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Un altro pianeta

di Giulia Bellucci
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Pubblicato il 10/03/2019 21:58:39

Correva l’anno 4019. Si era nel mese di Maggio e il cielo era completamente sgombro di nuvole. Cam si accingeva a studiare storia. Era stata diramata un’allerta meteo con codice rosso, dovuta a un elevato rischio derivante dall’esposizione, sia pure breve, ai raggi ultravioletti provenienti dal sole e alle temperature che erano davvero improponibili: cinquanta gradi all’ombra già alle otto del mattino! Si consigliava di uscire di casa solo dopo il tramonto del sole e, in caso di necessità, indossando le tute salvavita. Le scuole erano rimaste pertanto chiuse. Gli studenti avrebbero ugualmente seguito le lezioni previste da casa sui canali web dedicati.

L’argomento di storia che il professore Adamo avrebbe affrontato quel giorno era ‘Il secondo Medioevo’, secondo quanto aveva anticipato alla fine dell’ultima lezione.

Cam era davvero molto curioso. Dopo aver fatto colazione con latte sintetico, biscotti di riso e proteine di alghe, sedette alla scrivania dinanzi allo schermo acceso. Il professore era già pronto e stava  incitando gli altri allievi a non perdersi in chiacchiere. Cam sorrise.

«Ma, professore! Dai! Non si può stare chiusi dentro casa a parlare sempre delle cose ormai passate, che non esistono più!»

Il professore Adamo lo guardò da dietro lo schermo, gli occhialini piccoli e rotondi proprio sulla punta del naso, con tono di rimprovero.

«Quante volte devo dirti che noi siamo il frutto del nostro passato. Dobbiamo quindi conoscerlo non già per emularlo, ma per imparare a correggere i nostri comportamenti odierni. Per questo studiamo la storia», replicò dispiaciuto.

«Come sarebbe stato meglio nascere all’epoca quando ancora si poteva uscire all’aperto senza preoccupazioni e godere di una giornata così limpida, facendo una lunga passeggiata e magari rotolandosi in uno di quei prati fioriti di cui molti parlano e che oggi sono tanto rari da trovare. E invece? Bisogna restare incollati davanti a questo schermo! È una follia. Perché non si può? Quando mia madre mi permette di uscire, il sole non c’è mai. Perché certe cose dobbiamo poterle vedere solo nei video che ci sono stati tramandati? Perché non è rimasto tutto com’era allora?» Cam continuava a manifestare il suo disappunto.

«Sicuro che sono veri? E non delle costruzioni come quelli che si possono vedere nella realtà virtuale? Io ho fatto un viaggio in un bosco grazie alla realtà virtuale immersiva. Sentivo addirittura il profumo del bosco, dei funghi, dei fiori. Mio padre dice che non ne sono mai esistiti nella realtà di più belli e il vantaggio è che non ti sporchi e non hai bisogno di indumenti e scarpe adatte!» gli fece eco Sam.

«Certo che sono esistiti. È tutto documentato. Non sono fake. Non date retta a supposizioni infondate. Sono solo una consolazione davvero magra. Ora basta! È andata così ed è inutile lagnarsi. Potrete passeggiare per la città ma dopo il tramonto, ora bisogna studiare, così magari un giorno sarete in grado di trovare una soluzione che vi consentirà di recuperare parte della bellezza antica del vostro pianeta. Ok, ci siete tutti?»

La risposta fu corale dagli utenti connessi: «Siiiii!»

