Roberto Maggiani
- 16/02/2015 18:22:00
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Grazie cara Cristina per questo tuo riscontro di pensiero e commozione, mi sento compreso nellintento di questa scrittura. Concordo anche su quanto dici riguardo alla lettura, in generale come lettore non ho grosse pretese, tendo a scandire le parole. Un abbraccio.
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Cristina Bizzarri
- 15/02/2015 09:40:00
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E invece no. Non è una dedica rassicurante, un invito anche originale ma pur sempre nella scia teneramente "zucchero a velo" delle poesie scritte da zii innamorati per i loro nipoti che rappresentano, nel desiderio trasformato, il figlio. No, è un discorso serio, onesto fino allo spogliarsi di ogni luccichio che, pure, potrebbe anche starci, qui. Sono parole affettuose di un affetto forte e sincero, sono un diario dellanima che non ha certezze se non nellamore - qui sì si può dire - che dà senso e gioia alla vita. E tocca un culmine questa poesia quando addita al bambino il termine del percorso, che un giorno avverrà anche per lui, e sarà penoso il momento del distacco. E la grandezza del testo sta in quello "sperare", che a mio avviso è molto più di credere, perché credere presuppone un salto logico, ma allinterno della volontà, mentre lo sperare è di tutto lessere, è un tendere continuo che ci abita fin dentro le cellule, è sentirsi trasportati malgrado noi verso dimensioni sconosciute. E questo rimane a Pietro, una testimonianza che si vuole sincera fino allessenza, fino alla gioia come scelta damore. Mi ha profondamente commossa, anche perché questo "sperare" lo condivido. Un piccolo appunto sulla lettura, che ho trovato un potroppo rigorosamente scandita, un po troppo pudicamente fredda, ma è anche vero che così le parole assumono tutto il loro significato.
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