, facendo però leva sulla figura del pentagono (prevedendo dunque una corrispondenza con la misura del 5/4).
Non sarà dfficoltoso poi proseguire includendo anche la figura dell'esagono (per il 6/4) e così via fino a raggiungere almeno l'ottagono o provvedere a perlustrazioni ulteriori, dotate di un'ampiezza ancora maggiore. Nuove partiture ritmiche di tal genere potranno quindi con facilità indirizzare verso paesaggi flessibili, con oscillazioni e sollecitazioni interessanti che muovano da un metro a un altro. Tali partiture di tipo informale saranno di ausilio per una realizzazione sonora effettiva, mediante l'uso di strumenti appartenenti soprattutto alla sezione dello strumentario ritmico.
Per generare alternanze utili, sarà pur sempre affascinante,  di tanto in tanto, fuoriuscire dal concetto stabile di battuta e inoltrarsi, senza difficoltà, su territori oltremodo de-misurati.
Un arricchimento ulteriore che potrà essere facilmente apportato, rispetto alle pratiche suggerite da Laura Bassi,  riguarderà inoltre lo scavalcamento della semplice figura di semiminima (raffigurata, come già detto, con un singolo lato all'interno della figura geometrica presa in considerazione). Come minimo si potrà provvedere a creare delle segmentazioni dei vari lati, in modo da arrivare a contemplare una rappresentazione grafica anche delle crome (per poter costruire duine e altresì terzine). Gli esercizi ritmici si avventaggerebbero in questo caso di un livello di complessità maggiore.
Restano inoltre da segnalare anche i diversi esempi di ritmogrammi di stampo  creativo e quindi non propriamente  geometrizzati. Questi prevederanno volta per volta un andamento oltremodo libero che consenta di fuoriuscire - come già detto - da una visione meramente disciplinata e stabilmente ancorata al calcolo. Il confronto tra i due aspetti (quello essenzialmente libero e quello più disciplinato) non potrà produrre se non un arricchimento, restituendo un quadro per lo più completo e dinamico. Anche l'estemporaneità potrà continuamente procedere di pari passo con la conoscenza e con l'assimilazione della scrittura, generando una dimestichezza sia in un senso che nell'altro.
 
La dimensione architettonica per un arricchimento del tragitto
 
L'impiego della figura pentagonale (quale elemento costruttivo del fatto  ritmico-musicale e quale supporto essenzialmente visivo) potrà condurre anche verso la formulazione di un legame valido con l'achitettura. Da questo punto di vista potrebbe essere utile spostare l'attenzione in direzione di un approfondimento  degli aspetti progettuali legati alle torri pentagonali. Le piante o le mappe rispettivamente di edifici e di città del passato o della modernità, all'interno di un itinerario  di natura composita, potrebbero a tutti gli effetti fornire degli spunti visivi per l'elaborazione di tracciati ritmici adeguati. 
Qualche spunto di lettura potrà giovare in questa fase di integrazione. Potremo ad esempio seguire l'excursus  incentrato sulla vita e sulla  storia delle mappe delle città sviluppato da Marco Romano nel volume intitolato La città come opera d'arte (Einaudi). 
Va ribadito ancora una volta come, da un punto di vista pedagogico, il percorso fin qui impostato avrà lo scopo sostanziale di tirar fuori le e gli interessati dalla mera dimensione del calcolo o da una razionalizzazione puramente teorica, inducendo ad avvertire con maggiore forza, proprio grazie ad apporti di natura extra-musicale e  attraverso l'avvicinamento tra il senso della vista e quello dell'udito - cosa significhi far guadagnare una maggiore corposità a un ambiente  dato (nel nostro caso la misura musicale, attribuendole una sorta di fisicità o corposità intrinseca).
Di seguito vengono riportati due ultimi riferimenti, da ricondurre nuovamente verso il repertorio pianistico, questa volta di tipo più strettamente didattico, con ulteriori aspetti chiarificatori sul piano sonoro e visivo al contempo. 
Di Remo Vinciguerra  sarà utile prendere in considerazione  il brano intitolato Conto cinque, notando come, dopo una presentazione esplicita e chiaramente scandita del metro in 5/4, a partire da mis.9 il discorso sonoro vada ad affrontare con disinvoltura dei ritmi puntati e sincopati, con una larga preponderanza di legature di valore, di cui sarà richiesta una facile gestione. La raccolta da cui è tratto il brano si intitola Primo jazz (ed. Curci Young)
E infine potrà essere utile rapportarsi con il brano intitolato Changing Time tratto da Méthode èuropéenne (vol.I- ed. Schott) di Fritz Emonts, grazie a cui sarà fattibile notare musicalmente in cosa consista la differenza sottile, ma sostanziale, tra un metro alterno di 2/4 + 3/4 in confronto con un metro compatto in 5/4.
 
