Pubblicato il 04/08/2021 18:29:26
MOLTEPLICITÀ
È partito. È partito per Tallin. Quattordici giorni, quattordici giorni tra meeting e sopralluoghi. A lei è sembrato un salto nel vuoto, una cesura, un distacco. Lui è così. Prima si è reso presente con telefonate e messaggi, rose bianche al compleanno accompagnate da bigliettini evocanti eternità, poi l’annuncio improvviso e inaspettato. Sai, il progetto, il progetto per l’impianto prevede il meeting, quindi ci sono dei contatti da prendere. Lei è ferma sul pezzo in sintonia con l’eternità. Sa che non deve cercarlo: lui entrerà in un’altra orbita di cui le manca il raccordo. Sarebbero solo frasi strettamente conseguenti a domande e non vuole percepire punte di malcelato fastidio. Lasciami vivere, lasciami in pace. Non sai aspettare quattordici giorni? Sono solo quattordici giorni. Già, quattordici giorni che nel tuo itinerario possono diventare attacco di tante cose: suggestioni, atmosfere, prospettive, incontri. Lui è lavagna che attende di essere scritta e riscritta. O scorza esteriore, modellabile all’infinito. Poi, c’è l’anima che ha la sua struttura. Con le sue incompletezze, però. Lei cerca sintonia con quell’anima, ingresso nei pertugi. Non è facile trovarli al di là delle porte sbarrate. E di nuovo pensa di essere caduta nella solita trappola: quegli sbilanciamenti in avanti, quei trasporti manifesti hanno sempre fondato su contrappesi, contropartite. Adesso vuole ricorrere all’immaginazione. Vuole pensare all’arrivo in albergo, alle battute con i colleghi, alle dinamiche del meeting, ai messaggi via etere rivolti a chissà quali destinatari. Una sfera privata che non è dato sondare. È appena arrivata una foto: edifici di Tallin, tetti a punta, corso d'acqua, atmosfera del nord. Seguita da due sillabe di sale. Sanno di rassicurazione. La solita davanti alla molteplicità dell’ io.
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