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Massimo Costa ’Storia di una Nazione’ - Rise-Press Editore

Argomento: Libri

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 12/08/2024 18:32:04

Massimo Costa 'Storia di una Nazione: Politica e Istituzioni siciliane nei secoli' – Rise&Press Editore 2024.

Si sa, col tempo le distanze si fanno più lontane e le assenze troppo prolungate spesso si dimenticano. Così, per contrastare questa verità, si dice che il passato prima o poi ritorna a rammentarci chi siamo. È allora che non si ci può dimenticare che esiste, che il passato è parte di noi, di quanti l’hanno vissuto in prima persona e anche di chi no ma che avverte di avercelo nel sangue, nel proprio attaccamento alla propria terra d’origine. Si dice anche che una terra possa entrarti nell’anima e diventare ‘madre adottiva’ di quanti la ‘vivono’ nelle proprie viscere o per simbiosi elettiva, e anche di chi ne respira l’afflato direttamente dalle antiche vestigia del tempo. Come appunto nel caso dell’autore di questo libro, Massimo Costa, professore e studioso di scienze storico-sociali all’Università di Palermo, travolto dalla ‘fascinazione’ talvolta disarmante quanto accomodante, della ‘storia’ narrata in questo copioso libro che “invita a una riflessione approfondita e rigorosa” del panorama storiografico, politico-economico e sociale della Sicilia nel corso dei secoli.
Del resto così accade, e quando accade, non si può fare nient’altro che abbandonarsi ad essa, alla storia intendo, e di lasciarsi condurre nelle vicende speculari della vita di tutto un popolo, quello ‘Siculo-Siceliota’, e di una ‘nazione’ che ha visto, nei millenni vissuti tra avvicendamenti e sconvolgimenti di tale portata che ne hanno cambiato i lineamenti originali: dagli ‘archetipi dell’inconscio collettivo’ a ‘le ricerche sul simbolismo’ (Jung), agli antichi riti propedeutici propri delle credenze popolari (De Martino); dalle forme di religiosità autoctone relegate ai misteri ctoni riferiti alla ‘Grande Madre’ (Pitré), proprio dell’evoluzione del potere socio-politico-economico attraverso i secoli, che hanno segnato l’evoluzione siciliana (Sciascia, Tommasi di Lampedusa), solo per citarne alcuni.
Una ‘storia’ dunque, ma soprattutto un ‘viaggio’ attraverso i diversi linguaggi socio-culturali-artistici che hanno dato luogo all’odierno sviluppo dell’evoluzione culturale delle popolazioni autoctone, un tutt’uno con quelle migratorie derivate dalla colonizzazione dei ‘poteri regnanti’ che si sono succeduti, e che hanno permesso la formazione e l’interazione delle popolazioni rurali ‘arcaiche’, con quelle più emancipate che hanno trasformato lo status isolano in confederazioni provinciali, quelle ‘poleis’ nate sul dichiarato diritto alla libertà dovuto alla antropica popolazione, stanziale sul territorio. Ma non è tutto.
Scorrendo i titoli riportati nell’indice, suddiviso in capitoli di riferimento ai diversi periodi storici, troviamo ben altre argomentazioni relative alle colonizzazioni, alle conquiste e le dominazioni succedutesi, le conversioni religiose, i Vespri, le ascese regnanti, le ‘dinastie’, fino alla Costituzione del Parlamento autonomo del Regno delle Due Sicilie, l’ammissione della Regione Sicilia al Regno d’Italia, e successivamente nella Repubblica Italiana e nell’Unione Europea ecc. ecc. Quanto basta a fare di questo libro un vero e proprio ‘vademecum’ verso la conoscenza che nei fatti non si limita a ‘raccontare’ composti e accadimenti della storia dell’isola quanto a ripercorrere le tappe della storia di noi tutti, intrisa sì di sicilianità quanto di italianità, che irrompe nell’avvicendamento della nazione italiana verso quella che è oggi, nell’odierna modernità dei suoi connotati democratici e repubblicani, “arricchendo il panorama storiografico con nuove prospettive”, che vanno dall’accoglienza all’integrazione dei popoli confinanti, dall’apprendimento delle nuove tecnologie evolutive, all’evoluzione socio-politica-economica antropica e solidale del nostro tempo.
Con ciò mi rivolgo a quelle ‘nuove generazioni’ che nate negli anni ’60/’90, hanno conosciuto l’arretratezza, se non proprio l’abbandono del Sud, attraverso le molteplici e sporadiche, quanto faziose, promesse di un riscatto che non è mai arrivato, i cui tentativi, più o meno riusciti della provvidenza, per quanto aprissero a forme di contaminazione sociale, in realtà hanno lasciate le ‘cose’ preesistenti sul territorio, così com’erano: nella separazione di partenza, con impropri interventi che davano il cambio a iniziative che messe in campo, non venivano portate a termine, e che restavano le stesse, in contrasto coi neo-riti metropolitani, che si consumavano sul continente.
Ciò nell’intento più che mai falso – così si diceva allora e si è sempre ripetuto – di preservare identità, tradizione e radici di una presunta purezza e originalità incontaminata, in quanto bagaglio della propria cultura formativa, per quanto nel corso dei secoli, la cultura popolare della regione avesse subito a più riprese l’influsso di credenze e ideologie d’origini diverse, altrettanto solide, argomentate e diffuse in altre regioni limitrofe, tipiche di altri popoli: medio-orientali greci, turchi, albanesi, bizantini e islamici che gli isolani dell’antica Trinacria, da sempre è andata ospitando.