La relazione con lo spazio pittorico per un gioco di risonanze tra discipline
 
Un metro che si ponga al di fuori di un basilare 2/4, 3/4 o 4/4 ci racconta e ci mostra, in sostanza, la conquista di uno spazio fisico, uno spazio in primo luogo orizzontale inerente la strutturazione interna di una misura. Esso ci invita in pratica a cogliere e affrontare i connotati principali della misura stessa, in senso spaziale potremo dire. 
Per comprendere appieno il senso di un graduale ampliamento di tal genere e per poter guardare al fascino di un’organizzazione strutturale, in relazione alla misura nell'ambito del linguaggio musicale, sarà di aiuto servirci,  a conclusione di questo lungo percorso, di un felice innesto grazie all'arte pittorica, affidandoci a un vero e proprio gioco di risonanze tra discipline, come già indicato. 
Fornire una rappresentazione visiva sarà il primo passo da compiere. In questo caso si tenderà a valorizzare un procedimento impostato sulla base di un" accrescimento" consequenziale, che retroceda dapprima in direzione del due per poi riguadagnare corpo, ri-conquistando la dimensione del cinque, qui opportunamente approfondita.
Poniamoci quindi dinanzi a qualche specifico esempio tratto dalla tradizione iconografica e scultorea. Sarà utile tener presente come lo spazio pittorico - nel discorso che andiamo a intraprendere- venga paragonato a tutti gli effetti allo spazio della misura, da vedersi come ambiente o stanza dalle caratteristiche uniche e a sé stanti. Quello che emergerà quindi sarà soprattutto l'aspetto "costruttivo" legato alla presenza del cinque: un aspetto da ricollegare a una precisa scelta, estetica e sintattica,  distinta e distinguibile. 
Le figure umane a cui si farà riferimento, colte in posizione eretta, inginocchiata o seduta e per lo più equidistanti, presenti negli impianti scultorei, nei video e nei dipinti che stanno per essere citati, potranno venire assimilate alle unità di base della misura stessa – una semiminima in un tempo di base avente come denominatore il quattro o una croma in un tempo di base avente come denominatore l’otto-. La domanda da cui partire per generare delle agili similitudini in questa direzione potrà essere la seguente: come soggiornano le figure umane in uno spazio pittorico?
E, per converso, come si inseriscono – e quindi dimorano- le figure musicali (che siano minime, semiminime, crome o altro) nello spazio propriamente architettonico della battuta che sia oggetto di analisi?
Ebbene, l’Itinerario che va ora a costruirsi potrà passare proprio attraverso un’assimilazione visiva e, ancor meglio, attraverso una comparazione fattiva oltreché intrigante tra l'ambiente – misura e lo spazio del piano pittorico o scenico che dir si voglia.
L’itinerario seguente prevede in sintesi una graduale costruzione: alla base si ritroverà un criterio di ampliamento che proceda per singole unità aggiuntive, a partire dal concetto numerico del due. Come già indicato il procedimento passerà quindi attraverso una gradualità di scoperte e di raffronti tra aspetti visivi e musicali, sicché si potrà procedere passando rispettivamente dal due, al tre, al quattro e infine  pervenire al cinque, visto - nel nostro caso particolare- come traguardo.
Un'anticipazione potrà essere fornita dicendo che la nostra meta sarà il dipinto matissiano La Danse, che andrà pertanto a suggellare la traiettoria impostata, ponendosi come una vera e propria esemplificazione, compatta, di una misura standard basata sul cinque.
Va tenuto a mente il fatto che, quando un costrutto giunge ad essere  determinante e, in qualche modo, insostituibile sul piano estetico, siamo senza dubbio in presenza di un codice (e di un adempimento) di tipo strutturale. Ciò avviene in una scelta propriamente musicale, ma evidentemente anche in un contesto pittorico, scultoreo, architettonico, filmico, coreografico, scenografico e dinamico, in senso più generale. Quelle che sono state prese in considerazione sono dunque opere che inducono eloquentemente a riflettere sull’organizzazione di uno spazio interno.
Seguendo un’ipotesi di compenetrazione tra le arti sarà facile, per ciascuno e per ciascuna, arricchire in modo ulteriore il discorso nel suo dispiegarsi. 
 
