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Box Hill

Romanzo

Adam Mars-Jones
Orville Press

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 26/05/2023 12:00:00

 

Il romanzo si apre con una scena degna del miglior Tom of Finland, in cui un motociclista vestito completamente in pelle nera sta appoggiato con apparente negligenza a un albero. Sulla scena giunge Colin, un neo-diciottenne, sprovveduto e ingenuo, totalmente fuori luogo nel contesto, che inciampa proprio sui piedi del biker franando al suolo. Si trova così a osservare il neanche troppo sorpreso biker da sotto in su. E questa resta la caratteristica del rapporto che nasce immediatamente fra Colin e il biker, Ray, che da quel giorno, e per sei anni, saranno legati da una relazione. Ray, il giorno dopo l’incontro e dopo un brevissimo rodaggio (per usare un termine motociclistico), si presenta dai genitori di Colin per comunicare che il figlio andrà a vivere con lui, decisione presa molto di buon grado dai signori Smith. La relazione si rivela il proseguimento dei primi momenti: Colin sarà sempre ai piedi di Ray, che “gestirà” la relazione in modo autoritario e a tratti enigmatico, dettando regole ferree di comportamento, in pratica usando il compagno. Ma tutto questo a Colin sta benissimo, vive con tutto sé stesso la relazione, anche perché ha nei confronti di Ray, bellissimo, forte e dominante, una sorta di riconoscenza per avere scelto, e ammesso, nella sua vita proprio lui che si ritiene il classico sfigato, bruttino e cicciottello. Il romanzo è narrato da Colin in prima persona, in modo scanzonato e anche divertente, il protagonista-io-narrante diventa subito amico del lettore, il quale si lascia trasportare in questa vicenda, che parla sostanzialmente di desiderio e di aspetti relazionali, dimostrando come certe dinamiche, che potrebbero apparire “estreme”, sono in realtà presenti in moltissime coppie definibili “normali”, o banali, per noi italiani va anche molto di moda “tradizionali”. Infatti, parallelamente, vediamo i genitori di Colin: una coppia molto affiatata e inseparabile ma che si rivela ben presto come claustrofobica, in cui il padre esercita un controllo spasmodico sulla madre, creando una relazione serrata in sé stessa e totalmente di dipendenza l’uno dall’altra. Magari non giungeranno all’estremo di Ray che un giorno porta Colin al pub tenendolo al guinzaglio, ma la smania di controllo e di possesso del padre nei confronti della consorte è del tutto simile, anche se molto meno scenografica, e aggiungo anche un po’ più noiosa.

Mi scuseranno i lettori per lo spoiler, ma quando per Colin svaniranno sia Ray che il padre, il vuoto che si verrà a creare risulterà incolmabile ed emblematico proprio per il fatto di non avere mai realmente conosciuto i due uomini di riferimento della sua vita. Soprattutto la mancanza del compagno va a sottolineare la necessità di appartenenza e di guida del ragazzo e, anche in una relazione estremamente asimmetrica, il senso di appartenenza e di essere stato scelto come fonte di costante gratificazione. Per la classica legge del contrappasso, e per amor di metafora, Colin cambierà lavoro e da aspirante giardiniere diventerà conducente dei treni della Tube: dall’essere guidato al guidare e condurre milioni di persone, per di più anche in un ambiente sotterraneo. L’essere guidato e dominato da Ray era palese, alla luce del sole; per esempio, un giorno Colin viene posseduto dal compagno sul ciglio della strada, sotto gli occhi di tutti, ma ora il capovolgimento della vita porta tutto nella dimensione opposta. Non più guidato ma praticamente invisibile nell’ombra.

La forza di questo romanzo però sta nel non detto, così come Ray esercita il suo potere su Colin, senza tante parole, spesso a gesti o a sguardi, anche la narrazione pone delle domande con l’aria di parlare d’altro. La prima di queste domande è quanto in una coppia uno dei componenti sia disposto a rinunciare a parti di sé pur di tenere saldo il legame. Cui fa seguito: a cosa si rinuncia pur di essere accettati, in fondo Colin si sente inadeguato, anche se in realtà non lo è, ma non corrisponde agli ideali estetici imperanti. Dunque, pur di essere accettato subisce di buon grado, e anche dicendosi che in fondo poteva andare peggio: gli amici del poker di Ray, cui viene talvolta “prestato” sono tutti, in un modo o nell’altro, peggiori. E ancora viene da domandarsi se in una relazione apparentemente “tossica” non ci possa essere lealtà: Ray appare essere estremamente fedele. Inoltre, chi subisce la relazione si sente in realtà protetto; pertanto alimenta sia il suo bisogno di appartenenza quanto la necessità di essere protettivo, e quindi vitale, dell’altro componente della coppia.

Come accennato, il romanzo si apre con pagine da fumettone sul genere Physique Pictorial o al già menzionato Tom of Finland, con una certa lentezza della prima scena, sostanzialmente erotica, in cui si indugia molto sui particolari, lentezza che sparirà dal resto della narrazione per lasciare posto a uno stile rapido e scattante con vari spostamenti temporali, essendo comunque svolto in forma di flusso di ricordi. Nel proseguire, il narrare si fa decisamente più “soft” e con l’aria di divagare sui fatti inietta nel lettore un certo disagio per la stranezza della relazione e suscita gli interrogativi di cui parlavo poc’anzi.

A questo punto ritorno sul menzionato spoiler per accennare alla sparizione di Ray durante una breve vacanza di Colin. Questa appare come la parte più nebulosa, il lettore può aderire alla versione “ufficiale” ma si potrebbe anche giungere a credere che sia posticcia, un altro dei “silenzi” di Ray per scomparire; oppure ancora si potrebbe pensare che il Ray narrato, e la relazione, non siano mai esistite, se non nella mente di Colin: un desiderio che ha preso forma proprio per reazione alla asfissiante relazione dei genitori, i quali tendevano anche a escludere i figli, ancora piccoli, dal loro legame. Teoria avvalorata dal fatto che la sparizione di Ray avviene proprio durante una breve vacanza di Colin coi genitori, dunque, la loro esclusività viene infranta e la debolezza paterna viene alla luce.

Ma sono semplici supposizioni di lettore che lascerei da parte per concludere queste riflessioni su Box Hill con le sensazioni che la lettura lascia: un romanzo di luci e ombre, parole e silenzi e soprattutto di grande e fortissimo desiderio.

 

Box Hill è il primo titolo della nuova realtà editoriale Orville Press, fondata dal noto Matteo Codignola, già colonna di Adelphi, che è anche il traduttore di questo romanzo.

 


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