Possiamo parlarne da mattina a sera
di come il giorno era breve e i sogni incompiuti
di come la luce entrava dentro noi e poi spariva
delle attese lontane da certi strani progetti partoriti dal nulla
dell’amore quel richiamo sfuggente assente gran parte del tempo
delle luci spente sul palco noi dimentichi della scena.
Possiamo parlarne in eterno di come il fuoco e l’acqua
s’avvinghiavano alle cose deformandole
di come si restava sospesi foglie sul ramo in attesa del vento
senza conoscerne la direzione né se il viaggio prevedeva il ritorno
di come quel percepire lento uno scroscio un suono
un lamento un sibilo ci dava la quiete
col desiderio domato dell’infinito
guardando il cielo incollati su una zolla di terra.
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