Riferimenti sparsi per un'impostazione visiva e sonora anzitutto duale
 
Come punto di partenza, per generare un possibile itinerario fondato su successive ipotesi di accrescimento numerico, potremo ritrovarci a  osservare  e analizzare la categorica determinazione, in senso duale, rintracciabile nel dipinto intitolato L'Annunciazione di Domenico Veneziano (1445 circa).
in verità il topos dell'Annunciazione con facilità si presta a dare risalto al criterio numerico  fondato sul  due, quasi assolutizzandolo. 
Diversi altri esempi incentrati sul medesimo tema - oltre a quello citato - potrebbero adeguatamente essere assunti come punti di riferimento. Basti pensare, tra i tanti, ai risultati rilevabili nell'affresco omonimo di Beato Angelico (1440-60 circa).
Va qui sottolineato come le opere indicate rientrino tra quelle più celebri e, soprattutto, presenti nell'immaginario collettivo, per poter rendere agevoli le  transizioni necessarie e procedere speditamente nel discorso.
Si riportano le parole di un passo tratto dal libro di Michael Baxandall intitolato Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento (Piccola Biblioteca Einaudi):
[...]il dipinto risente dei tipi di capacità interpretativa -schemi, categorie, deduzioni, analogie- che la mente gli fornisce. La capacità umana di riconoscere un certo tipo di forma o un rapporto di forme influisce senz'altro sull'attenzione che l'uomo dedica all'osservazione di un quadro (siamo a pag.45).
Proseguendo in avanti così si legge: 
La mente del pubblico non era una tabula rasa su cui si potessero imprimere le rappresentazioni che il pittore dava di personaggi o di una storia; ogni pittore doveva misurarsi con un'attiva consuetudine di visualizzazione interiore (pag.57).
Anche nel nostro caso il riferimento, anzi il richiamo al fatto ritmico, va posto in relazione con una procedura di visualizzazione interiore e - in questo senso - è da intendersi come un richiamo " in potenza" pulsante, vale a dire agente e attivo soprattutto dal punto di vista interno. 
In musica, l'efficacia di un'impostazione esclusivamente duale, concisa e oltremodo stilizzata, la ritroveremo- tra i tanti esempi possibili - in Pendulum Music ( Musica per microfoni, amplificatori e performer)  di Steve Reich, risalente all'anno 1968. Un rimbalzo di un microfono da un interprete a un altro lascia di certo apparire come determinante e oltremodo focalizzante la scansione in due tempi, secondo un piano ipnotico e avvincente, anche da un punto di vista strettamente  performativo. Gli interpreti coinvolti - eventualmente anche più di due - si accingono ad entrare senza dubbio all'interno di un andirivieni altalenante,  e sono quindi vistosamente immersi in un contesto ampio e avvolgente di oscillazione vera e propria.
Infatti da un punto di vista "figurale " essi si dimostrano pronti ad assolvere a un ruolo-chiave nell'impostazione del gioco dirimpettaio, arrivando dunque a dare una validazione esemplare al criterio del due.
Un discorso analogo, da un punto di vista performativo, potrebbe valere per Gilbert  & George, in particolare nell'opera-performance The red sculpture (1975), dove è presente una costruzione dialettica fortemente emblematica e caratterizzante. Essa riguarda per l'appunto le due sagome e figure umane implicate e unitamente presenti. 
Di pari passo con un ascolto e con una visualizzazione delle suddette opere visive contemporanee, recuperando ancora una volta una sorta di ordine legato alla classicità, ci si potrà immergere nell'ascolto del celeberrimo motivo impiegato da Wolfgang Amadeus Mozart nel Tema con variazioni"Ah Vous dirai-je maman" (KV 265), da cui si dipartono, per l'appunto, le 12 variazioni in do maggiore dai contorni estremamente cangianti. Ebbene, questo tema costruito in 2/4, pur nella sua impostazione limpida e pressoché elementare, potrà dirci molto sulla fermezza articolatoria insita in un impianto costruttivo binario e, più in generale,  su una scansione tipicamente e puramente duale. Tempo forte e tempo debole affiancati nella più elementare alleanza si riveleranno pronti a dare corpo a una basilare cellula metrica, dove il macrobeat e  il microbeat si potranno stagliare con disinvoltura, nella loro categoricità, di fronte al nostro sguardo e al nostro orecchio. 
Sulla scorta degli approfondimenti e delle ipotesi visive  qui costruite, i due fondamentali battiti soggiacenti potremo probabilmente iniziare a sentirli via via più animati o, comunque, particolarmente avvincenti nel loro essere  pulsanti.
Slittando agilmente tra epoche, linguaggi e codici espressivi, potremo con un successivo balzo, sia storico che stilistico, raggiungere  l'artista americano Bill Viola. L'avvicinamento all'energia numerica ed esperienziale del due avviene  nella sua produzione con il video The Encounter.  Si tratta solo di uno dei possibili esempi da introiettare. 
Allontanandoci da un rapporto figurale prettamente riconducibile all'umano potremo anche citare di Pisanello Due cavalli (cod. Vallardi 2468) dove la scelta di raffigurare l'animale protagonista anzitutto in posizione frontale, ripresentandolo poi di schiena, potrebbe dare adito a un'interpretazione che spinga quasi verso una sottolineatura del tempo forte e del tempo debole, tipico per l'appunto di una concezione propriamente musicale.
Tornando nuovamente sul piano sonoro e volendo effettuare ricerche nelle pieghe di repertori di tutt'altro tipo, rispetto a quelli su indicati, potremo notare come molte conte e filastrocche desunte dal repertorio popolare, con una certa abbondanza, ci potrebbero venire incontro, consentendoci di ritrovarci in un'ambientazione chiara ed enucleabile. Una rievocazione di questi materiali musicali riconducibili all'infanzia ci darà prova di come la scansione molto accentuata (restituita dal canto o dalla conduzione mentale del fatto melodico) possa rendere possibile un'animazione interna del due, rendendo per lo più inconfondibile la scansione binaria.
Nell'ambito degli studi etnomusicologici può essere qui ricordato il volume intitolato Folklore musicale (Bulzoni editore) di Constantin Brăiloiu, che si avvale di numerosi riferimenti alla ritmica infantile e, in modo specifico, privilegia i repertori di provenienza per lo più russa, ungherese etc. Le manifestazioni vocali di cui si parla nel libro si accompagnano o meno a testi propriamente linguistici, proprio per stabilire delle interconnessioni in senso ampio tra musica e lingua. Il ritmo infantile - sostiene l'autore e ricercatore - è governato da una regolarità di strutture che la musicologia e, ancor più l'etnomusicologia, deve potere e sapere affrontare (e quindi analizzare). I principi basilari a cui si fa riferimento sono tra loro paragonabili e, in una visione propriamente comparativa, non può che prevalere una direzione sovranazionale  che riporti, anzi, a una natura universale.
 
