Pubblicato il 16/05/2008
Il nichilismo e l'ipotesi del suo oltrepassamento avviano a pensieri sostenuti dall'attesa e dalla speranza, che sono figure che hanno a che fare con il futuro, quindi con la vita che ha da venire. L'attesa con l'avvenire immediato solitamente legato a un evento, la speranza con un futuro lontano pieno di promesse, senza le tracce dell'ansia, dell'inquietudine, della perplessità, dell'insicurezza che caratterizzano l'attesa. ... Nell'attesa non c'è durata, non c'è organizzazione del tempo, perché il tempo è divorato dal fututo che risucchia il presente a cui toglie ogni significato, perché tutto quello che succede è attraversato dal timore e dall'angoscia di mancare l'evento. La speranza, invece, guardando più lontano e ampliando lo spazio del fututo, distoglie l'attesa dalla concentrazione sull'immediato e dilata l'orizzonte. La speranza è l'apertura del possibile. Essa fa riferimento a quei "nuovi cieli" e a quelle "nuove terre" che sono promesse dalla religione, dall'utopia, dalla rivoluzione, dalla trasformazione personale che siamo soliti temere, perché arroccati alla nostra identità assunta come un fatto e non come un'interminabile e mai conclusa costruzione. I giovani sono una costruzione. ... Diciamo che l'attesa è passiva, perché vive il tempo come qualcosa che viene verso di noi, la speranza è attiva perché ci spinge verso il tempo, come verso quella dimensione che ci è assegnata per la nostra realizzazione. I giovani sono attivi quando con la speranza vanno verso il tempo e non quando con l'attesa aspettano che il tempo venga verso di loro.
(tratto dal volume "L'ospite inquietante", Feltrinelli 2007, pagg. 146-147)
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