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ad Lucem

Romanzo

Alessandro Cortese (Biografia)
Società Editoriale ARPANet

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 01/03/2013 12:00:00

Nonostante il trauma dell’impatto, tuttavia, in molti sono sopravvissuti sul fondo del baratro, trascinandosi nel fango e cibandosi di coloro che non ce l’hanno fatta. Il destino degli angeli sarebbe stato quello di strisciare tra i cadaveri sino all’estinzione... se Lucifero, custode del lume, non si fosse rialzato dinanzi al suo popolo”. Così Alessandro Cortese traccia il trait d’union tra il precedente “Eden” e questo “ad Lucem”, secondo romanzo di una trilogia che vedrà il suo compimento con il prossimo Genesi. I lettori ben ricorderanno la congiura avvenuta in “Eden”, con la conseguente cacciata dalla cittadella celeste del custode del lume, alias Lucifero, e degli angeli suoi compagni di congiura, e di sventura, cui vengono anche strappate le ali, prima di essere gettati sul fondo dell’Abisso, scavato molti cicli prima, quando Yahweh sconfisse la bestia ba SHE e la volle sprofondare in un luogo irraggiungibile, dal fondo del quale la bestia non potesse più nuocere alla amorevole pace della celeste cittadella. Il fosso scavato dal gigantesco animale è stato poi riutilizzato dal Grande Monarca per gettarvi tutti quelli che nel corso del tempo gli sono andati storti, o lo hanno in qualche modo tradito. Questa è un po’ la situazione che Lucifero trova intorno a sé quando si risveglia sul fondo dell’abisso, oltre al dolore dell’essere stato cacciato dal proprio Padre, essere stato privato delle ali dal fratello e aver perso il proprio status di angelo, vi è anche il dolore dei morsi degli altri sopravvissuti alla caduta che tentano di nutrirsi con quel poco che trovano. Urge vendetta, pensa Lucifero, e nel suo rialzarsi da terra si scorge simbolico il volersi elevare al di sopra dell’infausto destino e mondare l’ingiustizia subita, poiché se egli ha ordito una congiura contro Yahweh, questi ha rigirato la medesima contro i congiurati per una sua personale vendetta. La celestiale bontà del monarca di Eden non è poi così cristallina e, soprattutto, venata di ingiustizia. Per por rimedio a ciò, e per risollevare la sorte dei derelitti gettati nell’Abisso, Lucifero si erge a giustiziere, anzi a Messia, e, con frasi sulle labbra che la Bibbia attribuisce a Gesù, raduna il suo popolo e comincia a tessere la sua trama. Naturalmente il concetto di democrazia è troncato di netto, e il portatore del lume si autoproclama capo di tutti senza ammettere discussioni, né insubordinazioni. Inizia così un affascinantissimo viaggio attraverso tanti dei miti cosmogonici che l’uomo ha creato nel corso dei secoli per dare una collocazione del suo essere nello spazio e nel tempo. Eva e Noè convivono con Parche e Centauri, il Minotauro e il sonatore di The convivono in armonia grazie alla sapiente e coltissima tessitura dell’autore, fra i personaggi fa capolino un burattinaio, forse di collodiana memoria, accanto ai kafkiani amministratori della giustizia. Nel calamaio dell’autore troviamo antiche leggende, scritture più o meno sacre, ma anche letteratura moderna. Il piano di Lucifero sembra chiaro a tutti, anche al sapiente Signore delle Mosche, ma in realtà nelle ultime pagine vi è un disvelamento che rimette tutto in discussione e cambia ogni prospettiva, con un coup de theatre davvero geniale. Nell’opposizione del duplice doppio universo Eden/Abisso piano piano ne fa capolino un terzo, è l’umanità che timida ed insicura si affaccia alla vita e subito combina nefandezze, la Torre di Babele, Sodoma e Gomorra, ed in tutto vi è lo zampino di Lucifero, che gioca ogni carta pur di aver vinta la partita contro Yahweh.

Ma la trama del romanzo talmente polimorfa sfugge a racconti e riassunti, va letta, vissuta e immaginata, facendosi prendere per mano dal fascino ammaliatore di Lucifero, e dall’indiscutibile bravura di Cortese nel mescolare tutti i miti e i loro personaggi per creare una cosmogonia antica e radicata eppur nuovissima, in cui l’eternità stessa, e l’esistenza di Dio, vengono poste in una prospettiva più ampia; al concetto del “sempre”, sembra aggiungersi una pagina, dietro a quel che vediamo vi è quel che immaginiamo, ma dietro a questo vi è dell’altro, qualcosa che immagina l’immaginario. E parte di questo oscuro meccanismo è una trovata assolutamente, secondo me, geniale di Cortese, una equazione che scrivendosi determina il succedersi degli eventi; senza dire altro su questo “meccanismo” trovo che porti le leggende antiche e antichissime in una dimensione più contemporanea ed attuale, togliendo loro la patina di antico e collocandole al di fuori del tempo, proiettate verso il futuro. Un'ultima riflessione riguarda il sollevarsi del popolo dell’abisso, sembrerebbe che mettendo in filigrana le azioni di Lucifero si tracci una sorta di percorso dell’umanità stessa, il cammino reale, posto in contrapposizione col cammino così come invece ce lo raccontano le leggende. Lucifero dapprima striscia nel fango, si rialza, attraverso strati primordiali e dopo aver incontrato i simulacri di leggende, false credenze, e altri personaggi che potremmo definire di cartapesta, tuttavia destinati a svanire, si avvia verso la modernità e la scienza attraverso la quale riesce ad affrancarsi dal retaggio delle superstizioni e delle credenze.

Al di là delle letture in controluce “ad Lucem” resta una lettura molto convincente, scritta con grande bravura, soprattutto nel riuscire a mettere insieme tali e tanti personaggi, alcuni noti, altri arcinoti, o semisconosciuti, senza grinze, senza forzature e tenendo la linea della narrazione senza sbavature lungo tutto il romanzo. Come dicevo, questo romanzo è la continuazione di “Eden”, però rispetto al precedente in “ad Lucem” si respira un’aria completamente diversa, le atmosfere nebbiose e misteriose di “Eden” si sono diradate, forse smarrendo quell’aria incantata e capace di riservare una sorpresa ad ogni pagina. Lasciate le brume di “Eden” Cortese procede con sicurezza e a fari ben accesi, per illuminare ogni singolo dettaglio, senza ombre di dubbi, per rendere chiaro al lettore ogni dettaglio, fatto molto utile perché in alcuni passaggi si rischia di perdersi. Ma la mano di Cortese è sempre pronta ad afferrare il lettore che rischia di scivolare o sbandare e lo tiene sulla via maestra della sua narrazione sicura, inappuntabile ed incalzante. Un romanzo sorprendente, molto ben costruito, l'argomento è insolito ed avvincente; Cortese è una voce unica ed originale nel panorama letterario, sempre più affollato di ricordi dei nonni e amori finiti male. Certo che potrà vantare più tentativi di imitazione della settimana enigmistica, un grazie all’autore per il bel libro e la piacevole lettura. 

 

[ Presentazione del libro sabato 2 marzo 2013 a Roma... ]

 


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