In direzione del dispositivo ternario e quaternario
 
Nel nostro percorso, che consta di sostanziali accrescimenti graduali, volendo arrivare a dare un risalto effettivo all'elemento numerico del tre, potremo subito affidarci a un riferimento in termini di ascolto che vada in direzione di Maurice Ravel. Questo ascolto potrebbe preparare ancora una volta un successivo approccio visuale.
Di Ravel si potrà tener conto della raccolta intitolata Valses nobles & sentimentales. Propongo volentieri l'ascolto del brano n.3 (Modèré) grazie a cui è possibile collocarsi a ridosso di una cristallina scansione ternaria  che, da inizio a fine, rende possibile un'ambientazione particolarmente spianata e via via seducente, pur restando nel novero della limpidezza. Il tempo moderato consente di entrare facilmente in sintonia con le caratteristiche metriche. Le figure musicali portanti, vale a dire le tre emblematiche semiminime, affidate alla mano destra, anche in questo caso, divengono delle materie prime vere e proprie. Grazie alla loro presenza viene reinventata l'ispirazione legata al principio danzante, proposto qui in una veste soft, con tratti setosi ma, nello stesso tempo, dinamici. Vale la pena confrontare la versione pianistica con quella orchestrale dove ancor più appare affinato l'aspetto della levità, ampliando - in termini di sfumature - il dettato sonoro. Caratteristiche analoghe, rispetto a quelle appena enunciate, le ritroviamo nel brano n.6 (Vif) dove predomina un pianissimo di fondo. Ritmicamente, per ben tre volte, è presente un invito a cedere alquanto (Cédez à peine), salvo recuperare l'andamento inziale. Ciò comporta che sia presente una venatura vagamente languida. Lo richiede il compositore stesso scrivendo "Très doux et un peu languissant". Siamo nell'anno 1911.
Nel procedere in questo nostro cangiante itinerario va anche detto che, per facilitare la costruzione di congiunzioni e raggruppamenti tra i vari campi, è stato opportuno scegliere sistematicamente delle composizioni musicali che si potessero avvalere di uno spontaneo avvio in battere. Questo fatto consente, più che altro, di cogliere in modo estremamente efficace e agile l'immediatezza della struttura (rispettivamente binaria, ternaria, quaternaria e quinaria), a prescindere da  forme anche minime di elaborazione interna.
Si rivelerà quasi inevitabile, dal punto di vista dei riferimenti artistico-visivi legati al dispositivo ternario, provvedere a un accostamento con la scultura Le tre grazie di  Antonio Canova  (1812-1817) e, deviando in direzione della pittura, ipotizzare un aggancio con il dipinto omonimo di Pieter Paul Rubens, risalente al 1638 e conservato nel Museo del Prado (olio su tela, 221x181cm.).
Ma altrettanto disinvoltamente si potrà trovare appoggio nella pittura di André Derain di cui può essere menzionato il quadro, più che emblematico, intitolato Tre figure in un prato (1906-07): si tratta di un olio su tela di 55x33cm. conservato in Francia nel Musée de la Ville di Parigi.
L'approdo al quattro porterà, con libertà, in direzione di Pontormo: il titolo da tener presente sarà la Visitazione di Carmignano.
Musicalmente parlando, sul fronte del quattro, potremo avvalerci di un ascolto di Franz Joseph Haydn: l'incipit della Sonata in Do Magg. Hob.XVI:1,  e più che altro le tre misure iniziali, saranno di certo emblematiche. Con nitidezza e con solarità esemplare tale incipit va a delineare un tragitto che consta di quattro semiminime incisive (collocate proprio in un metro di 4/4). Attraverso una viva quadratura ed equidistanza, tali semiminime, trovano appoggio sui principali gradi della scala (tonica, mediana, dominante, tonica) assestando quindi la coloritura tonale in maniera inconfondibile e poi dirottando, in corrispondenza della seconda misura rispettivamente sui gradi di tonica, sottodominante, sopradominante e tonica. Il tempo in battere, grazie a un abbellimento cristallino, finisce per proiettare adeguatamente in avanti il flusso melodico, corroborando l'impianto della battuta stessa in virtù di una spinta decisa oltreché propulsiva. Va anche detto che il disegno tematico, di natura ascendente, è prioritariamente affidato alla mano destra, mentre la mano sinistra va, in questo caso, a generare una mobilitazione interna e quasi un'ebollizione, in virtù di un basso albertino che consta di quartine di semicrome che provvedono con evidenza a creare un'armonizzazione che funge da sostegno, come d'abitudine nella classicità. Naturalmente questo approccio presente nell'Esposizione, e in particolare nell'enunciazione del primo tema, torna vigorosamente  a manifestarsi nella sua incisiva chiarezza anche nel successivo Sviluppo, inquadrato da un'atmosfera lievemente più ombrosa in virtù del cambio di tonalità e infine nella Ripresa. Le quattro semiminime vengono dunque presentate come "cellule attive", ammantate di esuberanza e di vitalità musicale e quindi proiettate con spigliatezza verso il nostro orecchio.
 
