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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Nel mio libero pensiero.

di Francesco Rossi
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Pubblicato il 09/07/2019 20:08:26

Chi ha dimestichezza con la montagna, sa quali effetti ottici procura la nebbia.
Si sale lentamente e la vista non va più in là di pochi passi.
Questo vapore umido è palpabile e si muove con estrema lentezza.
Non sono altro che piccole gocce che rifrangono la luce solare, dando al fenomeno atmosferico una colorazione opaca. Una particolarità che desidero rendere evidente è l’alito che diventa visibile come d’inverno; l’erba, le pietraie, i tronchi degli alberi, sono impregnati di una fredda umidità che ci attornia e penetra nelle ossa nonostante l’equipaggiamento
Sempre in tema di percezioni, la mia è quella di un bosco che sembra assonnato, quasi non voglia risvegliarsi e il silenzio rigenerante che si respira e si palpa in quei momenti diventa per chi si trova in quelle condizioni un affinarsi di sensibilità percettiva, olfattiva, sensoriale. Dico questo perché in più di un’ occasione trovandomi in queste particolari condizioni salgo in alto senza che la visuale si apra ai miei occhi.
E’ una piacevolissima sensazione pure in quelle condizioni ostili, per me, una piccola sfida nel mezzo della natura quasi selvaggia, a volte deserta, altre, rude.
Per chi non ha il senso dell’ apprensione e della paura, pure una salita intorno ai mille metri di altitudine, nel bel mezzo di una nube densamente bianca ha il suo fascino.
Sulla cima, là dove l’ occhio avrebbe il piacere di ammirare una distesa di monti, quel velo di nebbia s’ interpone come un telo bianco tra me e lo scenario. Spesso uso la parola “sensazione” e c’è un motivo:
la mutevolezza che può avvenire in poco tempo e che determina cambiamento di veduta e stato d’ animo.
Un senso di disagio provo sempre di fronte a quel lenzuolo bianco che mi toglie la visuale d’intorno e sottostante, ma se un soffio di vento spazza via la nebbia,
scopro all'improvviso lo splendido spettacolo, perché di questo si tratta, e qui la sensazione esce dal novero dell’ordinario ed entra a pieno titolo in quella del singolare
e del magnifico.
Io che amo la montagna e la natura in tutte le sue molteplici particolarità mi sono trovato spesso in questa situazione particolare, e tutte le volte mi sono fermato a pensare.
Pure in questa mattinata sono stato gratificato dello spettacolo della nebbia che si leva dal basso e si ritrae quasi per magia e per una stranissima associazione d’idee mi sono fermato a pensare alle impressioni che proverebbe san Tommaso d’Aquino se ai suoi occhi scoprisse il nostro mondo. Ve lo immaginate?
Voglio forzare questa immaginazione. Milleduecentoventiquattro.
La città di Aquino in cui Tommaso nacque era al centro di una vasta contea e di cui facevano parte tutti i paesi che oggi la circondano.
A capo di questa contea era il padre di Tommaso; il conte Landolfo.
La famiglia era una delle più importanti dell’ Italia meridionale e il conte era continuamente in guerra, prestando aiuto a Federico II, il grande imperatore di Germania e di Sicilia, che fu per molto tempo in lotta contro il Papa. Un fatto è certo, non furono le sue imprese di guerra, né la sua potenza, tanto meno la sua ricchezza che diede fama a Landolfo. Fu, invece, la santità e la sapienza di uno dei suoi tanti figli a consegnare alla storia e quindi il ricordo ai posteri, il nome suo e quello della sua famiglia.
Fatta questa breve ma doverosa divagazione, tenendo conto dell’epoca e del periodo storico provate a pensare a quale sorpresa si troverebbe sotto gli occhi, il Santo Tommaso.
Siamo puramente nell'immaginario, quindi fate conto che viva e cercate di entrare nella sua testa e di mettere insieme con l’inventiva e la fantasia tutta la sua sorpresa tenendo di conto che si viaggia a ritroso nel tempo di circa otto secoli e di quanta strada cementificata dalle fatiche umane é stata costruita dall'uomo nel corso dei secoli che si sono susseguite.
Penso che la sorpresa del povero Tommaso sarebbe grandissima da farlo morire un'altra volta e, questa per un infarto fulminante.
Nel periodo storico cui faccio riferimento la lingua parlata e scritta era il latino. Un'altra mia considerazione: Tommaso aveva lasciato il mondo con l'aureola sperando che con le sue opere il mondo abbia compreso il disegno divino, in modo particolare la struttura di quello che è immateriale e quello che al contrario è materia inanimata per dare un giusto peso e uguale misura alla sua veduta filosofica sulla creazione e in modo particolare su Dio e lo ritroverebbe per certi versi come ai suoi tempi o, forse peggio.
Se Tommaso fosse resuscitato e catapultato nel mondo contemporaneo io, credo che sarebbe stato proposto da qualche insigne prelato ad assistere a una seduta parlamentare
alla Camera dei Deputati. Pensate a quale sorpresa si troverebbero i suoi occhi; una donna con un’alta carica istituzionale.
Provate a pensare al filosofo tomista in quale confusione cadrebbe.
