Pubblicato il 04/04/2023 18:25:33
FASCINO
Era stato lui a darmi l’idea corretta delle cose. Prima io mi pascevo dentro una visione ingenua e incantata, riferita agli schemi appresi in famiglia. Invece, lui mi avviava a una prospettiva diversa, più obiettiva e accorta. Le sue argomentazioni erano logiche e consequenziali. E, per non apparire pesante con i suoi ragionamenti esatti, era capace anche di esternare leggerezza. Mi colpiva che fosse sempre oltre. Almeno questa era l’impressione che mi dava. Quando gli presentavo una situazione e palesavo entusiasmo nell’esprimere un parere o sicurezza nel sentenziare, lui se ne usciva con un’altra versione che smontava ogni mia convinzione. Mi insegnava a liberarmi dal fatalismo, a giudicare sulla base dei fatti e non delle impressioni, a vivere significativamente l’altro per quel che era e non per quello che avrei voluto che fosse. Fu lui a operare in me un certo cambiamento. Altri non avevano più inciso. Neppure mia madre. Anzi mia madre aveva finito per diventare lo specchio a cui contrappormi. Mia madre mi indicava la via della continuità o dell’immobilità. Lui, quella degli approdi diversi. Io ero così fiera quando mi dedicava le sue parole che le giornate mi volavano. Forse sognavo un po’ sul suo conto. Non dico che il mio sentimento fosse simile a quello provato per Edoardo dalla protagonista di “Menzogna e sortilegio”, ma confesso che l’idea delle lettere formulate dalla destinataria a nome del mittente in causa, non paragonabile tuttavia al succitato, mi aveva colpito. Certamente ognuno è il risultato di ciò che ha ricevuto. Io derivo dal seme sognante di mio padre, coltivo il piacere della fantasia e, nel dirigere la mia attenzione verso chi è in grado di destarla, avevo trovato in lui il detentore di questa prerogativa. Mi aveva colpito per la sua capacità di rigenerarsi continuamente, per la sua mobilità. Non era mai uguale a sé stesso e chiedeva indipendenza: per sé e per gli altri. Nel mio mondo limitato alla suggestione di certe letture, lo paragonavo a Nuto. Immaginavo che volesse insegnarmi a suonare, non necessariamente il bombardino, ma qualche altro strumento, magari il clarinetto o il flauto traverso, ma lui ci teneva di più a disegnarmi la mappa del mondo attuale con tutte le mancanze e le opportunità. Mi faceva sentire libera, mai incasellata dentro uno schema precostituito. Era dichiaratamente consapevole di quanto la realtà sia metamorfica e di quanto sia riduttivo riferirsi alle stesse immutabili formule. Sapeva dialogare con tutti e da tutti mutuava, accrescendo sé stesso. Se dovessi paragonarlo a qualche autore della nostra letteratura, lo accosterei senz’altro a Calvino per la capacità di concepire la presenza di una complessa e articolata architettura che mette in relazione elementi apparentemente disparati della realtà.
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