L'approdo al cinque  attraverso un viaggio transizionale
 
Come già in precedenza accennato il nostro traguardo si proponeva di condurre verso un approccio conoscitivo del celeberrimo dipinto di Henri Matisse intitolato La danse, realizzato nel periodo 1909-1910. In quest'opera pur essendo  i corpi sbilanciati e in tensione appare ineludibile e memorabile la pregnanza del numero dispari del cinque, ravvisabile proprio nelle figure dei danzatori e delle danzatrici  coinvolti. I colori decisi, stigmatizzati  con forza dal pubblico del tempo, si sommano a una volontà di procedere in direzione di una rappresentazione quasi astratta del ritmo.
Per quanto concerne gli ascolti  incentrati sul criterio numerico del cinque si potrà facilmente tenere conto di tutti gli esempi già indicati nella prima parte del presente scritto, che delineano un quadro abbastanza ricco in termini di possibilità conoscitive. Due aggiunte meritano attenzione ovvero l'Invenzione n.III (Presto,leggero) di  Goffredo Petrassi, tratta dal ciclo di Invenzioni per pianoforte del 1944. Si fa vistosa in questa pagina pianistica l'onnipresenza delle crome che rispondono a un criterio metrico fondato per l'appunto su un 5/8, da suonare inizialmente in modo "molto legato e fuso", con un procedere che avviene per lo più mediante il moto parallelo, a distanza di più ottave o con passaggi a mani alternate. Lo staccato subentra, strada facendo, mediante accelerazioni o ritorni a un ritmo sostenuto. I segni di dinamica, dapprima collocati tra il piano e il mezzopiano, raggiungono ben presto l'energia percussiva del fortissimo, per poi quasi rifocillarsi in un nuovo pianissimo che non manca tuttavia di mantenere la perseveranza giocata proprio sul piano della scansione attraverso le cinque crome. Soltanto in pochi casi si verifica un passaggio verso un metro di 4/8 (nella fattispecie a mis.108 e a mis.110, con un'interpolazione intermedia di un 3/8 a mis. 109). ll "molto legato" si trasforma magicamente in un "legatissimo" verso la conclusione, a sottolineare proprio la progressiva fusione tra le note succedentisi, ripartite agilmente e velocemente tra ambedue le mani.
Risulterà utile  a questo punto osservare  anche la tipicità della scrittura di Désordre (Molto vivace, vigoroso, molto ritmico) di  György Ligeti. Il brano è desunto dal ciclo intitolato Études pour piano (Book I), in particolare si tratta del primo studio. Qui, pur non essendo presente un'indicazione metrica vera e propria (la struttura prescelta vede semplicemente come valore portante la croma), sarà  da notare l'insolita e caratterizzante distribuzione  degli ottavi in questione, di tipo asimmetrico. organizzati attraverso dei raggruppamenti che seguono l'andamento di un 3+5.
Si tratta di una sorta di principio ordinatore all'interno dell'atmosfera di disordine pur suggerita dal titolo. Noteremo inoltre come tra i gruppi di note, dotate - soprattutto inizialmente- di un movimento per gradi congiunti o allineate secondo intervalli minimi, si incuneino diversi accenti ribaditi mediante la presenza di ottave interposte. Queste ultime si rivelano pronte a offrire una sottolineatura marcata,  che si fa strada anche in senso melodico, seppur curvilineo.
Tornando nel territorio esteso legato alle arti mi piace qui citare, nuovamente, Bill Viola: in questo momento può tornare a donarci un  sostegno l'installazione Stations (1994), che si avvale proprio di cinque schermi osservabili su entrambi i lati e dove dei corpi maschili e femminili sono immersi in un liquido fino al collo.  La presenza del cinque andrà inquadrata su un piano prettamente ambientale, prevedendo un decisivo allargamento di campo.
Un ulteriore esempio di emblematica validazione del cinque, potrà essere la performance di Marina Abramović, incentrata su una configurazione di una stella a cinque punte, trasformata in una sorta di cicatrice indelebile, essendo incisa direttamente sulla pelle. Il riferimento è quindi a Lips Thomas, dove il corpo si fa protagonista assoluto. Di qui, un ulteriore collegamento potrà esser generato, in particolare con Rhythm 5, del 1974. Al numero 5 del titolo fa riferimento  nuovamente una stella a cinque punte, in vista di un'azione performativa ben più elaborata, ugualmente incentrata  su una rievocazione dell'energia prodotta dal dolore.
 
