[Recensione di Gennaro Oliviero, Presidente dell’Associazione Amici di Proust]
In occasione del centenario della morte di Marcel Proust (18 novembre 1922 - 18 novembre 2022)
Non si può che apprezzare la dichiarazione di umiltà che leggiamo nell’Introduzione di È un demonio, quel Proust! Siamo dinanzi a uno scrittore che parla onestamente dei propri debiti verso l’esegesi proustiana e al contempo si impegna in un lavoro biografico che non cede mai all’approssimazione; è impossibile leggere distrattamente le pagine di questo saggio, scritte con una chiarezza esemplare e piene di vitalità e brio.
Certo, la cornucopia della straordinaria personalità di Proust è qui riempita esattamente alla metà, perché il saggio prende in considerazione i primi 25 anni della vita dello scrittore; ma è innegabile che il nettare che “l’ape bottinatrice” riversò nell’immensa arnia della Recherche venne accumulato prima della decisione di darsi anima e corpo al suo capolavoro.
Il libro compendia ciò che di rilevante è occorso nella vita del giovane Proust, le componenti che hanno formato la sua personalità complessa e affascinante. Ne risulta un individuo proteiforme, che da un lato è come un libro aperto, dove tutti possono gettare lo sguardo e comprendere ciò che vi è contenuto; dall’altro, una personalità strana, complessa e per certi versi inafferrabile.
Il perché di questo sdoppiamento è iscritto nello spasmodico desiderio di Proust di essere amato, e nella conseguente esternazione dei suoi sentimenti in modo esagerato, sdolcinato, persino fastidioso. Ma il giovane Marcel si rivela una creatura straordinaria anche quando supera i limiti; l’amico e scrittore Fernand Gregh descrive perfettamente il motivo per cui i suoi eccessi gli venivano perdonati: «Non è soltanto questione di bellezza, di gentilezza, di spirito o di intelligenza: è tutto questo nello stesso tempo, cosa che lo rende mille volte più degno di essere amato che non le sue più geniali adulazioni».