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al testo di Annalisa Scialpi
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Quando si fa riferimento alle vite precedenti si apre la ‘contesa’ tra coloro che vi credono e coloro che, per svariate ragioni, spesso per dogmatismo o ‘paura’, si dimostrano scettici o addirittura ostili (come se l’ipotesi andasse a ledere i propri ‘contenuti di fede’). In realtà è probabile che sia la formula ‘vite precedenti’ a trarre in inganno, perché inganne- vole è la dimensione della temporalità, valutata secondo una logica lineare che inizia con la ‘nascita’ e finisce con la ‘morte’. Ciò che è ‘precedente’ continuamente vive nell’unico punto che è il momento presente e se potessimo riunire le impressioni generate dalla ‘messa in quadro’ del passato (o vita pre- cedente) ci rendemmo conto del processo ‘a ripetizione’ di alcuni eventi. Allora perché negare che questo processo o ciclo del divenire sia limitato ad una sola esistenza? Perché ‘mettere in riga’ la dimensione percettiva In una dimensione omologante e riduttiva del tempo lineare? La prospettiva della reincarnazione apre alla dimensione della speranza e ad una diversa concezione della temporalità, che diventa non ‘limite’ ma ‘occasione’ di sfruttare appieno i nostri talenti in considerazione delle possibilità evolutive della nostra anima, che non finiscono con la ‘morte’. Tali possibilità evolutive dipendono dal nostro impegno e dalla nostra certezza, più che fede, nell’evoluzione dell’anima e ci spingono a non darci mai per vinti, anche a 150 anni, perché non ci sono limiti temporali al compito dell’anima che siamo venuti a ‘ricordare’ e compiere. Annalisa Scialpi |
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