Alcune precisazioni riguardanti i collegamenti tra caratteristiche ritmiche e  aspetti propriamenti figurali
 
Sarebbe stato troppo semplicistico voler solo "associare" al fatto musicale e ritmico-numerico del due, del tre, del quattro e del cinque, delle corrispondenti presenze figurali, inquadrabili all'interno di un possibile dipinto, impianto scultoreo o altro.
Va pertanto specificato che le varie scelte contemplate, al fine di compiere una sorta di parziale assimilazione tra i valori musicali e le presenze figurali di tipo visivo, sono state dettate dalla presenza di una possibile comparazione sommaria, sia dal punto di vista dimensionale sia dal punto di vista posizionale. 
In Matisse, ad esempio, il dipinto intitolato La Musica, generalmente associato a La Danse anche da un punto di vista cronologico, non si presterebbe con altrettanta facilità  ed efficacia ad essere " musicalmente " analizzato secondo il nostro scopo di ricerca. Ci troviamo ugualmente di fronte a cinque personaggi in azione (l'elemento del cinque appare dunque con indubitabile evidenza), ma la collocazione spaziale prescelta, gli aspetti posturali decisamente diversificati, riguardanti i vari soggetti ritratti, l'elemento del distanziamento marcato all'interno dello spazio pittorico, così come la staticità imperante, non consentirebbero di rilevare una sorta di motricità fluente ovvero una scansione  suffragata da un qualche avanzamento, tale da ricondurre a una visione inquadrabile in una dimensione metrico- ritmica vera e propria.
Per ragioni analoghe- retrocedendo in direzione delle presenza numerica del due -  e restando a ridosso dell'iconografia del passato di stampo religioso, non potremmo - accanto a quelli dell'Annunciazione- inserire esempi basati sul tema della Natività o ancora di piú il genere " Madonna con bambino", pur molto esplorato e, soprattutto fortemente assimilato, attraversando le varie fasi epocali.
La vergine e il bambino che ne sono volta per volta protagonisti non presenterebbero infatti degli aspetti proporzionali adeguati, tali da ricondurre a un'istanza "ritmica" di natura metrico-binaria, di tipo squisitamente consequenziale (pur essendo invece di natura duale il tipo di rappresentazione offerto). Anche il criterio di sovrapposizione e di compenetrazione dei piani - il bambino lo si ritrova di norma adagiato  o disteso a ridosso del corpo materno- non lascerebbero rilevare una scansione per l'appunto consequenziale fortemente marcata, vale a dire una simmetrica ripartizione, rapportabile a una sorta di doppio battito, ricollegabile dunque a un'affermazione corporea e di presenza umana.  Idem per quanto concerne  il tema della Deposizione.
Pertanto l'aspetto costruttivo e visivo, che  nel nostro caso si colloca a ridosso di un terreno di similitudini, va prioritariamente ricondotto a un aspetto musicale vero e proprio. C'è da porre pertanto in evidenza - quale parametro altettanto determinante oltre al criterio prettamente numerico - la presenza di un "incedere"  interno anche di tipo sottostante: vale a dire uno spunto e una spinta di movimento in termini di percorrenza (o di scorrevolezza dichiaratamente consequenziale), anche soltanto evocato, in grado di riportare verso le tipicità musicali. Anche laddove non sia possibile riscontrare un'impostazione lineare o, più esattamente una componente o un " comportamento"  di allineamento strutturale orizzontale: è questo il caso de La Danse, che si affida in effetti a un vortice circolare da un punto di vista spaziale, quindi non orizzontale sul piano della composizione. 
Importante, tra l'altro, anche un livello di spaziatura minimo e un'equivalenza di rapporti tra le parti, per poter stabilire delle cadenze regolari.
Restando nel rigoglio del cinque, ma volendo vivere, per contrasto, un'assoluta esperienza di deviazione, presupponendo quasi una disintegrazione dei criteri  proporzionali potremo indirizzarci con sicurezza verso Pablo Picasso, dando attenzione a un capolavoro  legato al numero cinque. Si tratta, come è facile intuire,  del dipinto Les demoisselles d'Avignon. Il dispiegamento di volumi nuovi, accanto a una voluta distribuzione caotica  eppure estremamente affascinante delle presenze e delle concatenazioni, offrirebbero di certo all'occhio un interessante metro di confronto.
Le turbolenze dinamiche presenti in quest'opera sono adatte proprio a svincolarci da un assetto limpido e lineare, inquadrando una visione de-misurata avvinta da contorsioni e  basata, ritmicamente, su intersecazioni e dislivelli  in vario modo evidenziabili. A ben vedere le figure e i corpi addossati  si impongono  davanti all'occhio e vanno contro ogni consequenzialità,  dal punto di vista delle ripartizioni, e anche contro un'equivalenza degli elementi strutturali. Il proto-cubismo del resto si interessava proprio a una deflagrazione degli elementi precedentemente sottoposti a un criterio di organizzazione limpida ed equilibrata.
In Picasso potremo soffermarci anche su un'opera molto nota del periodo precedente, vale a dire La famiglia di saltimbanchi (1905), conservata presso la National Gallery of Art di Washington: sul lato sinistro del dipinto in questione potremo scorgere un raggruppamento basato sul cinque (una sesta presenza la si ritrova sul lato destro, ma nettamente isolata, al punto da richiedere un micro-slittamento e quasi una deviazione dell'occhio). In questo caso tuttavia i valori proporzionali fortemente diversificati, le altezze dei soggetti con corporature nettamente disparate e persino le traiettorie degli sguardi estremamente svianti non potrebbero lasciare accostare questo dipinto a quelli precedentemente indicati e analizzati da un punto di vista dell'uniformità. Il confronto potrà essere ad ogni modo utile e senz'altro arricchente. Soprattutto esso potrà condurre in direzione di un inquadramento in chiave "gruppale" che possa facilitare un approccio musicale con quelle che sono le suddivisioni di quintine, di cui si parlerà fugacemente proprio nel paragrafo seguente. 
 