Se poi lavoriamo con la fantasia, proviamo a immaginarlo come spettatore di una di quelle assemblee parlamentari, dove non si sentono che parole, diventate a pieno titolo vocaboli parlamentari, asino, coglione, porco, ladro, vigliacco.
Il povero Tommaso rimarrebbe inebetito di fronte alla scarsa attitudine all'intelletto dei parlamentari italiani.
Di certo Tommaso il filosofo non comprenderebbe l'uso della tecnologia e rimarrebbe di sasso come un romano vissuto all'epoca di Cesare vedendo un concittadino dell'epoca vittoriana accendersi la pipa con un fiammifero.
Forse il gioco d'azzardo, lo sperpero di risorse per tentare
un’ improbabile fortuna colpirebbe in questo caso la sua fantasia come le missioni nello spazio di cui non intenderebbe la natura e l'utilità.
Se poi riuscisse a comprendere le argomentazioni umanitarie che i governanti del nostro mondo sviluppano nei consessi internazionali per affrontare le problematiche che si riferiscono alla fame nel mondo per dare risposte alle nuove e crescenti povertà.
Si domanderebbe certamente se si parla come Cicerone o si agisce come Verre. Gaio Licino Verre (Gaius Licinus Verres') politico romano del primo secolo, propretore della Sicilia, dove si rese protagonista di concussione e ruberie. Subì un celebre processo nel quale Cicerone pronunciò contro di esso le orazioni denominate Verrine.
Ruberie alle quali non è mai stata data una soluzione positiva nel corso dei secoli. Provate a mettervi nei panni del povero santo e ditemi se egli vivesse ai nostri giorni se riuscirebbe a comprendere questo malaffare che imperversa nella società contemporanea.
Oltretutto un costume consolidato. Basta pensare per essere in sintonia con il contemporaneo di chi ha avuto dall'Unione Europea per esempio, denaro che non poteva ottenere per aprire attività fittizie, chi ancor oggi ha fatto la cresta sui dazi doganali.
Chi ha dato il via libera a richieste che erano fuori dalla legge.
In molti casi scopriamo attraverso i media che sono proprio le autorità degli stati membri dell’ unione a frenare, a trovare cavilli per non far procedere le indagini nonostante la marea d’ informazioni raccolte. Penso che al santo gli verrebbe spontaneo domandarsi: a che cosa è servita la mia sapienza donatami dal divino se nel corso dei secoli nonostante tante cose che non riesco a comprendere siamo giunti a questo? Io credo che proverebbe ancora maggiore meraviglia se entrasse in un ministero, uno dei tanti, e osservare che per il restauro di una casa ci vuole una procedura complicatissima, nonostante la richiesta fosse semplicissima.
Permessi, controlli di capi divisione, capi sezione, ecc…, fino ad arrivare al protocollo; sì,perché nell'era della digitazione bisogna protocollare, timbrare, accertarsi e poi lasciare che le cose prendano il loro verso sperando nella fortuna.
Così tra una truffa, una guerra, una catastrofe naturale, le ruberie
l’uomo nonostante tutto ha portato la comodità dove prima non esisteva. Ha fornito prova di un grandissimo ingegno nel servirsi e appropriarsi di tutti i mezzi che gli ha dato e offerto la natura e, nel superare le forze inerti a lui contrarie con il prodigio della tecnologia ha modificato pure il corso della natura contribuendo al cambiamento climatico del pianeta.
Da questa cima dove mi sono fermato e dove ora il panorama si allarga a perdita d’ occhio dopo il diradarsi della condensa in compagnia con questi pensieri, ho il privilegio di osservare uno dei più splendidi spettacoli della natura che essa regala a chi ama camminare per i monti e a chi ama veleggiare nei mari. Ecco, su questo regalo che mi regala la natura testimonio, il mio sbalordimento, ogni volta che mi si presenta l’ occasione.
Solo la natura riesce a farmi da guida e non mi disperdo in nessun tipo di congetture di carattere politico, non ne vale la pena.
Proviamo a pensare se a Tommaso gli facessero leggere un accozzo di articoli circa il cambiamento delle regole costituzionali che hanno retto la Repubblica fino ad oggi e che in modo sostanziale vogliono essere la legge o la regola per tutta la nazione, e aggiungiamo pure il condimento in varie salse a secondo il partito che governa.
Io penso che il santo direbbe che il cambiamento che si vuole operare offenderebbe i padri della Costituzione Italiana.
Accostatevi con la vostra fantasia al santo come faccio io dall’alto della cima e domandategli in confidenza che cosa pensa di tutto questo.
E’ santo, è dottore della chiesa, quindi presumibilmente loquace, lo dirà.
In buona sostanza statene certi che il suo dire verso la positività dei progressi meccanici e scientifici che tanto l’ hanno meravigliato, troverebbe la sua benedizione.
In tutto il resto forse siamo più indietro di quel che si fosse ai suoi tempi. Ed io aggiungo dall'alto del monte che morale, governo e religione sono i pilastri su cui si poggia un mondo che non apprezza la natura, la libertà, lo spirito libero.
E il mio libero pensiero, dalla cima lo getto a valle.

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