Era diventato cinico da un giorno all’altro
e anche un po’ misogino, dell’altra metà
del cielo ormai ricordava solo i tradimenti
e le ferite inferte all’ultimo minuto.
Eppure lungo la strada qualcosa aveva avuto
erano sbocciati fiori, brezze e venti
lo avevano cullato lungo la via dell’età
c’erano stati temporali, ma s’era fatto scaltro.
Perché dunque ora era tutto solo un buco nero
un calderone confuso sull’orizzonte degli eventi
dove precipitano i ricordi e i soli non riscaldano
più l’animo e il corpo si piega alle leggi del tempo?
Perché ora sentiva che non c’era più scampo
che l’ultima astronave era partita e l’arcano
non era stato svelato, che era ora di fare i conti
col mistero della fine, che nulla più era vero?
Chiuse gli occhi e si abbandonò alle onde del mare
la navigazione gli era sconosciuta, la rotta casuale
lo avrebbe condotto ai confini del mondo
o riportato a riva dopo strani giri e infiniti forse.
Le rivide tutte nei suoi sogni, i suoi versi sparse
tra gli scogli e i ghiacci, poi pensò al tramonto
e al futuro che non era cominciato, al male
fatto per errore e a quello fatto con tutto il cuore.
Capì che il bilancio era in pari, il concorso di colpa
era certificato, se l’esistenza non è un vano remare
contro flutti insidiosi, ci sono vittorie e sconfitte
da accettare, pianti e sorrisi da giocare a dadi.
C’è il giorno che vinci, poi un altro in cui cadi
e ti rialzi, le tue radici sono tra boschi e palafitte
il senso forse non c’è, ma non è mai vano tentare
di scoprirlo, il tesoro nemmeno, ma c’è la mappa.
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