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“La Distanza” …o dell’incomunicabilità - di Ermanno Guantini

Argomento: Letteratura

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 18/02/2024 16:46:49

“La Distanza” …o dell’incomunicabilità.
Una raccolta di Ermanno Guantini - Anterem Edizioni 2023

Una parola o un’altra non avrebbe fatto la differenza, le parole non avrebbero potuto eludere “la distanza” cui neppure gli anni sarebbero riusciti a colmare e che in queste pagine non sembra conoscere rassegnazione, ma che potrebbe ben essere l’incipit di questo ennesimo excursus sull’ “incomunicabilità” del nostro vivere quotidiano culturale e formativo. Una realtà diminutiva e disgregante che abbonda sui social subdolamente acculturati, pur facendo uso di un vociare assordante che avvertiamo come ‘solitudine’ estrema, incolmabile dal punto di vista umano e sociale…

“…nella distanza della notte […] lei fissa la catasta […] lui osserva la catasta […] rincasa la notte”
“lui osserva schermo […] lei osserva ad ombra parete […] lui mano chiude […] lei osserva lo lascia […] lei osserva il silenzio”

Incolmabilità di distanze, al punto che neppure una certa psicologia analitica del profondo applicata al testo, riconosce come autentica quanto determinata di un cercato ‘distacco’ che nel voler farne poesia subisce l’allontanamento dalle reali intenzioni e la temuta cancellazione di tutte le emozioni che pure “la distanza” concerne. ] Voluta o involuta si è davanti a una storia personale fermata sulla carta, causa una ricercata scrittura creativa de-costruita, affine a una reiterata incapacità di esternazione che pure, se diluita, ad esempio, in forma di romanzo, vedrebbe raggiunta una più ampia quanto necessaria espressività cogente…

“fuori sincrono la casa […] sulle pareti segnali / scheletri di polvere / condividono stallo […] senso di claustrofobia […] la contaminazione non esiti”
“lui sfiora il pavimento / la bracciata in lentezza / carneficina di ombre […] lei scivola in casa / sviano le stanze […] franano ebbri / ripudiano la carne”

L’eccezionale, presumibile di un non-dire che l’autore Ermanno Guantini si riserva di colmare di senso, impone una domanda al lettore attento: a che pubblico rivolge la propria distante appartenenza; al poeta introverso mistificatore d’una realtà indicibile che lo attanaglia (?) e/o al mancato artista della parola in cerca di una qualche affermazione che ne riscatti in qualche modo l’esistenza (?)…

“pavida preghiera / da nuda ferita […] non afferrano parole / lei solleva gli occhi / a oltrepassare la notte […] cielo disfatto da luci […] non sa che muore / nel vuoto del cuore […] si confessano aspri / vigliacchi sontuosi / in asprezze ricade”
“sono giorni che è dentro / e non riesce a parlare / ai sogni origami / ricuce un viaggio […] o se tutto rimane / manca prospettiva / fuoco di mare / ancora cammino / in crosta di riva / lei osserva il vento […] …a paura /in fondo annegano / le nuvole in cielo”

Non ciò che le parole dicono confermano la veridicità dello stare sulla cresta dell’onda, se così fosse ma così non è, rispecchierebbero lo specchio d’acqua limpida; o anche fosse, della profondità torbida dell’anima in bolgia. O, forse, le parole che mancano, non mancanza d’idee, andrebbero cercate in quel che si è, in ciò che non si è capaci di dare, nella più cinica e spietata indifferenza della ‘distanza’ che separa…

“in lontananza il rumore / lui segue il pensiero […] lei osserva i respiri / la gioia fragile / non soccombe / poi osserva la luna […] denuda i pensieri […] squallori di luci”
“gli dice divenire / una parte del buio / rassicura tornerai […] possa il perdono / a volte ritornano / fluttua la notte […] almeno un’ora almeno / segno nel piacere […] i piedi in graniglia / al mattino fuoco / del loro stralcio / contumacia di cuori”

