In memoria di Gabriele
*
I morti tentano di consolarci
ma il loro tentativo è incomprensibile.
Sono i lapsus, gli inciampi, l’indicibile
della conversazione. Sanno amarci
con una mano – e l’altra all’Invisibile.
*
Ho conosciuto un uomo che leggeva
la mano ai morti. Preferiva quelli
sotto i vent’anni. Tutte le domeniche
nell’obitorio prediceva loro
le coordinate per un’altra vita.
*
Giorno di Venere; i morti si sposano.
La loro casa è colma di fiori;
sui pavimenti, sui muri, sui letti.
La stoffa si sfilaccia. Gli invitati
passano il pomeriggio nella luce
abbagliante del mare, su un tappeto.
*
Ecco perché le maschere mortuarie.
I morti recitano spesso i classici
nei pozzi pieni d’acqua o nelle vasche
da bagno. Li stravolgono con varie
amenità: li narrano al contrario
o li chiudono dopo tre battute.
*
Si parlava dei morti. Sulla tavola
i resti sparsi della cena – quelle
bistecche appena cotte. Il frigorifero
in dialogo amoroso con le stelle.
*
Se la madre dei morti è sempre polvere,
i morti cercano la loro madre
ogni sabato sera sulle spiagge
libere; sotto le sedie o nei gelati
caduti di mano ai ragazzini
in chissà quante estati, in chissà quanti
alberghi, marciapiedi, lungomari.
[ da In che luce cadranno, Gabriele Galloni, RPlibri ]