L’autore qui intervistato è Giuseppe Lamarca, terzo classificato nella Sezione B (racconto breve) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, III edizione 2017, con “L’Agrimensore di mia moglie”. È possibile leggere il suo racconto nell’e-book del premio, scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=217; nello stesso sono presenti le Opere dei primi dieci classificati per entrambe le sezioni.
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Ciao Giuseppe, chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?
Ho trentun’ anni e sono sposato con Pamela da sette mesi. Questa prima frase è opera di mia moglie che mi ha obbligato a inserirla. Sono alto un metro e novanta e somiglio a Brad Pitt. Lo dico perché sono sicuro che nessuno vedrà la foto, vero? A parte gli scherzi, abito a Milano da cinque anni ma sono cresciuto a Ruvo di Puglia in provincia di Bari. Ho studiato economia ma ho sempre avuto la passione per la scrittura.
Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?
Mi sono formato sui testi di Wodehouse e di tanti altri autori comici come Jerome, Adams e Bennet (la lista è troppo lunga, mi fermo qui). Anche il cinema mi ha influenzato: amo Woody Allen come se fosse mio zio. Anche la commedia italiana fa parte del bagaglio che apro quando comincio a scrivere: Troisi, Verdone, Villaggio. Tra i miei scrittori preferiti, attualmente, c’è Francesco Muzzopappa. Credo che il suo “Una posizione scomoda” sia già un punto di riferimento per chi vuole fare comicità in Italia.
Secondo te quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?
Credo che lo scrittore abbia due ruoli. Il primo rimane quello di raccontare e cioè di soddisfare uno dei più grandi bisogni dell’uomo: la narrativa. Poi, secondo me, deve essere una specie di termometro dell’umanità, come in passato. Con l’umorismo, per esempio, si può fare tanto da questo punto di vista.
Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.
I primi passi li ho mossi con il rap. Ho cominciato a quattordici anni, riempiendo i miei diari scolastici di rime. Poi, essendo un grande appassionato di pallacanestro, ho scritto per molto tempo articoli per vari siti. Da tre anni, invece, scrivo racconti. Studio presso la scuola di scrittura di Raul Montanari. È stato un incontro fondamentale perché mi ha aiutato a cambiare il mio stile da giornalistico a narrativo.
Come avviene per te il processo creativo?
Comincio partendo da un personaggio o da una storia che mi ha colpito. Lo faccio continuamente e sul cellulare ho un mare di appunti. Sono uno che sta attento a tutto. Per esempio, quando sono in fila al supermercato o in posta, ascolto i dialoghi degli altri. Molti sottovalutano la potenza narrativa che ogni persona possiede. C’è in giro gente che ha milioni di storie da raccontare e io cerco di nutrirmene. Se non ho ispirazione, provo a ricordare qualcosa che ho ascoltato o che ho vissuto e, dopo un paio di minuti, sono già davanti alla pagina bianca.
Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?
Far ridere. Credo sia da sempre il mio obiettivo primario. Cerco di analizzare i rapporti familiari, le amicizie, i sentimenti, pensando sempre al lato umoristico che ognuno di questi porta con sé. I miei racconti nascondono una generale tristezza di fondo. Il protagonista è sempre qualcuno che non riesce a raggiungere il suo scopo e che comunque fa mille tentativi. Tutti noi cerchiamo di nascondere i nostri fallimenti. Io adoro mostrarli per spiegare ai lettori che non esiste niente di cui vergognarsi.
Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?
È una domanda complicata. Mi è capitato più volte di ricevere questo commento: “Ho letto il tuo racconto e ho capito subito che eri tu ad averlo scritto. Avresti potuto non metterci la firma. Hai uno stile inconfondibile.” Non so spiegarne il motivo, ma adoro sentirmelo dire.
Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?
Tutti abbiamo delle ossessioni. È vero. Ci sono temi che ritornano in tutti gli scrittori. Io amo parlare del sud e degli anziani. Ruvo, la mia città, fa parte dei miei racconti quasi sempre. Un’altra figura che amo è quella della zia. Ho sempre pensato che gli zii siano fondamentali nella crescita di una persona. I miei sono straordinari e particolari, quindi c’è sempre qualcosa di loro in tutto quello che faccio.
Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all’altro genere letterario?
La poesia mi piace. Ho scritto per anni poesie dedicate a mia moglie. Ho dei quaderni pieni a casa e prima o poi dovrò decidermi a farglieli leggere.
Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?
Quasi tutte le mie storie si svolgono in Puglia. Per due motivi: il primo è che conosco benissimo i luoghi e riesco a utilizzarli come ambienti dove far muovere i personaggi che creo. Il secondo è che amo molto Ruvo e il sud. Le battute e le scene umoristiche che preparo non esisterebbero senza l’influenza della mia terra.
Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?
L’immaginazione è necessaria per affrontare meglio la realtà ed è un bene a cui nessuno dovrebbe rinunciare. È un mezzo potente e gratuito che può aiutarci ad affrontare momenti di noia e solitudine. Io la uso spesso in tram, specie quando non ho nulla da leggere. Noto una persona e costruisco una storia della sua vita ponendomi alcune domande: “Dove sta andando?”, “Perché è così elegante?”, “Sua moglie cosa avrà preparato per cena?” È chiaro, d’altro canto, che lo scrittore deve essere bravo a non distanziarsi troppo dalla realtà per mantenersi su quella linea di demarcazione che la separa dall’immaginazione.
Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?
Bè, sto lavorando a un romanzo. Sicuramente incontrerò delle difficoltà per la pubblicazione ma sono pronto ad affrontarle.
Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?
Una di loro è diventata mia moglie… Devo dire, però, che non ho con tutti un rapporto così confidenziale. Per ora, tramite il mio blog, ho radunato un buon numero di persone che leggono le mie cose. Mi piace che la gente si interessi a quello che faccio, che mi dica che ha passato dieci, quindici minuti di allegria.
“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?
È vero. Questo, spesso, il lettore lo ottiene identificandosi con il protagonista di una narrazione che sta affrontando. Sobbarcandosi gli ostacoli che quest’ultimo deve superare per raggiungere il suo obiettivo finale, si trova a riflettere su aspetti che fanno parte del suo quotidiano.
Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?
Finora no, ma mi piacerebbe!
In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?
Una signora mi disse: “È stata una brutta giornata, ti giuro. Stavo pensando che fosse totalmente inutile quando, all’improvviso, è arrivato il tuo racconto e mi ha fatto ridere. Grazie.”
A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?
Sono su più fronti e, infatti, è un periodo abbastanza prolifico. Sto preparando due racconti lunghi e un romanzo. Spero di renderli pubblici il prima possibile.
Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?
Mi piacciono molto le pulizie di casa. Scherzo, ovviamente. Credo che mai nessuno, a parte mia nonna (era una vera appassionata), abbia mai risposto così a questa domanda. In realtà adoro seguire lo sport (non praticare). Leggo molto e sono un collezionista di qualsiasi cosa. Negli ultimi anni mi sono dato alla raccolta delle tazze da colazione.
Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?
I premi letterari sono importanti perché permettono agli scrittori emergenti di farsi le ossa e di migliorare. Un risultato negativo, per esempio, ti porta a analizzare gli errori che hai fatto e a capire dove intervenire.
Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?
La libera scrittura aiuta tanti a farsi conoscere e, per questo, può essere un trampolino di lancio. Non si sa chi può venire in possesso del tuo libro o del tuo racconto. È, inoltre, un modo rapido per arrivare al lettore. Magari sei in metro e non hai con te un libro: vai su LaRecherche.it e leggi.
Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?
Vorrei dire che sono molto contento di aver raggiunto il terzo posto con un racconto comico. Spesso si tende a sottovalutare il potere dell’umorismo, considerandolo inferiore agli altri generi letterari. In realtà è uno degli stili più complicati da adottare perché occorre calibrare al massimo ogni personaggio. Il rischio più grosso è proprio quello di non far ridere.
Grazie.