«Inizio questo discorso dicendo che si definisce Secondo Medioevo o Medioevo-bis quel periodo storico che va dal ventesimo al ventunesimo secolo. In quell’epoca l’uomo aveva acquisito nuove tecnologie e la scienza avanzava a passi da gigante in ogni campo del sapere umano. Soprattutto, come voi già sapete, iniziò una crescita smisurata della digitalizzazione della vita su questo pianeta.  Ci fu però un appiattimento culturale. Il virtuale iniziò a sostituire lentamente il reale in ogni campo, finanche nei rapporti umani tra simili e tra uomo e natura. L’uomo si rese conto a un certo punto della pericolosità di alcuni suoi comportamenti, ma non si fermò e non corresse il proprio agire, per egoismo forse e per superficialità sicuramente. Così facendo ha portato la vita sul pianeta terra fino alla condizione attuale, che noi abbiamo ereditato. Questo è ciò che affermano i maggiori storici.»

Gli studenti seguivano con grande interesse la tele-conferenza del docente. Cam era molto affascinato. A un certo punto il professore mostrò le immagini di una cartina geografica in cui era evidenziata la suddivisione in continenti risalente a quell’epoca. Tutti si stavano chiedevano come mai il loro continente a quei tempi apperiva diviso in due continenti distinti, mentre ora ne costituivano uno solo.

«È stato così fino al trentaduesimo secolo, quando avvenne l’unificazione», spiegò il docente agli allievi. «Ma dobbiamo partire da ancora prima, più di un millennio prima. Storicamente quelli del nord, i cosiddetti europei, popolo più ricco e avanzato e con un grado di progresso di gran lunga superiore, rivolgevano lo sguardo a Sud, cioè all’Africa, solo per attingere alle loro risorse, anche umane. Il divario tra le due parti era davvero enorme e nel ventesimo secolo il popolo africano, stanco delle violenze subite nei propri paesi, stanco di morire ancora di fame e malattie, a causa anche della sovrappopolazione, iniziò a intensificare le sue migrazioni verso il nord, nella speranza di trovare condizioni di vita migliori. Il Nord dapprima ne accolse una parte, anche perché venivano sfruttati come manodopera per i lavori più faticosi e umili e perché si accontentavano di basse ricompense. Molti sparivano nel nulla, usati per l’espianto di organi. Ma quando le migrazioni divennero di massa, iniziò il respingimento generale, da quasi tutti i paesi occidentali.»

Continuò a parlare e parlare per quasi un’ora e senza interruzione da parte dei giovanissimi studenti. Ma a un certo punto grande meraviglia suscitarono le foto di persone dell’epoca passata, che passavano sullo schermo. Erano foto vecchie, molto sbiadite. Quelle immagini antiche erano state recuperate da alcuni giornali cartacei conservate in varie biblioteche. Reperti difficili da trovare. Tutto ciò che era stato conservato nei siti web era andato perso intorno al trentacinquesimo secolo a causa di un virus letale che aveva cancellato tutte le banche date digitali. Pur essendo sbiadite, da quelle foto emergeva un diverso colore della pelle tra i soggetti raffigurati.

«Professore, mi scusi, ma perché alcuni hanno la pelle così scura e altri no?»

«Il colore della pelle scura sembra che servisse da difesa dai raggi solari, quindi quelli che vivevano nell’Africa assolata avevano la pelle più scura. Oggi, grazie al rimescolamento totale dei due gruppi, la differenza si è smorzata e inoltre, poiché ormai non ci esponiamo più al sole, la colorazione è diventata più chiara per tutti.»

«Io ho sentito dire che il colore della pelle era anche il fattore usato per fare una discriminazione fra i due popoli. Ho sentito usare la parola razzismo a riguardo. Cosa significa?» chiese Ivan.

«Il razzismo è la convinzione errata che il genere umano possa essere suddivisibile in razze biologicamente distinte, con diverse capacità intellettive, etiche, morali e che perciò sia possibile determinare una gerarchia secondo cui un particolare raggruppamento razziale possa essere definito superiore o inferiore a un altro.»

«Che stupidate sono? Beh, anche in questo siamo certamente migliori dei barbari che ci hanno preceduto», dissero in coro i ragazzi.

«Ora la lezione finisce qui! Continueremo questo argomento più dettagliatamente domani durante la lezione di sociologia.»


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