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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Daniela Monreale

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 27/05/2017 21:10:58

 

L’autrice qui intervistata è Daniela Monreale, seconda classificata nella Sezione A (Poesia) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, III edizione 2017 con “Il coraggio della parola”.

 

 

 

Chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

 

In poche righe non è per nulla facile presentarsi. Quasi quasi lo farei con una metafora: sono un cuore d’aquila che sogna le alture, da dove poter contemplare la bellezza dell’arte e della conoscenza.

Ma più “terra terra”, ecco che mi presento: una donna di 53 anni, che da quando era piccola scrive poesie, divora libri, non si stanca mai di apprendere e di scoprire cose nuove. Sono siciliana d’origine ma vivo da quasi vent’anni ormai in Toscana, nel Valdarno fiorentino. L’arte e la scrittura sono stati sempre i miei grandi amori. Da qualche anno mi dedico anche alla scrittura autobiografica, ho conseguito il diploma di esperta presso la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e conduco corsi di formazione presso strutture pubbliche e private.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Ho letto tantissimo e francamente non so quali autori, classici e contemporanei, abbiano ispirato la mia scrittura, magari le loro suggestioni  si sono sedimentate in maniera impercettibile e solo il lettore delle mie poesie potrà coglierne le sfumature. Tra gli autori che amo cito almeno Emily Dickinson, Giovanni Pascoli, Camillo Sbarbaro, Cesare Pavese, Eugenio Montale, Alda Merini, Milo De Angelis, Helle Busacca, Lucio Zinna, Antonella Anedda, Patrizia Cavalli…

 

 

Quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

Mi viene in mente la definizione di Montale sulla poesia in quanto “inutile”. In effetti, la poesia non può essere “utile”, non è un arnese, una merce, e dunque è pertinente la sua “inutilità”. Lo stesso discorso lo estenderei alla scrittura in genere: sebbene il mercato oggi abbia invaso tutte le occupazioni umane, arte compresa, c’è comunque sempre una dimensione di libertà nella scrittura, di sua autonomia  dai circuiti funzionali e tecnologici. La funzione estetica è come uno specchio che rimanda all’origine le fattezze di un’opera creativa, perché essa possa declinarsi in contemplazione. Lo scrittore dunque, perché sia “utile” alla società, a qualsiasi società, secondo me deve salvaguardare questa sua libertà, non servire nessuno, se non l’autenticità della propria scrittura. Da questa salvaguardia e solo allora potranno scaturirne critica sociale, impegno civile, direzione morale.

Nello specifico di questa società, lo scrittore può divenire argine contro la barbarie e la volgarità di una dimensione mediatica del parlare che pure nei livelli quotidiani sta infangando le relazioni umane, vedi le bufale e la spicciola cattiveria che dilaga nei social…

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.

 

Ho iniziato a scrivere a tredici anni. L’esordio è stato triste, una mia compagna di scuola era morta di tumore e sentii il bisogno di mettere su carta dei versi. Da quel momento non mi sono più fermata, ho pubblicato fin adesso una decina di libri, tra volumi e plaquette. I miei primi consiglieri sono stati Anna Maria Bonfiglio e Lucio Zinna, poeti palermitani, a cui sono grata per l’importante incoraggiamento che mi hanno dato, negli anni in cui mettevo insieme dei testi per le mie prime pubblicazioni. In seguito ho conosciuto Maurizio Cucchi, che mi invitò nella sua casa di Milano, negli anni Novanta. Fu una chiacchierata molto simpatica, lui apprezzava i miei versi e anche questo incoraggiamento fu di nutrimento alla mia “militanza” poetica. Poi nel tempo ho avuto altri incontri con autori e critici, per lo più saltuari e rapidi.

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

A volte per vera e propria folgorazione, che mi tiene incollata alla pagina per ore e ore (un mio libro di 33 poesie fu composto in un solo giorno), altre volte in un processo più lento, in cui i vari frammenti poetici vengono poi cuciti insieme, in un ricamo laborioso ma assaporato con un piacere quasi corporeo.

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?

 

Di dar voce all’intensità di un’immagine, di un sentimento, di uno scavo interiore. Vorrei rendere percettibile un nodo esistenziale, una gioia sottile, un colore emotivo.

 

 

Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

Anche qui, valgono le impressioni dei lettori. Non saprei, sono troppo “vicina” alla mia scrittura per coglierne la specificità rispetto ad altri autori contemporanei.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?

 

Nelle mie prime raccolte dominava il tema amoroso, in una dimensione raccolta e malinconica. Da “Gli occhiali di Spinoza” (Ed. L’Arca felice, 2011) c’è stata un’importante svolta, i contenuti si sono ampliati in una riflessione esistenziale, filosofica, e questo allargamento di visuale è proseguito nelle pubblicazioni successive.

Adesso nella mia poesia compaiono, oltre al sempreverde  argomento sentimentale, temi quali la critica alla decadenza della società - soprattutto nel versante del degrado della comunicazione e della solitudine della dimensione urbana - poi l’attenzione al mondo naturale, visto nella sua sapiente piccolezza e innocenza, e l’esaltazione della Bellezza, intercettata nell’inaspettato contatto con la meraviglia che può suscitare un gesto autentico, uno scarto dall’abitudine e dalla generale indifferenza.

