Darlene
- 30/09/2021 18:36:00
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Poesia breve e concentratissima, un verso di raccordo e un lapidario distico finale. La visceralità di un rapporto innato tra l’uomo e la terra, inteso come radice ma simboleggiato anche quale richiamo all’autenticità primigenia dell’Io. Secondo me esprimi anche un senso universale di incertezza, che è proprio delle creature in genere. E come accade spesso nelle tue opere, il desiderio di non accettare il destino per come si presenta - “l’aridità del seme”. Ma nelle irruzioni interiori “l’argine si svela”, non ci sono rifugi o luoghi di riparo, e il confine è una delimitazione volontaria... Trovo che le ultime due strofe siano proprio quello a cui volevi arrivare, la conclusione è un apice, una trasvalutazione, una fedeltà alla vita che si chiama morte, e che “tesa tra le lame, simula la preda”.
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