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Commenti al testo di Fabrizio Giulietti
Soglie

Sei nella sezione Commenti
 

 Fabrizio Giulietti - 25/10/2022 17:01:00 [ leggi altri commenti di Fabrizio Giulietti » ]

Grazie di cuore Caterina e Annalisa, stimate poetesse...

 Caterina Alagna - 25/10/2022 13:22:00 [ leggi altri commenti di Caterina Alagna » ]

I tagli e i graffi non scalfiscono la nostra indole, la nostra essenza più profonda. Bellissima poesia.

 Annalisa Scialpi - 26/09/2022 21:06:00 [ leggi altri commenti di Annalisa Scialpi » ]






già... Spazzate le incrinature

in congegni a un solo raggio,

non resta che il legno nudo...

Un caro saluto

 Fabrizio Giulietti - 17/06/2022 15:20:00 [ leggi altri commenti di Fabrizio Giulietti » ]

e la interpreti divinamente, direi... grazie di cuore, adorata Poetessa, non poteva finire meglio...

 Loredana Savelli - 17/06/2022 12:00:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Se pulire in realtà è coprire (le lacrime?), siamo di fronte a un’entità (legnosa) che trasuda dignità, sia pure ruvida, e che non ama i "cortei di luce", cioè l’audience (così la interpreto), e anzi la divide.
Mi pare la metafora di una personalità integra (senza "incrinature").

 Fabrizio Giulietti - 17/06/2022 11:39:00 [ leggi altri commenti di Fabrizio Giulietti » ]

Grazie Mauro, bellissimo commento... un caro saluto e un abbraccio stretto...

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 Fabrizio Giulietti - 01/11/2021 12:50:00 [ leggi altri commenti di Fabrizio Giulietti » ]

grazie di cuore e infinita riconoscenza per questo e tutti gli altri accorati ed eccellenti commenti che mi hai donato nel corso di questi anni... un abbraccio eterno...

 Darlene - 01/11/2021 10:58:00 [ leggi altri commenti di Darlene » ]

Ad introdurre questa composizione, è un’immagine per molti aspetti contrastante. L’idea del pulire evoca, infatti, un’azione che «toglie», mostrando qualcosa di coperto. Credo sia proprio nella rappresentazione moderna questo impulso all’ordine, perché quel che non è «a posto» - e azzarderei «sporco» - è spesso indecifrabile, al punto da non permettere di «entrarci», di essere compreso. Ricavo questo principio, immaginando soglie che accolgono piattaforme indecise nella forma e negli spazi. La lacrima è la naturale intuizione delle nostre debolezze; ci sentiamo indifesi, anche mentre cerchiamo di eludere profonde insicurezze, ripulendole dell’impeto che le ha impresse su di noi. Ma non basta, e per ritrovarci, dobbiamo «decostruirci» di tutti i congegni e i meccanismi concepiti. È un passo indispensabile. Ecco allora che la consegna è da intendersi soprattutto come «dono», un evento che stavamo aspettando e che ha catapultato in noi, quasi soverchiando, la preparazione che gli avevamo dedicato. È stato evidente? No. Non per chi passandoci accanto non ha saputo e non sa osservare. La materia è in apparenza intatta, per sua indole - per sua «esperienza» - non si scompone. Ma si tratta di apparenza, appunto. L’indagine non è possibile se non muovendo da noi stessi, i soli a poter decifrare i moduli che ci contengono.