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Che ne stato di te, Buzz Aldrin?

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Ho iniziato a leggere Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? quasi per caso, come spesso avviene, incuriosita dall'insolita veste editoriale e dalla bella copertina di Martin Barraud; l'ho letto d'un fiato senza riuscire a staccarmi dalla scrittura nuova, fresca e pacata del talentuoso norvegese Johan Harstad (e della brava traduttrice Maria Valeria D’Avino). 

Si tratta di un romanzo di formazione (un genere che amo) scritto dall’autore a soli 23 anni; un romanzo leggero ma non superficiale, sottilmente ironico, ma anche profondamente malinconico, dalla scrittura armonica, ritmata dalla musica rock che fa capolino di continuo tra le pagine. Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? è un provocante e intelligente inno al non apparire che fa riflettere  su questi nostri tempi e questa nostra società ossessionata dal protagonismo ad ogni costo.

 

Come Edwin ‘Buzz Aldrin’, quello che nessuso ricorda perché sulla Luna il piede ce l’ha messo per secondo, il protagonista Mattias aspira alla pace, al silenzio, all’oscurità, in un mondo in cui tutti sgomitano per essere sotto i riflettori; invece delle celeberrime parole pronunciate da Neil Armstrong “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un balzo da gigante per l’umanità”, Mattias ha sempre in mente quelle del suo eroe, Aldrin, che nell’occasione fu molto più minimalista e intimo: “Magnifica desolazione”, disse, una volta sceso sul suolo lunare.

Dopo un’adolescenza solitaria, trascorsa all’ombra di pochissimi fidati amici e illuminata da Helle, la ragazza che riesce a conquistare in un raro momento di coraggio, il tranquillo giardiniere Mattias continua a condurre una vita adulta molto normale, fin troppo normale, ma che lo rende, a modo suo,  felice:

Volevo appunto questo.

Essere un ingranaggio ben funzionante.

Fare la cosa giusta.

Nient’altro.

Era vigliaccheria?

Davvero? 

Finché improvvisamente l'invisibile Mattias perde il lavoro, la fidanzata lo lascia e si ritrova perso. Il suo amico Jorn, chitarrista in una band musicale, dopo averlo sentito cantare (in realtà Mattias un talento ce l’ha: canta in modo straordinario, ma soprattutto riconosce i singoli suoni e i singoli strumenti musicali di un qualsiasi brano e riesce addirittura a isolarli) gli chiede di accompagnare la sua band in tournée alle Fær Øer. Mattias accetta e si trasferisce lì, in un piccolo villaggio dove inizia un lungo e doloroso percorso di crescita con un gruppo di ragazzi che, come lui, cercano di rimettere insieme i pezzi della propria vita e riprendere il loro cammino.

Questo ‘viaggio’ di Mattias verso la sua luna è una interessante riflessione sulle debolezze dell’animo umano, sulla difficoltà di vivere, sulla necessità di aggrapparsi alla certezza di rapporti veri e autentici in un mondo invaso da troppa comunicazione instabile ed insicura. 

In quel luogo magnificamente desolato, isolato dal mondo, Mattias ritrova a poco poco sé stesso e può ripartire per affrontare i fantasmi della propria solitudine e scoprire che sono solo la sincera amicizia e l’amore vero ad impedirci di scomparire completamente. 

 

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