La validazione del cinque nelle quintine. Alcuni ascolti conclusivi
 
Prima di giungere a conclusione e dopo aver sviluppato un largo excursus incentrato sulla pittura in relazione con gli aspetti musicali, si potrà provare a fare ora menzione di alcuni brani in cui la presenza del cinque possa essere rintracciata in tutta evidenza nella distribuzione interna del tempo di base: è il caso dei raggruppamenti di quintine. Il numero cinque, nei brani che si ritrovano elencati di seguito, andrà quindi a distribuirsi - e ad abitare - proprio la parte interna dell'unità di base, vale a dire il quarto o l'attavo, nell'ambito della misura. Si tratterà ancora una volta di una porzione minima di esempi possibili.
Stabilendo un profilo quasi ciclico si potrà tornare a citare la produzione di Claude Debussy e, in particolare, gli Studi per pianoforte. Nello Studio n. 1 ci imbattiamo  nello specifico in una sequenza che consta di biscrome di quintine. Tale sequenza è preparata musicalmente e ritmicamente da precedenti concatenazioni di quartine e doppie terzine di semicrome. Vengono pertanto stabilite delle transizioni molto graduali.
Anche in Jardins sous la pluie (Net e vif) - parte integrante di Estampes- è ravvisabile la presenza di quintine di crome: esse possono essere rinvenute in una zona più che inoltrata del brano (da mis. 100 a mis.115), lì dove compare l'indicazione agogica Mystérieux, con un invito, rivolto all'interprete, a tornare al tempo iniziale, basandosi su un pianissimo di fondo, dopo aver attraversato  fluentemente alcune zone di ritenuto,  e, ancora prima, diversi passaggi di rallentamento vero e proprio, indicati questi con la dicitura En se calmant.
L'impianto della composizione è toccatistico e l'ostinato inseguirsi di semicrome indica senza alcun dubbio lo scrosciare della poggia. Rapidi crescendo e diminuendo accentuano la caratterizzazione data dalle intemperie in corso, dal punto di vista della suggestione di fondo. Nel finale ci raggiunge però un'esplosione di luce.
Si tratta  in entrambi i casi di brani in cui la presenza delle quintine si ritrova evidentemente ad avere una natura sporadica. Nel provvedere a costruire un'elencazione, potrà esserci infatti una divisione chiara tra esempi con situazioni continuative ed esempi con situazioni limitate a singole  misure o passaggi (più o meno estesi).
Abbiamo ad esempio  la possibilità di cogliere un  deciso criterio di  discontinuità  anche in  John Cage nel brano per voce e pianoforte intitolato Wonderful Widow of Eighteen Springs. Sono affidate proprio al pianoforte, da utilizzare in senso percussivo, servendosi propriamente del coperchio dello strumento, secondo precise indicazioni, diverse quintine di semicrome che alimentano un tessuto ritmicamente variopinto e internamente animato. Esso annovera infatti terzine, doppie terzine, sestine e, per l'appunto, quintine e altro ancora. Questo substrato ritmico consente di lasciare affiorare le particolarità della voce, che andrà a muoversi  opportunamente in una maniera vagamente inespressiva, mediante una diluizione legata in qualche modo al parlato.
Mirabile anche la quintina di semicrome, che si esplicita attraverso accordi ribattuti e lievi, presente in Alban Berg, nella parte di accompagnamento pianistico a conclusione del primo dei Vier Stucke for Clarinet and Piano, Op. 5. Tale quintina subisce una  mutazione  istantanea in terzina (anch'essa assestata su accordi ribattuti e ripartiti tra le due mani sul pianoforte) e si affaccia su un ammaliante diradamento e dileguamento dei suoni, che ci lascia in uno stato sospensivo molto accurato. Siamo in effetti in presenza di una conclusione a dir poco evanescente, che spinge a procedere morbidamente, ma con curiosità, verso il secondo dei brani che vanno a comporre il breve ciclo, datato 1913.
Tra le musiche per clarinetto solo potremo anche ascoltare di Luciano Berio il Lied dell'anno 1983. La caratterizzazione propria della quintina, questa volta, va a innestarsi nel novero delle molteplici volatine e acciaccature, quindi è situata nel territorio, in parte fuggitivo, dato dagli abbellimenti. 
Rientrano in questo contesto di analisi anche gli esercizi n. 1c e 1d  contenuti in Esercizi e studi di  Johannes Brahms.
