alessandro trigona
- 10/04/2014 19:13:00
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come dimenticare una figura mitica per roma la cui vita fu violentemente spazzata dal gesto estremo che mai vorremmo nessuno compia. il suo essere vivo in campo, decisivo, quanto era schivo nella vita. mai divo, mai sopra tono, ma in campo no, in campo era il campo, il pallone, il calcio. e il suo tiro fendeva laria come queste parole di stefanoni, rendendogli giusto omaggio, fendono il "foglio" bianco, lasciano tracce di "inchiostro" come le punizioni di di bartolomei, il suo tiro, fendevano laria, lasciavano tracce indelebili di una potenza - il suo tiro come le parole poetiche qui scritte - che rendono ancora vivo il ricordo, immortale la sua esistenza. bambini che giocano, gli occhi che rotolano guardando parole e palla, questo è il calcio, questa è poesia. grazie agostino, grazie gian piero.
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Viviana Cammilleri
- 08/04/2014 15:51:00
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Tema difficile quello del calcio, felicemente riscattato da unumanità che sottintende linsopprimibile gioia di vivere di bambini brasiliani, sradicati dal loro mondo e proiettati verso un ingrato, ignoto futuro. Buona la musicalità, in specie della prima e della terza quartina, con qualche interessante assonanza (battito-tattica, tocco-occhi).
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Maria Musik
- 07/04/2014 22:35:00
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Detesto il mondo del calcio e quanto vi gira intorno. Quando penso ai racconti di mio padre che parlava di comera ai tempi del campo di Testaccio... per questo la tua poesia, Gian Piero, mi è piaciuta molto ed anche per la profonda delicatezza di sentire che la connota. Inutile dire che il valore aggiunto è la bellezza, in sè stessa, dei versi.
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