Una prima constatazione infatti, fu che i cosiddetti ‘portatori’ della tradizione, a differenza dei protagonisti della scena avanguardistica metropolitana, si mostrarono più disponibili e adattabili a ogni nuova situazione e per nulla inibiti dalla questione identitaria.
Per quanto, sul piano storico-teorico e sociale, prevalentemente in quegli stessi anni, si era approdati alla conclusione accademica di ridimensionamento della sfera elettiva, per cui: ’la tradizione è un’invenzione’, e l’ ‘identità è un mito’. Nulla di più essenziale del ‘mito’ e niente più affascinante dell’invenzione della ‘tradizione’ per introdurre questo nuovo libro di Massimo Costa in cui, seppure sulla scia di una ricerca che inizialmente s’avvale di testimonianze sul campo, per l’appunto – il mito; tende a ricreare situazioni verosimilmente attendibili di un certo passato, direi alquanto suggestivo, dacché la ‘re-invenzione’ poetico-narrativa ormai diventata latente, che si rianima per l’occasione in queste pagine stracolme della ‘vita vissuta’ di tutto un popolo, quello siciliano di oggi. Viene da chiedersi quale migliore forma di seduzione avvolge il lettore, se non quella di sentirsi protagonista di una storia che in qualche modo gli appartiene? Quale onesta sollecitudine l’assale, allorché superato lo scoglio della memoria (che può non avere presente), si ritrova a camminare sulle impronte dei padri e magari dei nonni, o di quei trisavoli che hanno segnato la storia di quella che oggi riscopriamo essere d’appartenenza della nostra civiltà?
Non a queste domande risponde l’autore di questo libro redatto con linguaggio ‘schietto e verace’ al pari di un gioco di carte che si ripropone a quanti, seduti intorno al tavolino, magari (anzi certamente) davanti a una brocca di buon vino fatto alla vecchia maniera, si raccolgono a brindare ‘alla salute!’ e ‘alla vita!’, dopo una giornata passata con la schiena piegata nel duro lavoro della terra, alla raccolta delle olive o alla mietitura, e perché no, al dolce vendemmiare. Purché poi si vada tutti insieme a ballare sull’aia al suono della fisarmonica e del tamburello, sulle canzoni-a-storno che s’incastrano nel tema della ‘tarantella siciliana’ intonata sul friscalettu, tamburello, marranzano e fisarmonica, insieme al canto apotropaico del ‘ciuri, ciuri’, imprecazione, preghiera ed esaltazione, rito magico e divinazione, sullo sfondo di una religiosità sommersa che s’aggira ancora oggi sotto altre sembianze, e che entrata nella cultura musicale contemporanea, funge da ‘suggestivo’ richiamo d’innumerevoli masse.
Quella stessa suggestione che ha infatuato lo scrittore Massimo Costa andando alla ricerca delle proprie origini ‘siculo siceliote’, il cui contributo “rappresenta un punto di riferimento per gli studiosi e gli appassionati di storia siciliana, e non solo, con un’analisi critica che invita alla riflessione approfondita sulla situazione attuale”.
È così che questo libro rientra in quest’ottica fatta propria dallo scrittore nelle tante “storie” che lo compongono e nei suoi molteplici personaggi, che a volte assume aspetti propri della ‘fantasmata’, in cui i fantasmi del passato fanno ritorno a chiedere laggio o, a rivendicare l’affronto della ‘morte’, i cui destini hanno lasciato il segno sull’isola e hanno segnato grandemente gli isolani. Così come i nuovi ‘cittadini’ dell’odierna Sicilia che in qualche modo invito a seguire quanto suggerito da Federico De Roberto (siciliano a tutti gli effetti) di “…dire al popolo quanto è giusto e santo parlargli dei suoi diritti, ma quanto è necessario e doveroso rammentargli anche i suoi doveri” (dal romanzo «L’Imperio»), ma anche quello de “I Viceré” per intenderci.
Fandonie d’altri tempi, direte voi, ma che certe cose siano davvero accadute, è di fatto innegabile. Ed eccoci così arrivati al punto, per cui tanto vale lasciarci prendere dal rapimento della ‘storia’ qui narrata e, poiché più delle parole contano i fatti, godiamo nel rileggerci com’eravamo, non senza una certa complessità d’intenti. Fatto è che questo libro va a colmare un vuoto editoriale non indifferente, se pensiamo che ogni nostra regione ‘italiota’ dovrebbe di per sé conoscere le proprie origini e le cronache del suo e del nostro tempo.

L’Autore:
Massimo Costa è professore ordinario di Economia Aziendale all’Università di Palermo, attento studioso di scienze storico-sociali, con particolare attenzione alle istituzioni siciliane. La sua ricerca approfondita dello Statuto della Regione Sicilia e i rapporti finanziari con lo stato centrale ha contribuito a illuminare la complessa storia della regione, anche attraverso il libro “Autonomia tradita?” pubblicato da Rise&Press.

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