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Per ordine di indefinita vita

Poesia

Giovanni Infelíse
Italic

Recensione di Marco Furia
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Pubblicato il 22/02/2019 12:00:00

 

Etici, assidui, ritmi

 

“Per ordine di indefinita vita”, di Giovanni Infelíse, si presenta quale raccolta le cui assidue pronunce, frutto di attentissimo uso del linguaggio, tendono a trattenere il lettore entro immagini, pensieri, ricordi, dall’incessante, tenace, affiorare.

Per via di una fitta rete idiomatica dall’inconfondibile ritmo, il Nostro propone, ad esempio, un’inconsueta “emozione” dal “pervasivo” aspetto cromatico (pag.8), un “glicine” non estraneo a un “fiume innamorato” (pag.9) e un “sorriso” che partecipa di un “inafferrabile dolore” (pag. 15).

Come si vede, gli accostamenti inediti non mancano nel susseguirsi di versi che non intendono tanto forzare le parole quanto mostrarne i limiti: per rivolgersi, in maniera feconda, all’ “oltre” occorre tenere debito conto dei canoni ordinari, quotidiani (Giovanni lo sa bene).

Si legge a pagina 20

“E noi? Basterebbe guardare le architetture

naturali dei pensieri, i gesti che fanno

l’insieme dei sensi e gli inediti sguardi

più cari e cambiare quel luogo nascosto”

Quel “Basterebbe” dice davvero molto.

Di sicuro, si tratta di un arduo itinerario, ad esempio perché

“Il ricordo illude il presente, un tempo avvolto

nel buio che scorre vuoto e riaccende rotto

in una trasparenza perfetta, nell’immobile luce,

nel passaggio di un nulla o di un rovescio dissolto”.

Certo, capita che non sia soltanto “Il ricordo” a creare illusioni: la realtà è ingannevole?

Anche, ma, vorrei dire, in senso alto: il poeta avverte l’enigma quale intima condizione dell’essere.

Normalmente, ciò che appare non muta di colpo, tuttavia aspetti diversi possono provocare meraviglia e stupore.

Si legge a pagina 35

“Gradito agli spazi di Torresotto di Piella

alla finestrella o all’affaccio sul Canale della Molina

per metà discorro con i portici e per metà

con la nebbia che vende vapori di assenzio e di terra”.

Durante una passeggiata, l’autore discorre “con i portici” e con una strana “nebbia”, secondo un’immagine, tutt’uno con la sequenza verbale, coerente, fonte di sorpresa e, assieme, di accettazione.

Siamo anche questo se un poeta riesce a dirlo.

E poi, è possibile

“Rendere intelligibile l’amore

cessare di amare i futuri amori”?

Difficile rispondere ma, viene da chiedersi, occorre proprio farlo?

Non si può, semplicemente, lasciare tutto come sta?

Non si può e anche si può, poiché a noi è assegnato il compito di decidere quali soglie superare e quali itinerari percorrere: sotto questo profilo, la raccolta può essere considerata un monito, un richiamo alla responsabilità.

Queste assidue, ben calibrate, cadenze partecipano della raffinata insistenza tipica della più sincera propensione etica: un’etica che non si nutre di meri precetti ma, soprattutto, mostra lo spazio in cui può (deve) svilupparsi una “vita” che è e resta “indefinita”.

 


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