 

 

Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all’altro genere letterario?

 

Penso che poesia e scrittura siano due cammini paralleli, ugualmente importanti, che possono svelare l’universo delle parole per come esse scelgono di rivelarsi.

Con la poesia sono cresciuta, certo, ma la prosa sta diventando per me uno strumento di scrittura sempre più desiderato e coinvolgente. Negli anni recenti ho scritto dei racconti, alcuni dei quali pubblicati su riviste. Ora sto pensando a un romanzo.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

Molto. La Sicilia, con i suoi intensi colori, sapori e profumi, ha intriso moltissimi miei versi di un immaginario lussureggiante, di un accento corposo e sensuale, come se il magma delle emozioni avesse cercato in tutti i modi di scorrere nelle mie parole. Nelle ultime raccolte ho invece  “moderato” certe accensioni liriche, ricercando un equilibrio che levigasse il verso, per un dettato più asciutto, essenziale.

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

Un rapporto dialettico, che lo scrittore cerca di mediare e di trasferire in una parola che riporti l’evidenza della realtà esteriore, inscritta però in un immaginario altrettanto reale, fatto di desideri, sentimenti ed emozioni reali. Secondo me l’immaginazione, il sogno, la fantasia non sono antitetici al reale, sostanziano semmai la verità di un vissuto senza la quale il reale decadrebbe a semplice fotogramma, documento muto di un’esistenza.

 

 

Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?

 

Risposta secca: economici. Purtroppo la realtà editoriale è fatta per lo più di contributi economici da parte dell’autore, a meno che non sei un autore già famoso oppure introdotto dall’ala protettrice di un critico. Non lo dico polemizzando, ma come dato di fatto, perché le pubblicazioni fanno parte anch’esse di un’industria, di un mercato.

La richiesta di un corrispettivo rivela poi, in certi casi, il rischio di scarsa cura dell’editore per la qualità dei testi. Come dire: tu mi paghi, ti pubblico il libro e poco vale se non è scritto bene.

Ultimamente però ho incontrato degli editori che non chiedono soldi, mosche rare in uno scenario molto omogeneo.

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

Ho lettori che mi seguono, con i quali si crea poi una corrente di simpatia che è una delle gioie più belle procurate dalla scrittura: la condivisione di un atto creativo, che diventa specchio per altrui emozioni, riflessioni.

 

 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

Penso che il lettore si rispecchi nel testo, perché nel processo della lettura avviene un’identificazione, un’immersione nel testo, e così è anche quando si guarda un film: l’immedesimazione in un personaggio, in una situazione o in un’immagine poetica porta il lettore/spettatore a far collidere la propria storia con un’altra storia. Ma non sono d’accordo con l’affermazione di Proust sulla visione “strumentale” tout court di un’opera letteraria. Secondo me storia personale e testo letterario rimangono autonomi e intatti, nonostante il contatto tra loro originato dalla lettura.

 

 

Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?

 

Mi dedico costantemente alle recensioni, collaborando con alcune riviste letterarie. Per valutare un testo  guardo soprattutto alla capacità della scrittura di veicolare un messaggio significativo, attraverso un linguaggio distintivo, caratteristico dell'autore. La buona scrittura per me è fatta di originalità, di chiarezza dell'autenticità, e ovviamente di piacevolezza del linguaggio.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

Quella di Mario Fresa, come prefazione a  “Gli occhiali di Spinoza”. Un testo pieno di intuito e sapienza critica, che ha colto gli elementi più salienti della mia poetica.

 

 

A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?

 

Ho una raccolta  di poesie inedite, già pronta. E poi sto elaborando la trama del mio primo romanzo.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

Amo l’arte pittorica: mi piace visitare musei, mostre e collezioni. Poi colleziono libri antichi, soprattutto volumi illustrati per l’infanzia. E mi dedico anche a passioni molto diffuse, come la collezione di francobolli e di monete antiche

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?

 

Ho partecipato perché ne ho apprezzato la qualità della giuria. I premi hanno per me il valore della condivisione dei testi, del riconoscimento dell'efficacia comunicativa del testo e, cosa molto importante, della possibilità di incontrare scrittori, critici e lettori appassionati.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Agli autori presenti su LaRecherche.it vorrei dire di curare la condivisione dei loro testi e di interagire tra loro, perché una comunità di scrittori è un valore aggiunto e un derivato prezioso dell'attività di scrittura. Apprezzo la circolazione della scrittura in rete, la rapidità e la facilità di fruizione che il mezzo informativo agevola. Sull'editoria elettronica, pur apprezzandone le capacità di diffusione, sono molto diffidente, perché amo il libro non solo in quanto testo, ma come oggetto, che oltre a leggere posso toccare, odorare, insomma sentirne il “peso”.

 

 

Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?

 

Vorrei dire che vivere e scrivere non sono per me due cose alternative, come diceva Pirandello, ma possono benissimo farsi compagnia lungo il tragitto misterioso e dolceamaro dell'esistenza.

 

 

Grazie.

 


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