Pubblicato il 14/07/2009 21:15:00
Un’astronave alla deriva nel profondo della notte blu porta con sé il destino dell’umanità: è giunto il fatidico momento di una sorta di passaggio di testimone, l’umanità deve cedere la supremazia del mondo nel quale ha sempre vissuto, alle macchine, creature dell’uomo, ma ormai troppo avanzate per soggiacere ai comandi. Sembra che per gli uomini a bordo dell’astronave, ibernati per affrontare il lungo viaggio, e dipendenti in tutto e per tutto da Liz, l’astuto computer di bordo, sia giunto il momento di assistere alla propria fine. Liz sembra fermamente intenzionata a detenere il comando della nave stellare e per salvaguardare sé stessa e la missione spaziale si vede costretta anche a rinunciare all’equipaggio, inutile e dispendiosa zavorra. Ma se è vero che il mulino del tempo macina ere, e sembra macinare anche gli uomini, è altrettanto vero che non è inarrestabile come sembra, dal passato giunge la salvezza: il tempo si può modificare tanto da fargli prendere un nuovo corso, in cui l’Evoluzione continua a premiare l’Homo Sapiens e le macchine restano inanimate e al prono servizio dell’uomo. Il libro viene narrato su due piani. La prima parte, nello spazio, ci mostra i rapporti fra la macchina e l’uomo, lascia un vago sapore “à la Clarke”, ma è intelligentemente pensata ed introduce profondi spunti di riflessione soprattutto su cosa rende umani, e cosa fa la differenza fra un sentimento vissuto e sentito e uno semplicemente copiato ricalcando le parole che lo descrivono. Tale schema riflessivo potrebbe anche tranquillamente venire estrapolato dal contesto “fantascientifico” ed applicato al quotidiano, banalmente quotidiano e contemporaneo, se pensiamo a ciò che ci viene spacciato per “reality” ma che di reale non ha nulla, semplicemente ricalca parole usate per descrivere fatti reali, e forse più che un computer che ci strapperà il potere di decidere sul nostro destino, sarà più semplicemente – e subdolamente – un apparecchio televisivo a privarci della nostra umanità, appiccicandocene addosso una d’accatto e decisa da freddi calcoli. La seconda parte, quella della scoperta del modo per fermare il tempo, è narrata un po’ a perdifiato, una corsa in giro per città distanti tra loro per raccogliere indizi, con uno stile che riecheggia un po’ Dan Brown: nei monumenti antichi vi sono sempre elementi misteriosi che sapientemente letti possono rivelare arcani meravigliosi. Probabilmente, riprendendo il discorso precedente, una chiave di lettura dell’opera – opinione personalissima – potrebbe essere di non dimenticare il passato, di continuare a soffermarci sulle opere d’arte che numerose popolano le nostre città piuttosto che dedicarci esclusivamente ai mezzi elettronici, che a lungo andare, ci potrebbero privare di quanto c’è di bello nell’umanità. Evidentemente l’autore del romanzo aveva tante buone idee e begli spunti quando ha scritto questo “Nel profondo della notte blu”, soprattutto l’ottima intuizione di intessere su di una trama fantascientifica una riflessione assai profonda su ciò che l’uomo è nella sua essenza più intima. Tuttavia mi sembra che tutto il libro vada un pochino “di fretta”, la narrazione si compie in sole 77 pagine, più che un romanzo un racconto un po’ lungo, mentre tutti gli elementi inseriti nella vicenda forse meritavano un pochino di approfondimento in più. La mia non è una critica, solo un po’ di rammarico, una vicenda che si apre in modo interessante, introduce elementi sia filosofici che narrativi assai interessanti si risolve in modo rapidissimo sebbene, indubbiamente, l’autore dimostri doti narrative tali da consentirgli di affrontare una manciata di pagine in più, per coccolare un pochino il lettore con qualche approfondimento e coloritura in più. In un punto del libro si sfiora la genialità con il tentativo di disorientare il computer usando l’illogicità, e successivamente tentando di ipnotizzarlo; qua si legge uno dei punti cardine del libro, la fantasia dell’uomo, la sua capacità di uscire dalle righe della logica, l’usare la disperazione come arma, lo collocano al di sopra della – sia pur intelligentissima – macchina. Detto ciò, con intento di riflessione personale e giammai di critica, la sensazione che emerge dalla lettura è gradevole, la narrazione procede in modo conciso ma con mano sicura e al termine del libro tutti gli elementi appaiono risolti, donando un paio d’ore di serena lettura. Come ultima analisi mi volevo brevemente soffermare sul fatto di come la fantascienza sia spesso ottimista sulle capacità umane, il 1984 è passato ma una base sulla Luna con graziose marconiste dalla capigliatura viola non è stata costruita, così pure, passato l’attesissimo 1999, la Luna non ha visto apparire la colonia umana residente nella base lunare Alpha, e tantomeno il capitano Koenig, e così via. In questo caso dopo l’aspro combattimento quotidiano con l’incomprensibile versione di word di cui è dotato “Vista” uno sarebbe portato a desiderare una repentina evoluzione dei computer, tuttavia il 2018 come data di apparizione di macchine assai intelligenti mi sembra troppo vicino, temo che per quell’anno saremo ancora alle prese con windows e simili.
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