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Commenti al testo di Giuliano Brenna
Lorfanotrofio
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Elisa Falciori
- 18/02/2018 21:25:00
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Toccante, lamara e acuta sensibilità di un bambino che dovrebbe conoscere solo serenità e gioia...Scritto con grande abilità, complimenti, letto dun fiato.
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Edi Davoli
- 06/02/2018 11:03:00
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Caro Giuliano un racconto il tuo, perdona la mia sincerità, che mi ha spezzato il cuore, se è racconto autobiografico e non invenzione letteraria. Ti ho rivisto bambino, magro, timido, solo in balia di adulti così lontani dalla tua viva sensibilità e dalle tue esigenze di amore. Chissà che questa oppressione psicologica non abbia liberato la tua vena creativa. Un saluto davanti alla tenda!
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Giuliano Brenna
- 01/02/2018 21:09:00
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Grazie cari amici per esservi soffermati su questo mio breve racconto, ho molto amato le varie letture che ognuno di voi ha fatto. E vi ringrazio per esservi soffermati sulle mie parole, ben più di un fuggevole minuto. Vi abbraccio.
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Marisa Madonini
- 31/01/2018 22:36:00
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Errata corrige : ...unetà...
Nella rilettura mi sono accorta dellerrore
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Marisa Madonini
- 31/01/2018 00:37:00
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È un testo che denota grande sensibilità e conoscenza dellanimo umano, delle sue relazioni affettive primarie, quelle indispensabili da cui proveniamo. Il narratore è un non capito proprio nellambiente dove dovrebbe sentirsi accolto e amato senza perché . Latmosfera descritta suscita echi kafkiani di samsiana memoria più che veri e propri orfanotrofi dickensiani con tutto il loro carico di vittoriane sevizie. È storia ben scritta di solitudine e angoscia in un età che dovrebbe essere spensierata .Ciò che la rende così moderna e destabilizzante è il profondo dolore psicologico del narratore per il proprio sé negato e, non potrebbe essere diversamente, per lanaffettivita dei suoi familiari, lincomunicabilità insistita in ogni piega della narrazione. Anche linspiegabile processo accentua lassurdo del racconto che a tratti assume toni tragici, a tratti persino ironici di garbata e fine descrizione. Il protagonista, poco incline a reazioni di aggressività e aperta ribellione, si esilia nella sua camera a gas e respira libri, nutrendo così lo strano nocciolo...tra lanima e la mente che darà frutto.
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Alessandra Ponticelli Conti
- 30/01/2018 19:32:00
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Un testo di grande spessore. Un racconto crudo, ben scritto che, grazie alla potenza di una narrazione volutamente fredda e distaccata, restituisce al lettore, amplificandolo, il grande senso di vuoto e di solitudine che caratterizza lintera storia. Un testo efficace che, con forza, invita a riflettere sulle tante, troppe, dolorose realtà che colpevolmente, e ciecamente, spesso definiamo "famiglie".
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Ferdinando Battaglia
- 30/01/2018 01:11:00
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Per ora lho soltanto letto, non ho ancora visto il video, ci tornerò. Devo dire che mi è piaciuto, il tratto delicato della narrazione ne ha mitigato la drammaticità, quellorfanezza relazionale, tarlo corrosivo di tante apparenze familiari. Certo, come ha già evidenziato Maria, colpisce lassenza della madre, ma non ci è dato saperne il significato ovvero le ragioni dellassenza, tuttavia non credo sia necessario interpretarne il senso, magari in chiave psicoanalitica. È un bel racconto, avvincente, emozionante e con una conclusione logica ma sorprendente: le convenzioni temono le domande, ma è nelle domande e nelle domande rivolte coraggiosamente a voce alta linizio della nostra liberazione o libertà.
