
Il silenzio ora è una vanga che rovista tra le zolle scure
e quelle verdi e mentre scava
ed il motivo ignora di tanto accanimento
nella nuda terra svela un sasso un fiore secco
un ramo spezzato quasi un artiglio, superstite al grido delle fronde,
l’inchiostro smunto sopra un foglio marcio.
Forse una pagina di diario un appunto distratto
una parola che si svuota nel ventre della terra
nel silenzio che vanga l’aria, deserta di segni ed anche di voli
in un istante tatuato in un appello o un divergere l’attenzione
da noi stessi che ancora abbiamo il sole di fronte ed un sentiero.
Portiamo il conto di tante cose, di quelle spese e quelle ricambiate.
Quelle perdute e dimenticate, persino di quelle massacrate.
Ma i poeti sono numerosi. Nascono nella notte
come zucche nell’orto e non ci importa contarli.
Quelli veri però non sfioriscono mai, non andranno via.
E il giorno dopo, ecco... siamo api sulla corolla d’un fiore
ad inebriarci di nettare e di versi diversi.
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