A dire il vero può risultare interessante portare alla ribalta questo caso particolare e a sé stante, considerando la quasi totale preferenza accordata, nelle raccolte di tecnica pianistica, a figure di quartine in progressione o, al più, a figure di duine e terzine.
Muovendosi ancora tra le pagine di Brahms si potrà portare un'attenzione adeguata sulla variazione n.13 (contrassegnata dall'indicazione agogica Largamente ma non più) tratta dalle Variazioni su un tema di  Händel op.24. La quintina di biscrome. più volte presente, va a configurarsi in chiave decisamente drammatica. Avvalendosi di un forte impulso motorio, essa funge da collegamento, granitico e rapido, rispetto alle note ( bicordi  soprattutto, ma non solo) cui va ad affiancarsi. 
Un ulteriore esempio che riconduce nel novero della contemporaneità musicale lo abbiamo in Kaija Saariaho. Un tessuto sonoro basato su quintine di semicrome si snoda nel brano pianistico intitolato Ballade, del 2005. Tutta la prima parte si avvale di questa particolarità. Nel centro del pezzo subentrano invece delle quartine, sempre di semicrome, che si disciolgono nella mano destra e che vengono adeguatamente sostenute da sestine collocate nella mano sinistra, in modo da creare una compenetrazione e un ordito denso, ma leggero. I passaggi con le quintine riprendono poi spazio più avanti, andando a configurare un nuovo e ampio settore, che presenta dei caratteri di similarità rispetto al precedente passaggio citato, dopodiché lo sviluppo del brano viene lasciato fluire in una direzione altra, con un ulteriore rimaneggiamento ed elaborazione  degli elementi basilari.
Un caso ancora diverso lo abbiamo in Iannis Xenakis nella composizione  che porta il titolo Herma, dove le quintine si snodano e  soprattutto si dilatano, mostrando valori interni oltremodo prolungati, che si prestano a offrire una visione che riconduca a un'ampiezza vera e propria, anche da un punto di vista spaziale, all'interno della scrittura e della restituzione sonora vera e propria. Il sottile spiazzamento ha, in tal modo, un carattere decisivo e avvolgente.
Scorrendo tra molteplici  esempi si chiude qui questo lungo excursus dal carattere misto e variegato.
Inanellando ascolti e visioni e seguendo un istinto "motorio" si è voluto creare un sentiero di dislocazioni e, nello stesso tempo, degli spazi di contiguità (con tracce argomentative e documentali). Il dato musicale e/o visivo è stato considerato come un crogiolo da scandagliare. Tra molteplici espansioni ed elaborazioni si è cercato  quindi di concepire l'elemento ritmico e quello visivo come isolabili, affinché potessero nell'insieme essere sottoposti a una decantazione, non soltanto a una verifica teorica. Lo scopo è pur sempre quello di fornire un'accentuazione, in vista di una possibile interiorizzazione o più semplicemente in vista  di uno stabile assorbimento. Al di fuori da riduzioni esplicative l'auspicio è che possa svilupparsi la possibilità di accedere ai diversi dati, facendo in modo che essi possano agire in profondità, lasciando maturare l'importanza del " cogliere appieno".
Sono interessata a segnalare inoltre come, in un precedente scritto io mi sia ritrovata ad analizzare diversi aspetti legati prioritariamente al fatto numerico, evidenziando in ogni caso aspetti poetici interni e impostando ugualmente la ricerca su delle possibili intersezioni tra caratteri musicali e artistico-visivi. In particolare faccio riferimento al saggio intitolato  Il pari e il dispari adagiati in un vivo confronto, pubblicato su Musicheria (Rivista di educazione al suono e alla musica).
Su queste tematiche sono stati da me sviluppati nel corso del tempo molteplici itinerari di formazione, che mi hanno condotta ad elaborare anche tracciati di tipo corporeo, per poter predisporre approfondimenti ritmici basati prioritariamente sul movimento.
Chi vorrà potrà contattarmi facendo ricorso alla seguente mail annalaura_longo@hotmail.com
Proverò volentieri a dare risposte o delucidazioni.
Ringrazio coloro che mi hanno permesso di portare avanti  percorsi così variegati : mi riferisco in primo luogo a corsisti e corsiste in vario modo implicati. Ringrazio inoltre musicisti e musiciste coinvolti a vario titolo, a cui si aggiungono artisti e artiste appartenenti ai diversi ambiti e linguaggi.
 
 
 


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