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Maria Musik
- 29/01/2018 12:02:00
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Mi permetto di suggerire una terza chiave di lettura. Intanto, estraniamoci per un attimo dalla persona dellautore e andiamo al testo. Non si parla qui di uninfanzia vissuta in un orfanotrofio. Lautore è molto chiaro (forse troppo per un popolo di lettori che rifugge da ciò che non è decantato almeno da una figura retorica un po più criptica) e assimila la famiglia del narratore a un orfanotrofio dove tutti i componenti sono orfani di se stessi e degli altri... persino il padre che pure sembra essere il più colpevole perché il più inadeguato al suo ruolo. È il capo ma non detta regole esplicite perché ciò sarebbe già un riconoscimento di "valore" nei riguardi di chi deve limitarsi a esistere senza arrecare disturbo. E non ci interroga, forse, un altro personaggio e cioè lassenza della madre? È un personaggio importante per una tale narrazione: una narrazione sullessenza dellassenza, sulla "pericolosità" della presenza, sul primato dellimplicito che incatena sullesplicito che libera. Ma il racconto, poi, finisce con quel perché? E se sì... perché? E se no... dove è il resto? Altro che pagina di rivista da appallottolare e lanciare contro una parete grigia, in una sala daspetto! Sarebbe un gesto pericoloso. La palla potrebbe rimbalzarci contro e allora potremmo dover fare i conti non con un diaristico sfogo curativo ma con il nostro personale orfanotrofio, con i nostri non detti che non permettono al passato di portarsi via tutto. Tutto cambia ma non tutto passa. Mi fermo... avrei ancora così tanto da dire... questo racconto ha tolto la sicura alla bomba a mano che è la memoria. Non è importante sapere se è autobiografico, è bello apprezzare il video che sembra una mano amorevole giunta a dar "compostezza" a una smorfia di dolore, quasi di raccapriccio ma è importante leggerlo profondamente, leggerlo con la nostra più fragile coscienza, la più remota, la più nascosta. Io lho letto chiusa in un armadio di legno scuro, seduta sul ripiano della cassettiera dellanta centrale, tormentando la ciocca di capelli sfuggita alle trecce.
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L’Arbaléte
- 28/01/2018 20:19:00
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Che dire, Giuliano, è ben scritto, ma - sarà ovviamente un mio problema di insipienza - non mi ha fatto battere il cuore questo tuo testo. Mi ha dato invece la sensazione curiosa di una carta di giornale appallottolata contro una parete tinta di grigio. In una sala dattesa asettica, leggermente angosciante, dove si può sfogliare una rivista medica col suo bellinserto letterario, mentre si aspetta nervosamente il proprio turno.
Ma insomma, forse un orfanotrofio è davvero come lhai descritto tu... O sarà leffetto di uno scrollytelling che non riesce a surrogare col suo sdrucciolante tap tap il fruscio vero delle pagine...
Alla fine però soccorre la lettura pdf di Roberto Maggiani, quando deraglia in metatesi di posizione eufonica o in un "bòcciolo" che riesce a illuminare dimmenso... ;-)
Stupendo il disegno di Roberto! Bello come un Cocteau o un Garcia Lorca. Sono ammirato!
Abbracci!
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Arcangelo Galante
- 28/01/2018 18:57:00
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L’orfanotrofio Ho letto con attenzione, questa sorta di “diario” personale, farcito dai ricordi dell’autore, inerenti al periodo dei primi anni della propria vita, vissuto in un piccolo orfanotrofio di provincia. Certamente, dalla lettura, traspare un periodo sicuramente non facile, velato da una tristezza incombente, oltre che da ferree regole da seguire. L’unico modo per far sì che il tempo scorresse più velocemente, era quello di ritagliarsi un proprio spazio, una piccola stanzetta, costruita tra l’anima e la mente, priva di porte e finestre. Oggi, tutto appartiene al passato, così come quella martellante domanda che ritorna alla mente, mai pronunciata, forse, temendo una risposta che non avrebbe potuto essere data. Un testo che trovo molto interessante, ben scritto e che attrae la curiosità del lettore. Un amichevole, saluto!
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