È allora che ‘la distanza’ assume il senso dell’incomunicabilità cui si è connaturati, o magari perché portati al silenzio, contro il vociare della moltitudine, da cui non si è capaci di prendere le distanze e/o ci si lascia sommergere. Un modo come un altro per sentirsi vivi nel ‘vuoto’ che tutto attornia, nel giusto e nell’errato; o forse solo per voler mantenere una certa ‘distanza’ a volte necessaria, dal bene come dal male, ma che pure permette di sopravvivere alle continue sfide della vita…

“lui segue l’orma / nel cielo crolli / contro campo luna […] nelle parole il fondo / nostalgia di colori / di nuvole crepitano / creste illune […] il silenzio il senso / di colpa la solitudine / aspra di mare”
“cielo su contrasti / grigi su distese / innamoramento […] carezza di silenzio / sassi di cielo / in scuri di bianco […] immagini nella coloritura […]la voglia di dirimere / le parole disseccano / poi lei siede sovrasta”

Sedimentazione di ‘vuoti’ le parole inusuali, i connubi azzardati nell’ipocrisia dei sentimenti, le assonanze sempre fuori sincrono, non permettono quella lettura fluida cui l’ostentata verbosità del linguaggio autorale si concede. Per quanto l’esperienza ‘poetica’, ovunque la si voglia cercare, non è nell’ineluttabilità della forma che gli è data, ma appartiene all’aere pregne di vita, alla testimonianza conoscitiva, al test sperimentale che di volta in volta si riveste della luce del giorno e/o anche volendo del buio della notte per avallare qualcosa che non c’è ma che pure, a sentore dell’autore, s’avverte da sempre come pre-esistente…

“concessione della notte / contaminazione di cielo / fuochi lungo la spiaggia / l’infanzia si riprende la notte […] in controluce la casa […] solo scalfitture […] disintegra una felicità / una distanza d’acque / la contaminazione / il trapasso dei sogni”
“lui rivede piano / si sente braccato / sa di non avere / speranze ricaccia […] si determina un fallimento […] la scelta della depressione [...] era solo allora / ascoltava le parole / sparigliava / la spirale della veglia”
“lei osserva il grattacielo / filigrana oppressione […] osserva la pioggia / la città la distanza […] la nebbia sopra gli alberi […] la colpa del senso […] ancora un’esplosione […] ci sono risultati / trasmissioni la solitudine / il cielo la collisione / niente trasalimenti”

Dov’è finita la poesia? È nell’intimo afflato di esistere che si conduce nei lidi edulcorati della ‘distanza’ dall’amore? Dalla musica esuberante e scontrosa dei nostri giorni? Nelle profondità degli abissali buchi neri di cui non si ha conoscenza? O nella “situazione di teatro” in cui l’autore fa muovere un “burattino che balbetta” e che “non assapora parola / in preda ad un rantolo”? Chi mai saprà dare risposte a questa nuova parola “incomunicabile” che chiamiamo poesia se si avalla una ‘distanza’ che sa di lirica performance senza costrutto, di compromesso generazionale? Di fatto la ‘poesia’ s’avvalora delle ali di farfalle libere di volare, non accalappiate nel retino e messe nella bacheca di collezionisti che, per quanto siano belle da vedere nei loro colori smaglianti, restano comunque cose morte…

“…uno assapora parola / attesa che sia / interpretata”, ed è già “nostalgia di parole” – scrive Giorgio Bonacini nella sua pur feconda post-fazione.

Rendiamo viva la poesia, che non finisca sulla bacheca dei soli ricordi.

L’autore:
Ermanno Guantini, scrittore, ha pubblicato raccolte di versi “Variazioni” Cierre Grafica 2003; “Aperto a inverni” 2004 e “Nocturama” 2012 per l’Edizioni d’if - Napoli

Nota:
Tutti i virgolettati “-” sono una sintesi dei testi di Ermanno Guantini.



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